SUDAN. NUOVO SCENARIO DI TRISTE DEVASTAZIONE. TERRA TROPPO RICCA PER AVERE PACE...
Redazione 24 aprile 2023.
In Sudan è "la guerra dei generali".
Le diplomazie di tutto il mondo sono impegnate nell'evacuazione dei loro cittadini.
Nel caos di Khartoum.
Il 70% degli ospedali non funziona più, scarseggiano l'elettricità e l'acqua.
Venerdì scorso, uno dei due generali in campo, Abdel Fattah Al-Bourhane (capo dell'esercito e del Paese), aveva promesso una tregua che ha rispettato solo in parte.
Si prevede che le tensioni avranno una lunga durata.
Sull'altro fronte il generale Mohammed Hamdan Daglo, ex vice di Bourhane.
Per il Sudan, Nazione posta al crocevia tra il mondo arabo e l'Africa, è una grave battuta d'arresto sulla strada della democrazia.
Nel 2019 era stato deposto il governo dittatoriale di lunga data, grazie alle intense proteste popolari in gran parte pacifiche.
Come spesso, attori stranieri hanno giocato e stanno giocando un ruolo determinante. Nel decennio di dittatura di Omar al-Bashir, deposto nel 2019, la Russia aveva un ruolo dominante.
Mosca ottenne un accordo iniziale per costruire una base navale sulle coste del Mar Rosso del Sudan.
Con la cacciata di al-Bashir, gli Stati Uniti e le nazioni europee si sono attivate contro la Russia per l'influenza in Sudan.
Anche l'Egitto opera nell'area, leccandosi i baffi...
Il Sudan è ricco di risorse naturali, incluso l'oro.
La RSF, al comando di Dagalo, è una sorta di polizia segreta che assolda mercenari spietati e ha affiancato a lungo l'esercito nazionale.
Nel 2019, la giunta militare che aveva preso il controllo del paese aveva impiegato le RSF per reprimere violentemente i manifestanti pro-democrazia, ccompiendo il massacro di Khartum, il 3 giugno 2019.
I militari controllano l'economia del paese e l'RSF ha il controllo dell' estrazione dell'oro, sua fonte di reddito fondamentale.
La tensione è covata nelle ultime settimane tra i due generali che, 18 mesi fa (nel 2021), avevano organizzato il colpo di stato che ha impedito l'affermazione della democrazia in Sudan.
C' è stata, infine, una battaglia violenta tra il capo delle forze armate, Abdel-Fattah Burhan, e il capo del gruppo paramilitare delle forze di supporto rapido, Mohammed Hamdan Dagalo e nessuno dei due intende negoziare o cessare il fuoco.
Il Sudan, paese di 46 milioni di abitanti ha una lunga storia di colpi di stato.
Sembrava ci fossero nuovi spiragli per il graduale ritorno alla democrazia, anche sotto la crescente pressione internazionale e regionale.
Ma, i complessi negoziati, anzichè raggiungere l'obiettivo hanno alzato il livello della tensione tra Burhan e Dagalo.
Al centro, la competizione personale per l'assunzione del potere sull'RSF e sull'esercito nazionale e, intorno, gli insaziabili appettiti stranieri.
Dagalo (ex vice...), tra i due, è il meno convincente, comandante della RSF è stato coinvolto in brutali repressioni durante i disordini tribali e le proteste a favore della democrazia.
Ciononostante, per farsi strada, si è finto sostenitore della transizione democratica.
Il Sudan è rientrato nel suo tritacarne per la sfrenata ambizione di due militari con chissà quali legami e risorse alle spalle...
Il 12 aprile, le RSF si sono insediate intorno alla cittadina di Merowe, a nord della capitale.
Merowe è città è strategica, grande aeroporto, imponente diga elettrica a valle del Nilo.
Il 13 aprile, le RSF hanno impiegato altre forze nella capitale e in altre zone del Paese, senza il consenso dei vertici dell'esercito che non l'hanno presa bene.
La mattina del 15 aprile, hanno avuto inizio i combattimenti tra i militari dell'esercito nazionale e i paramilitari della RSF.
Ogni parte incolpava l'altra per aver dato inizio alla violenza, in un crescendo drammatico con armi pesanti, veicoli blindati e mitragliatrici montate su camion impiegati in aree densamente popolate della capitale e dell'adiacente città di Omdurman.
Dozzine di persone sono state uccise e centinaia sono state ferite nei combattimenti che si sono estesi ad altre aree del Paese, fino alla strategica città costiera di Port Sudan sul Mar Rosso e le regioni orientali, ai confini con Etiopia ed Eritrea.
Le speranze di pace nel breve sono scarsissime.
I due generali chiedono, rispettivamente, che l'altro si arrenda e nessuno dei due ha intenzione di arrendersi, potendo contare entrambi anche su "sostenitori" stranieri....
Stranieri "schierati" che chiedono l'immediata cessazione delle ostilità, alimentando le ostilità....
La storia si ripete all'infinito...