Un sell-off sui titoli di stato dovrebbe preoccuparci
Un sell-off sui titoli di stato dovrebbe preoccuparci
di Michael Riddell, fixed income team di M&G Investments. I mercati finanziari stanno assolutamente sottostimando la dimensione del problema e del rischio di ribasso in Italia. Per spiegare perché è necessario contestualizzare la dimensione del mercato obbligazionario italiano. Nel 2001, I mercati finanziari mondiali sono stati violentemente scossi dal default argentino su 95 miliardi di dollari di debito sovrano, che ad oggi rimane il più grande default sovrano della storia. Le economie dell’America Latina sprofondarono nel caos, e il Brasile evitò solo per poco il default grazie a un massiccio intervento di salvataggio da parte del Fondo Monetario Internazionale. Nel 2008, il collasso della Lehman Brothers, la più grande bancarotta di un’azienda, fece esplodere la più grave crisi finanziaria dalla Grande Recessione. Lehman Brothers era in passivo per 613 miliardi di dollari. Quest’anno è stato il turno della Grecia a far tremare i mercati finanziari. I livelli di indebitamento del governo greco stanno rapidamente crescendo e, includendo i prestiti di salvataggio, la Grecia ha un debito attuale che ammonta a circa 350 miliardi di euro (o 480 miliardi di dollari). Ma l’Italia è tutto un altro paio di maniche. L’Italia è il terzo Paese più indebitato al mondo con debiti poco al di sotto dei 2 mila miliardi di euro (o 2.5 mila miliardi di dollari). L’Italia ha un debito di quattro volte superiore a quello della Lehman Brothers. Un default dell’Italia sarebbe di 20 volte superiore alle dimensioni del default dell’Argentina. Se ci fosse un default dei titoli di stato italiani, probabilmente anche le banche subirebbero un default. Unicredit, che è la maggiore banca italiana per asset, ha due volte il debito che aveva Lehman.
Il rischio di un default dell’Italia sta aumentando in maniera allarmante. Se l’Italia vuole farsi finanziare per due anni, il tasso di interesse che deve pagare è del 6.5% l’anno, rispetto allo 0.5% di Germania e Regno Unito. Se l’Italia vuole farsi finanziare per più di cinque anni, allora deve pagare interessi oltre il 7% l’anno. Costi di finanziamento così alti sono del tutto insostenibili per l’Italia a meno che non realizzi una crescita a tassi supersonici, ma le prospettive di crescita italiane sono piuttosto basse. Infatti, anche prima della crisi finanziaria l’Italia aveva una crescita debole: il PIL italiano pro capite è stato negativo a cominciare dalla fine degli anni Novanta, e sono solo una manciata di Paesi tra cui lo Zimbabwe e Haiti ad aver fatto peggio. Inoltre, i recenti dati economici indicano che l’Italia è di nuovo entrata in una profonda recessione.
L’Italia è sull’orlo di necessitare un salvataggio, ma anche se partiamo dal presupposto che non sia troppo grande per essere salvata, è bene ricordare che un salvataggio non è gratuito, e che si tratta di un prestito che aggiunge ulteriore peso alla massa di debito già esistente del Paese. Come sta sperimentando la Grecia, l’extra debito e le misure di austerità forzate che accompagnano un salvataggio non aiutano quando un Paese ha problemi di solvibilità. Se l’Italia dovesse seguire la strada della Grecia saremo di fronte alla peggior crisi finanziaria mai vista, e poiché le banche europee sono grandi finanziatrici anche fuori dall’Europa, la depressione economica avrebbe proporzioni globali. L’Armageddon può essere evitato in due modi. Un’unione fiscale completa all’interno dell’Eurozona, ma ciò comporterebbe per i Paesi del nord Europa prendersi la responsabilità del debito del sud Europa, e per il sud Europa si tratterebbe di rinunciare alla propria sovranità, ed entrambe soluzioni appaiono improbabili. Oppure la BCE potrebbe cominciare a stampare moneta, cosa che sarebbe un bene per i Paesi debitori del sud Europa, ma le nazioni creditrici del nord Europa sono saldamente contrarie, in quanto i propri risparmi sarebbero ridotti in polvere dall’inflazione.
Come si possono proteggere gli investitori in questo scenario? La mia opinione è che i titoli di stato con rating tripla A di migliore qualità siano un buon posto dove rifugiarsi se c’è n’è uno. Nella probabile evenienza che le banche centrali stampino moneta è anche sensato proteggersi dall’inflazione. Sorprendentemente, le obbligazioni indicizzate all’inflazione stanno prezzando uno scenario di bassa inflazione e sembrano quindi molto convenienti per noi; per questo , e, laddove i mandati lo permettono, abbiamo variato i livelli di esposizione alle obbligazioni indicizzate all’inflazione su tutta la gamma dei nostri fondi obbligazionari, .
Utilizziamo i cookie per personalizzare contenuti ed annunci, per fornire funzionalità dei social media e per analizzare il nostro traffico. Condividiamo inoltre informazioni sul modo in cui utilizza il nostro sito con i nostri partner che si occupano di analisi dei dati web, pubblicità e social media, i quali potrebbero combinarle con altre informazioni che ha fornito loro o che hanno raccolto dal suo utilizzo dei loro servizi.