UNA CRITICA A COLAZIONE, E' ANCORA POSSIBILE? Sul recente Convegno internazionale sulla critica musicale, Università IULM di Milano.

UNA CRITICA A COLAZIONE, E' ANCORA POSSIBILE? Sul recente Convegno internazionale sulla critica musicale, Università IULM di Milano.
SARA DE SANTIS

Milano, 10 dicembre 2021. Di sara De Santis. Cantautrice e Filologa.

Introduzione

Argomento caldo, quello della critica.

In un sistema dove vige la legge del commento più rapido, delle recensioni en passant in diversi canali social, del fidarsi dei libri è bene ma dei followers è meglio, ci si chiede quale sia lo spazio ancora attribuito alla critica musicale.

La scorsa settimana (30 novembre – 2 dicembre), in sala dei 146, Università IULM di Milano, ha avuto luogo un Convegno internazionale sulla critica musicale nel quale, grazie a numerosi interventi di esperti provenienti da tutto il mondo, si è dibattuto molto a riguardo.

Vi è stato un dialogo aperto e acceso, che ha generato riflessioni, discussioni e considerazioni.

Strofa

È stato affascinante assistervi, ascoltando il punto di vista di professionisti, di accademici e di persone che hanno vissuto decenni di una storia che riserva, in futuro, molto altro.

In una conversazione con il professor Alessandro Carrera dell’Università di Houston (Texas), saggista ed esperto internazionale di Bob Dylan, chi scrive ha ascoltato, non senza sorpresa, la seguente affermazione: “Se ci pensa, oggi, questo convegno è la controcultura”.

Il significato derivante dall’unione delle due parole (contro-cultura) non lascia spazio a fraintendimenti;

avere la possibilità di fare cultura, oggi, va di fatto in direzione opposta al solito flusso degli eventi e dei costumi del nostro Paese.

La cultura di tutti, del popolo, è altrove.

Basti pensare che il sistema scolastico, dopo la legge del 2003 del Ministro Letizia Moratti e quella del 2008 di Mariastella Gelmini, ha escluso l’insegnamento della musica dalle materie curriculari.

Sembra impensabile poter parlare di una cultura musicale alla portata di tutti quando questa non viene nemmeno menzionata nella maggior parte dei programmi liceali o degli istituti tecnici.

Il Convegno ha tra l’altro suggerito di non scadere nello stereotipo che induce a pensare ai giovani come non interessati, annoiati e privi di ogni tipo di coscienza critica.

Perché, in fondo, come possiamo parlare di critica musicale alle nuove generazioni senza che queste abbiano una anche minima conoscenza della materia musicale?

Che non sia stato questo Convegno un’opportunità per farci riflettere sui canali di comunicazione della critica musicale?

Che non sia stato un modo per farci comprendere, davvero, che il sistema educativo scolastico debba essere sovvenzionato e supportato, così da poter garantire una formazione finalmente adeguata?

Che non sia stato un modo per farci capire che, oggi, il lavoro del critico musicale e del musicologo non vengono riconosciuti come dovrebbero, sia a livello istituzionale sia in senso retributivo?

Nel corso delle tre giornate ognuno ha provato a rispondere a queste domande, e a porne delle nuove, in una conversazione-ponte tra diverse generazioni.

Ritornello

Nella prima giornata il dibattito riguardo al ruolo della critica e al posto che questa occupa all’interno della nostra società è stato particolarmente acceso.

Ai discorsi introduttivi del Professor Salvatore Carruba (Direttore ICS, Università IULM), del Professor Paolo Giovannetti (Direttore del Dipartimento “Giampaolo Fabris”, Università IULM) e di Riccardo Sorrentino (Presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia) sono seguiti gli interventi degli esperti.

E’ interessante sottolineare il contributo di Quirino Principe (“Per una definizione (possibilmente non scorretta di critica musicale”) che, dopo la sua definizione di musica come “energia cosmica e non dissipata”, e per questo vitale, intende ragguagliare il critico riguardo al suo ruolo;

questi, infatti, deve essere in grado di fornire al lettore non strumenti valutativi sulla composizione o l’esecuzione, ma strumenti adeguati per avvicinarlo al linguaggio tecnico della critica e della composizione.

In un sistema in cui la critica musicale deve diventare, o ridiventare, ciò che è stata dall’inizio, ossia il soggetto di un giudizio sulla musica.

Nel ritmo incalzante degli interventi, ecco tra gli altri quello del Professor Stefano Lombardo Vallauri, che con “Critica della critica.

Tratti del discorso musicale inutile, dannoso, controproducente” valuta in modo attento il lavoro del critico e il metodo di lavoro necessario affinché vi sia una critica oggettiva del materiale, come si evince da un passo del suo intervento:

“Il critico deve criticare il giudizio critico corrente. Se ho il potere di giudicare dovrò esercitare il potere con magnanimità. L’idolatria del critico consiste nel dare troppa importanza ad alcuni aspetti tipicamente personali, a scapito di altri, perdendo così lo spirito critico. Questo spirito critico consiste nel discernimento; l’idolatria del critico è un atteggiamento acritico e scade nel narcisismo poiché ci si vanta del proprio giudizio e non si occupa dell’obiettivo in sé”.

