Una farsa chiamata “Festa delle donne”

Mimose e serate per sole donne? No grazie. Quote rosa e via dicendo? No grazie. Nessuno mi linci, ma sono giornate come quella di oggi che ribadiscono un clima di accettata discriminazione tra i sessi. Lasciatemi spiegare il perché. L`8 marzo, per come viene interpretato dalla stragrande maggioranza delle persone italiane, si realizza in una volontà di mera rivalsa bambinesca frutto di una frustrazione latente. Una volontà di sostituirsi, per un giorno, su di un piedistallo che normalmente appartiene ad altri.

Pochi comprendono la vera drammaticità della discriminazione, intesa come problematica che investe tutti gli archetipi sociali di questo mondo. Voglio parlare di grassi, magri, alti, bassi, dotti e non, omosessuali ed eterosessuali, ecc.  Nessuno ragiona sul razzismo “fisiologico” insito nella società moderna, ma ci si ferma, il tempo di un breve festeggiamento (giusto per riempire le solite tasche, avide di “repressi/e” in cerca di spendacciosa rivalsa, così come di furbi individui sempre pronti a ricorrenze che sanno di condono), a enfatizzarne paradossalmente l`assurdità, ribaltando in senso opposto il luogo comune dal quale prende forza ( della serie grasso è bello, orgogliosi di essere omosessuali, le donne sono più sensibili e valanghe di scemate del genere). Il tutto, ovviamente, indirizzato con fare commerciale verso categorie considerate “comode”, sia per le tasche (per il desiderio di rivalsa insito nelle persone più superficiali appartenenti alla categoria stessa ), che per la propria valorizzazione verso l’opinione pubblica . Perché non dedicare una giornata ai senza tetto? Vi immaginate le ipocrite polemiche razziali che comporterebbe fare una `festa dei neri` o cose simili ?

In realtà, così come ci ricorda la dott.ssa Sara Marzagora, ricercatrice presso la School of Oriental and African Studies, “la festa dei neri esiste, ed è il Black History Month. Non è un festeggiamento dell`essere neri, così come la festa della donna, per come la vedo io, non dovrebbe essere una celebrazione dell`essere femmina”. Qualcuno ne parla? Marzagora prosegue, racchiudendo a mio avviso il senso della questione che ho cercato di esprimere in precedenza “Io concepisco queste date come momenti di riflessione sociale e politica sulla persistenza di certe pratiche discriminatorie, verso i neri così come verso le donne. L`esistenza di uno svantaggio sociale per le donne, così come per i neri, è un dato di fatto oggettivo: per l`Italia, basta vedere le percentuali di impiego, il livello dei salari, il tipo di lavoro (ad esempio, i livelli bassissimi di donne manager), il numero di ore che le donne passano a fare lavori di casa e ad accudire i figli. Non sono invenzioni delle femministe, sono dati statistici. E lo dico senza il minimo vittimismo, perché sono la prima a ritenere il femminismo di molte donne ipocrita. Ma mi sembra un po` cieco negare che ci sia un problema politico riguardante la condizione delle donne in Italia, così come nel mondo. Io vedo quindi l`8 marzo come un`occasione di sensibilizzazione pubblica e di lotta politica per certi diritti. Sottolineo politica: per me non un `festeggiamento`, ma un giorno di mobilitazione culturale, tipo il 25 aprile. Infatti non ho mai ben capito la storia delle mimose. E trovo fuorviante e superficiale l`idea delle ragazze che si fanno fighe e fanno la serata  solo donne a parlare di membri e smalti. Insomma, non è per dire che le donne sono forti, o le donne sono meglio degli uomini, o che essere donna è bello (sostituire con `nero` per il Black History Month o con `gay` per le giornate internazionali sui diritti degli omosessuali): è per sensibilizzare contro pratiche discriminatorie che, ahimé, affliggono in percentuale più le donne che gli uomini. Nessuno nega che esistano forme di discriminazione verso i maschi, ma esse sono molto meno sistemiche.”

Ma la realtà dell’8 marzo, ora come ora, è un altra, il pensiero della dott.ssa Marzagora è merce rara. Ora l’8 marzo è quello delle femministe da strapazzo che urlano “donna è meglio”, quello delle mimose vendute per strada dai poveri disgraziati, quello degli spogliarelli nei quali, una volta tanto, è l’uomo a farsi oggetto. Se questo è essere donna…se questo è un uomo…

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