UN EFFIMERO EFFETTO RICCHEZZA

La decisione della Federal Reserve, più tattica che frutto di timori per l’attuale scenario, ha sostanzialmente confermato le attese degli analisti e comportato una prevedibile volatilità. A cura del team di asset allocation di MoneyFarm SIM La governatrice della banca centrale americana ha dichiarato che la situazione economica internazionale resta delicata, per via della Cina, dell’inflazione bassa, della debolezza sull’area emergente e delle materie prime: la forza dimostrata dall’economia americana in questi anni, con milioni di posti di lavoro generati, utili delle aziende sui massimi storici, fiducia di imprese e consumatori su buoni livelli, non sembra ancora condizione sufficiente per un rialzo dei tassi di interesse. I titoli di stato dei Paesi sviluppati trattano su rendimenti bassi: ulteriori stimoli monetari possono generare profitti marginali limitati, a fronte di un maggiore rischio di perdite in conto capitale quando, anche nel lontano futuro, dovesse ripartire una fase di rialzo dei tassi.Sui titoli azionari dei Paesi sviluppati se da un alto non si può parlare di bolla speculativa, dall’altro neppure di buon prezzo: lo Standard&Poors500 tratta a 17 volte gli utili correnti, contro una media a dieci anni di circa 15. Si tratta però del livello di utili più alto della storia dell’indice, pertanto in assenza di aspettative positive su ulteriore crescita, il potenziale è limitato.  La situazione appare invece migliore sui mercati azionari europei e asiatici.Per quanto riguarda il mondo dei mercati emergenti, viene da anni di performances negative è ma conserva certamente nicchie di valore (sebbene alcuni segmenti presentino gli stessi problemi dei mercati sviluppati).  Il debito estero dei Paesi emergenti ad esempio, emesso in dollari o euro, è esposto oltre che al rischio emergente anche alle dinamiche del mercato obbligazionario americano (tassi bassi e quindi rischio elevato di perdite in conto capitale se il ciclo dei tassi dovesse cambiare). Altri mercati locali non sono cari, ma sono esposti a flussi di investimento in entrata e uscita, strettamente legati all’umore degli investitori nei Paesi sviluppati.Le materie prime infine, sono al momento l’asset class su cui il consenso, per via di eccesso di offerta, bassa domanda e altri fattori, è meno solido.Pur in presenza di qualche segmento che tratta a livelli interessanti, i principali mercati globali sono quindi quasi tutti vicini ai massimi storici in un momento in cui la stessa banca centrale americana non sa far altro che tenere i tassi a zero ad oltranza, strategia che ha contribuito a far apprezzare gli stessi mercati dalla crisi in poi.A partire dagli anni ’90 si è parlato di “effetto ricchezza”: in momenti di crisi, l’azione di stimolo delle banche centrali sui mercati avrebbe aiutato una salita delle quotazioni, creando un circolo virtuoso dai mercati all’economia. Questa strategia va a scontrarsi con l’idea opposta secondo cui i mercati, indipendentemente, dovrebbero esprimere un giudizio sull’andamento dell’economia, giudizio che quindi dovrebbe essere un derivato dell’andamento dell’economia, non una causa dello stesso.Di certo l’effetto ricchezza ha contribuito a tranquillizzare gli animi di consumatori e investitori nei momenti più acuti della crisi finanziaria, premiando il ruolo attivo delle banche centrali.Ma aver beneficiato di valutazioni in salita sui mercati, con il dubbio che il sottostante (bilanci aziendali, dei governi e dei privati) resti fragile nonostante tutto, ha portato all’attuale situazione di incertezza. Chi avrà poca pazienza rischierà di scontrarsi con la realtà di performances modeste ed elevata volatilità.        

UN EFFIMERO EFFETTO RICCHEZZA