Unicredit, che ne è del caso Brontos

Era la prima volta in Italia che un gip, su richiesta di un pm, sequestrava soldi ad una banca in merito a una presunta frode fiscale, calcolando esattamente la somma guadagnata aggirando il fisco e `bloccandola` ai fini della confisca. Accadeva oltre un mese fa e anche la cifra faceva il suo effetto: il giudice Luigi Varanelli, su richiesta del procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo, `metteva i sigillì a 245 milioni di euro di Unicredit. Oggi, quella ingente somma torna nelle casse dell`istituto di credito romano, perchè i giudici del Tribunale del Riesame di Milano, a cui i legali della banca avevano fatto ricorso, hanno annullato il sequestro, dopo una lunga camera di consiglio, con il dispositivo depositato proprio negli ultimi minuti disponibili. Un colpo all`accusa, che ad ogni modo ha già annunciato ricorso in Cassazione contro il dissequestro. Il maxi-sequestro era stato disposto dal gip, lo scorso 18 ottobre, nell`ambito dell`inchiesta del pm Robledo su una complessa operazione di finanza strutturata, denominata `Brontos`, messa in piedi da Unicredit, su indicazione della Barclays. Il pm, lo scorso 27 ottobre, ha chiuso le indagini a carico di venti persone, tra cui l`ex ad della banca Alessandro Profumo, tre manager dell`istituto londinese e altri ex ed attuali responsabili di quello romano. Profumo, in particolare, secondo i pm, avrebbe dato l`ok alla «realizzazione delle operazioni» per frodare il fisco, per ben 245 milioni di euro (proprio la somma che il gip aveva deciso di sequestrare), «apponendo la propria sigla» alle richieste di approvazione dell`investimento, il 1 marzo 2007, il 9 aprile 2008 e il 7 novembre 2008. Il reato che viene contestato a tutti è dichiarazione fraudolenta dei redditi con ostacolo alle indagini, e fino «al 28 settembre 2009». In sintesi, stando alle indagini, attraverso l`operazione Brontos, sarebbe stata modificata «la natura fiscale dell`operazione» qualificando i proventi «come dividendi invece che come interessi attivi, così conseguendo un indebita esclusione dal reddito imponibile di una quota pari al 95%» delle somme incassate.

I legali di Unicredit, `guidati` dall`avvocato e professore Alberto Alessandri, si sono però presentati martedì scorso davanti al Riesame ponendo due questioni: una sulla `naturà del sequestro che, a loro dire, non poteva essere effettuato nei confronti della banca poichè il reato di dichiarazione fraudolenta dei redditi non prevede una responsabilità in capo all`ente (non è contestabile quindi la legge 231 del 2001) ma solo delle persone fisiche; un`altra sulla incompetenza territoriale dei magistrati milanesi, chiedendo la trasmissione degli atti o a Roma o a Bologna o a Verona, dove hanno le sedi la società `madrè e le altre del gruppo coinvolte nell`operazione (gli stessi pm romani hanno chiesto nei giorni scorsi le `cartè a Milano). Per ora i giudici del Riesame (Micara-Tacconi-Ambrosini) hanno depositato solo il dispositivo e non le motivazioni (saranno note nei prossimi giorni). Poichè i giudici però, nelle poche righe inoltrate oggi alle parti, non hanno fatto alcun riferimento a questi di competenza, è probabile che la decisione si basi sulla errata `naturà del sequestro, tenendo magari anche conto della giurisprudenza della Corte Costitizionale che ha distinto l`evasione fiscale, punibile penalmente, dalla elusione, che non lo è.

di Igor Greganti

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