Giannina Puddu, 2 ottobre 2024.
Di "riffe o di raffe", per una certa dichiarazione, o per il suo esatto opposto, con sfrenata arroganza, in ogni angolo del Pianeta, ci sono sempre i "soliti noti" che, vestendo i panni dei "salvatori dell'ambiente" o quelli degli esportatori di Democrazia, di Emancipazione e/o di benessere, entrano, con violenza nelle case degli altri, per realizzare i loro scopi che confluiscono, tutti, nel razziare risorse e ammucchiare soldi.
Attori, sempre pronti a cambiare il costume in scena, in funzione della scena e del copione.
L'Uganda e la Tanzania, sono state "scelte" dalla francese TotaleEnergies, per la realizzazione del progetto petrolifero East African Crude Oil Pipeline (EACOP), un’infrastruttura che una volta completata sarà il più grande oleodotto riscaldato al mondo.
E' la stessa TotalEnergies che, a luglio 2024, ha annunciato l'acquisizione di una quota del 50% in OranjeWind, un parco eolico offshore da 795 MW in fase di sviluppo nei Paesi Bassi di proprietà del produttore energetico tedesco RWE.
Secondo esgtoday, la quota di energia rinnovabile del progetto di TotalEnergies verrà utilizzata per alimentare progetti di elettrolisi per produrre idrogeno verde.
Ma, pare che con la stessa tecnica di elettrolisi, si possa produrre anche energia elettrica, evitando di devastare l'ambiente marino con impianti eolici, "devastazione" dimostrata scientificamente.
Scrive EACOP come se avesse avuto un incarico divino:
Sbloccare il potenziale dell'Africa orientale.
L'East African Crude Oil Pipeline Project (EACOP) è un oleodotto che trasporterà il petrolio prodotto dai giacimenti petroliferi del Lago Alberto in Uganda fino al porto di Tanga in Tanzania, dove verrà poi venduto ai mercati mondiali.
Aggiunge:
L'oleodotto è interrato e una volta ripristinati lo strato superficiale del terreno e la vegetazione, persone e animali potranno attraversarlo liberamente ovunque lungo la sua lunghezza.
Ma, quando? Chi si farà carico dei costi di rispristino? Le terre espropriate saranno restituite ai legittimi proprietari, prima cacciati?
E' di poche settimane fa, la notizia dello stesso gruppo francese che deterrà una quota del 50% nella nuova joint venture, con un investimento azionario di 444 milioni di dollari per la gestione di un portafoglio di 1.150 megawatt di progetti solari in India.
TotalEnergies e Adani Green Energy Limited (AGEL) hanno stipulato un accordo per la creazione di una nuova joint venture, partecipata in parti uguali da TotalEnergies e AGEL, con un portafoglio di 1.150 MWac (1.575 MWp) di energia solare a Khavda nel Gujarat,
Khavda, in India, sarà il più grande impianto di energia rinnovabile del mondo.
Mentre TotalEnergies intende distruggere le attività agricole di 13.000 famiglie in Uganda e Tanzania per "sloccare il potenziale dell'Africa Orientale" (ma chi glielo ha chiesto???) per potenziare il trasporto e la vendita del petrolio (fossile...), in altra parte del globo, coltivando la sua ambizione (OPPOSTA...) di arrivare a zero emissioni entro il 2050, costruendo un portafoglio competitivo a livello mondiale che combina energie rinnovabili (solare, eolico onshore e offshore) e impianti flessibili (CCGT, stoccaggio) per fornire energia pulita e continua ai suoi clienti.
Alla fine del 2023, la capacità installata lorda di TotalEnergies per la produzione di elettricità da fonti rinnovabili era di 22 GW. TotalEnergies continuerà a espandere questa attività per raggiungere 35 GW nel 2025 e più di 100 TWh di produzione netta di elettricità entro il 2030.
Una volta completato, l'impianto solare di Khavda, sarà grande quanto Singapore, estendendosi su 726 chilometri quadrati e sarà visibile anche dallo spazio. Il governo indiano stima che costerà almeno 2,26 miliardi di $.
Abi T Vanak, uno scienziato della conservazione presso l'Ashoka Trust for Research in Ecology and the Environment con sede a Bengaluru, ha contestato il progetto, facendo presente che "Il deserto salato è un paesaggio unico" che è "ricco di flora e fauna", tra cui fenicotteri, volpi del deserto e specie di uccelli migratori che volano dall'Europa e dall'Africa per svernare in questa regione.
Hirelal Rajde, un cittadino di 75 anni, residente a Khavda, si è così espresso: "Dico a tutti quelli che vivono qui di tenere stretta la propria terra, di non venderla. Tra qualche anno, dico loro che avranno così tanti affari (turismo...) che non riusciranno a riposare nemmeno la notte".
Tornando alle popolazioni coinvolte dal mega oleodotto di TotalEnergies, in Uganda e Tanzania, la realizzazione del progetto prevde l'acquisizione di terreni su larga scala.
Serve terra, sia per la costruzione dell'oleodotto che per le infrastrutture associate, sia su base temporanea che permanente.
Saranno necessari 5.300 ettari di terreno per la costruzione e il funzionamento dell'oleodotto, il che significa che circa 13.000 famiglie perderanno la loro terra.
Per un totale di 86.000 individui in Uganda e Tanzania, interessati dal progetto.
La contestazione locale è forte e sostenuta dagli attivisti climatici, ambientali e per i diritti umani.
Questo, ha già portato 28 compagnie di assicurazione alla rinuncia della sottoscrizione di contratti che siano direttamente coinvolti nel progetto, tra queste SiriusPoint, Riverstone International, Enstar Group, Blenheim e SA Meacock.