Visco e il ritorno al manifatturiero

Obama guarda alla manifattura per rilanciare l`economia. Cameron si è accodato. La politica economica della Casa Bianca punta sugli incentivi per produrre in patria. I consiglieri economici di Obama da tempo hanno capito che per sostenere la domanda occorrono consumatori in grado di ottenere un reddito da lavoro, cosa impossibile in una economia completamente terziarizzata.

Vi sono uffici federali (Sba) che si occupano a tempo pieno delle pmi (small business) e concordano con le amministrazioni statali locali gli incentivi per attrarre nuovi investimenti. Se confrontiamo tutto ciò con la realtà italiana ed europea c`è solo da scoraggiarsi. Il dibattito di politica economica in corso in Europa e in Italia risulta nel confronto con gli Stati Uniti ancora avvolto nella nebbia. Come ha trattato questo argomento il governatore Ignazio Visco? Su tutto aleggia la percezione di un ventennio perduto. Critico verso le imprese che `non sono state capaci di imitare i concorrenti nazionali più innovativi e di inserirsi così nelle catene internazionali del valore a causa di arretratezze organizzative`. Vi è certo il problema della sottocapitalizzazione. Forse Visco avrebbe potuto dire che la dimensione aziendale è condizionata in Italia dalla politica fiscale e dalla normativa sul lavoro. Due fattori che hanno determinato un frazionamento nel numero delle imprese aggravato dal crescere del `cuneo fiscale` non a caso scoperto tardivamente dai partiti in piena caduta dell`occupazione (570.000 posti di lavoro persi dall`inizio della crisi). Va dato atto che Visco ha chiesto una riduzione del carico fiscale ed ha invitato l`Europa a dotarsi di un fondo di garanzia per tutti i depositanti e di un`autorità unica per la risoluzione delle crisi bancarie. Ma su questi argomenti l’ostilità della Germania è netta. Per il momento Visco è negativo anche sul rapporto tra banche e imprese italiane che migliorerà `solo grazie ai cambiamenti nel modello di attività delle banche` che rappresenta un obiettivo di lungo periodo.  Visco ha auspicato la crescita di altri settori di mercato come le cartolarizzazione e i corporate bond. Attualmente, è bene ricordarlo, le banche assorbono il 90% dei corporate bond lasciando le briciole alle imprese. Con l`aggravante che solo i grandi gruppi sono in grado di andare direttamente sul mercato. Non si vedono soluzioni a breve per il manifatturiero, il settimo del mondo e il terzo in Europa. Né vi è una chiara percezione che l`aver ignorato la politica industriale per venti anni rischia di produrre una implosione del sistema-Paese (Squinzi denuncia che una impresa su cinque ha già chiuso i battenti). Perché, come ricorda Sarcinelli, il problema è il lavoro non la crescita. In Italia c`è una crisi generalizzata di liquidità aggravata dal fatto che il sistema dei pagamenti non funziona. Cosa ne pensa la Banca d’Italia? Lo Stato e gli enti pubblici devono ai privati quasi 100 miliardi: solo 20,5 miliardi verranno rimborsati nel 2013 ma i pagamenti reali per ora avvengono col contagocce. I privati a loro volta non pagano i loro fornitori per altre decine di miliardi. Il sistema rischia lo strangolamento. Eppure il debito aggregato (pubblico e privato) vede l`Italia in posizione migliore di Stati Uniti, Francia, Irlanda ed è molto vicino a quello della Gran Bretagna mentre è superiore alla Germania di un modesto 23%. Questi i dati (debito in dollari a carico di ogni cittadino): Irlanda 80.706, Usa 74.872, Francia 56.843, Italia 56.647, Gran Bretagna 51.689, Germania 45.683. Questi dati dovrebbero spingere il governo e i partiti che lo sostengono a decisioni più coraggiose in termini di politica industriale. Non depone certo a favore l’ennesimo ridicolo annuncio di Befera, direttore dell’Agenzia delle Entrate, che prevede  “almeno cinque anni per il nuovo catasto”. Non pervenuto.

(Guido Colomba- Copyright 2013 - Edizione italiana)

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