UE, evitiamo i facili entusiasmi

Il compromesso raggiunto la notte scorsa a Bruxelles, grazie alla mossa di Mario Monti e che ha innescato una ripresa dei mercati periferici questa mattina, ha aperto alcune porte ma presenta ancora forti limiti. Nel breve periodo, questo il tratto più saliente:

“Insistiamo affinché sia concluso celermente il memorandum d’intesa allegato al sostegno finanziario a favore della Spagna per la ricapitalizzazione del suo settore bancario. Riaffermiamo che l’assistenza finanziaria sarà fornita dal FESF fino a quando il MES non sarà disponibile, meccanismo al quale sarà in seguito trasferita senza ottenere status preferenziale.

Ciò ha significativamente ridotto il rischio di declassamento del merito di credito della Spagna al di sotto del livello IG poiché implica che il prestito del FESF/MES, compreso tra i 60 e gli 80mldEUR (mia ipotesi), per ricapitalizzare gli istituti bancari spagnoli non godrà di uno status preferenziale e non finirà nei libri contabili del governo spagnolo.
Da notare tuttavia che i capi di Stato dell’Area Euro non hanno detto che i futuri prestiti del MES non godranno di uno status preferenziale, contrariamente a quanto scritto da alcuni commentatori.  Ecco lo stralcio di riferimento:

“Affermiamo il nostro forte impegno a compiere quanto necessario per assicurare la stabilità finanziaria della zona euro, in particolare facendo ricorso, in modo flessibile ed efficace, agli strumenti FESF/MES esistenti al fine di stabilizzare i mercati per gli Stati membri (…)”
Fino a questo momento, gli “strumenti esistenti” hanno incluso uno status creditizio preferenziale per i prestiti MES. Qualcuno potrebbe obiettare che una grave inadempienza della clausola di recupero preferenziale si è già avuta a seguito del trasferimento dello status di creditore non preferenziale dal FESF al MES nel caso della Spagna e che i ministri delle finanze europei dovranno risolvere quest’ambiguità  (logica) durante l’incontro del 9 luglio. Tuttavia, si tratta solo di un ragionamento, non di un accordo formale.

Nel più lungo termine, i leader dell’Area Euro hanno concordato sulla necessità di adoperarsi per l’istituzione di un’unione bancaria, in cui la BCE fungerà da o ospiterà l’organo supervisore europeo e il MES agirà da braccio finanziario in caso di risoluzione, con la facoltà di prestare direttamente alle banche. Per quanto fosse risaputo già da tempo, si tratta comunque di una buona notizia. Molti dettagli sono però ancora tutti da decidere o si presentano poco chiari. Ad esempio: se l’organo supervisore decidesse di chiudere la banca X o Y, innescando così il processo di risoluzione, chi lo implementerebbe? Si andrebbe ben oltre il raggio d’azione della BCE.

Logicamente, il MES dovrebbe essere investito di maggiori responsabilità, inclusa la gestione della risoluzione. In tale  eventualità, anche se in formato ridotto, il MES diventerebbe un autentico Ministero del Tesoro dell’Area Euro. Ed è esattamente quello che stanno aspettando i mercati per dare l’ok all’euro. Per contro, nel caso in cui il processo di risoluzione fosse lasciato nelle mani delle autorità locali, l’unione bancaria verrebbe castrata ab initio. La mia sensazione è che ci siano ancora molti punti di disaccordo su una questione così spinosa e ciò spiega perché i capi di Stato hanno dato sei mesi (fine 2012) alla BCE, all’EBA e alla Commissione Europea per articolare un progetto di unione bancaria esaustivo.

A conti fatti, questo vertice non è stato molto diverso dai precedenti: un piccolo passo, incluse alcune lontane aperture nella giusta direzione, ma la massa critica per ripristinare la fiducia nel futuro dell’euro non è ancora stata toccata.
Quindi, non lasciamoci trasportare dall’entusiasmo.

A cura di Axa IM

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