Una speranza per uscire dalla spirale dei debiti

Il debito privato delle famiglie italiane è aumentato del 131%, come riporta un recente studio della CGIA di Mestre, dall’anno di introduzione dell’euro alla fine del 2010. Ogni famiglia risulta debitrice per circa 20 mila euro e il risparmio ha avuto una contrazione del 68% nel medesimo periodo.

La quota di reddito destinata a pagare la rata del mutuo è passata in Italia dal 15% del 2005 al 18% nel 2011. Il dato diffuso dalla Banca dei regolamenti internazionali se da un lato sottolinea la virtuosità del nostro Paese rispetto ai tassi di indebitamento record di Irlanda, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti dall’altro non nasconde la perplessità degli analisti su un possibile aumento delle sofferenze sui rimborsi del mutuo. Il segnale di “allarme” è diffuso altresì dai dati trimestrali della Commissione Europea, secondo cui, oltre il 20% delle famiglie italiane, quasi una su quattro, nei primi tre mesi del 2011, non è stata in grado di pagare il mutuo. 

Altri dati preoccupanti emergono dall’ultimo rapporto Crif, riguardante il primo trimestre del 2012, dal quale si evince una nuova tendenza all’indebitamento: si richiedono prestiti per pagarne altri già esistenti. Le richieste di prestiti maggiori riguardano infatti il consolidamento dei debiti (+242%) e la domanda di liquidità (+197%) per pagare bollette e spese di varia natura. Gli Italiani fanno ricorso alle banche per pagare debiti pregressi ormai non più sostenibili o per poter far fronte alle spese necessarie per il ménage famigliare. Il denaro serve talvolta alle famiglie per mantenere i livelli standard di consumi decisi a fronte di ragionevoli aspettative di guadagni futuri, purtroppo disattesi a fronte di condizioni non prevedibili a priori, come un licenziamento o una riduzione del monte ore lavorativo. Una conferma di queste difficoltà si riscontra anche dall’area geografica da cui sopraggiungono la maggior parte delle domande: le regioni del Sud, che più delle altre accusano gli effetti della crisi economica e del lavoro, in cima Calabria e Puglia. 

A partire da questo scenario da cui emerge come ogni famiglia, anche la più accorta e parsimoniosa che ha utilizzato lo strumento del debito come unica soluzione per raggiungere obiettivi non perseguibili diversamente (acquisto casa), sia potenzialmente esposta ai rischi di insolvenza, pare provvidenziale il disegno di legge  sul fallimento individuale, nato dalla proposta del sottosegretario alla giustizia Andrea Zoppini. Le cause che possono condurre ad un mancato pagamento e quindi originare una situazione di sovraindebitamento possono essere sia intenzionali quanto accidentali. Il provvedimento salvaguardia coloro che hanno contratto debiti “razionalmente”, cioé in linea con le disponibilità economiche che avevano in quel momento, il provvedimento prevede infatti che il debitore possa beneficiare di agevolazioni per ridurre i proprio debito e rateizzarlo. Non verranno invece in alcun modo aiutati coloro che hanno deciso di indebitarsi al di sopra delle proprie possibilità. Il decreto legge infatti non vuole essere interpretato come un incentivo all’indebitamento, ma come una sorta di “salvagente” per quelle famiglie in cui un evento inaspettato ha colpito profondamente il reddito. Questo anche per evitare che un evento sfortunato si trasformi in tragedia, come purtroppo documentano molti fatti di cronaca recenti. 

Il disegno di legge prevede una doppia possibilità: la “Composizione” e la “Liquidazione”. Attraverso la composizione il debitore potrà definire, con l’ausilio gratuito del personale competente, una sorta di “piano di ristrutturazione” del suo ammanco, in cui menzionerà anche tempi e modi della resa del denaro. Il giudice esaminerà in primo luogo la meritevolezza del debitore e in seguito la fattibilità o meno del piano di risanamento. In caso di parere positivo circa la sostenibilità, il piano verrà sottoposto a tutti i creditori che dovranno sospendere ogni iniziativa, compresa il pignoramento, ai danni del debitore. Se il debitore sarà virtuoso, ossia rispetterà le modalità esplicitate dal piano, il suo debito sarà cancellato, indipendentemente dal fatto che i creditori abbiano recuperato solo parte di quanto toccherebbe loro, e il debitore potrà così avere una seconda possibilità non figurando nella lista dei cattivi pagatori.  La liquidazione invece prevede che il debitore metta in vendita tutto ciò di cui dispone e laddove la liquidazione non copra l’intero ammontare del debito comunque la parte restante non verrà più richiesta al debitore. 

È auspicabile che il nuovo disegno di legge, varato a marzo 2012, possa infondere una speranza in quei consumatori che seppure accorti e calcolatori a riguardo dei propri bilanci famigliari si sono ritrovati, spiazzati da cause esogene, nella spirale dei debiti. 

Si spera altresì che il provvedimento infonda la giusta serenità e fiducia in quei consumatori che pur potendo richiedere un prestito, temendo la crisi in atto e i futuri momenti di difficoltà rischiano di rimandare all’infinito i loro progetti. L`indebitamento infatti, di per sé, non è un fenomeno da demonizzare a priori. Anzi, il ricorso al credito rimane comunque un presupposto fondamentale per la crescita del tenore di vita di molte famiglie.  

Erica Venditti,
Dottore di ricerca in Ricerca Sociale e Comparata

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