Di forte impatto, sicuramente, è stato “Dimmi come comunichi e ti dirò chi sei: la crisi della comunicazione musicale in Italia” di Biagio Scuderi (Società del Quartetto di Milano), che ha definito in modo chiaro e tagliente i limiti della “vecchia” scuola della critica e la sua “digital fobia”, sottolineando l’effetto dannoso che ha la continua proposta di contenuti cartacei piuttosto che telematici (considerando le percentuali d’utilizzo dei diversi strumenti, tra i quali internet è detentore indiscusso con il suo 83, 5% rispetto al 29,1% della carta) e proponendo un avvicinamento intelligente ai contenuti web e un nuovo metodo di fruizione, alla portata di tutti.

In un parterre quasi unicamente maschile, di forte rilevanza è stata la voce di alcune studiose.

Carla Cuomo (Università di Bologna) con il suo intervento dal titolo “La formazione della competenza del critico” ha messo in luce il contesto cultuale e la crescita pedagogica di due dei più celebri critici musicali italiani, Fedele D’Amico e Massimo Mila.

Il fine del suo intervento è stato quello di comprendere al meglio come un dato fattore ambientale e una data educazione possano influenzare e differenziare il lavoro stesso della critica e quindi il suo risultato finale;

in D’Amico la critica è coscienza morale, mentre per Mila è coscienza storica e civile. Da menzionare anche l’intervento di Benedetta Saglietti (Conservatorio di Brescia) che con il suo “La critica musicale degli anni Venti del Duemila” ha posto l’accento sulla sostenibilità economica che le istituzioni offrono alla figura del critico, chiedendosi se la retribuzione (spesso inesistente) influenzi i contenuti della stessa.

Di certo, l’assetto fortemente attuale del contributo della Saglietti ha permesso importanti riflessioni suo luogo che la critica occupa oggi:

“La critica musicale sta prendendo la forma del contenitore che la ospita”, suggerisce la relatrice, riflettendo sugli esigui finanziamenti da parte degli editori.

E in un modo dove non vi è luogo adeguato e ben retribuito, si crea uno spazio alternativo, quello del web e dei social, quello di una critica in tempo reale.

La seconda giornata del Convegno si è aperta con la presentazione del libro edizioni Mimesis Arrigo Pollillo (1919-1984).

Un maestro internazionale della critica jazz, curato da Luca Cerchiari (Università IULM di Milano) e Roberto Polillo (già Università di Milano – Bicocca).

Essa ha inaugurato la discussione sulla critica musicale in ambito soul e jazz, alla quale hanno preso parte Luciano Federighi con un paper sulla critica alla musica soul, Alex Dutilh (Radio France, Parigi) con il suo intervento “La programmazione jazz a Radio France”, Pierre Fargeton (Università Jean Monnet di Saint-Etienne, Francia) con una relazione su “Hugues Panassié e André Hodeir. Due Maestri francesi” e John Gennari (Università del Vermont, Usa) con un intervento denominato “Forme della critica jazz a venire. Ipotesi su un futuro incerto” che ha messo in relazione le tecnologie della comunicazione e la ridefinizione dei luoghi in cui musicisti e critici jazz si trovano a lavorare oggi.

Tra i numerosi interventi della tavola rotonda pomeridiana è da menzionare quello del critico musicale e saggista Simon Reynolds (Los Angeles, Usa), con cui abbiamo avuto piacere di discutere riguardo al ruolo del critico di popular music.

Reynolds è tra i più importanti critici musicali contemporanei in ambito pop, e vanta numerose pubblicazioni sulla corrente del Postpunk, come quella del Glam Rock.

La giornata conclusiva del 2 dicembre ha posto al centro la questione della critica in relazione alla popular music con gli interventi di Gianfranco Salvatore (Università del Salento)sulle competenze necessarie a un critico, di William Everett (Università di Kansas City, Usa), che ha parlato dell’operetta americana e del suo declino e di Massimiliano Raffa (dottorando dell’Università IULM) sulla critica rock , vista tra dimensione anglofona e italiana.

A chiudere i lavori della mattina Gianni Sibilla, caporedattore per Rockol.it nonché studioso del rapporto tra musica, media e industria culturale, che ha proposto un intervento dal titolo “Raccontare la musica pop e rock in Italia, tra critica e giornalismo” e una riflessione su mutamenti della critica sulla popular music in conseguenza dell’avvento dei social media e dell’industria digitale.

I lavori del pomeriggio si sono conclusi con riflessioni e confronti, grazie ai quali sono stati delineati nuovi punti di partenza per una critica contemporanea, una critica davvero figlia del nostro tempo.