Storia di un (ex) squattrinato della consulenza finanziaria
Pubblichiamo una interessante lettera a firma di un nostro lettore, il quale pone alcuni interessanti interrogativi sul rapporto di convenienza tra promozione finanziaria e consulenza finanziaria.
Cara redazione di Ifanews,
vi scrivo, con richiesta di pubblicazione (vediamo se siete davvero indipendenti...) per raccontarvi la mia esperienza di promotore, consulente indipendente e infine di nuovo promotore. Perché questo passaggio? Semplice, perché ho costatare con mano che di consulenza indipendente, in Italia, per ora non si campa. Dopo qualche annetto nel back office bancario di una big francese ho deciso, spinto anche da un mio ex amico, di provare a mettermi a fare il promotore finanziario. Un lavoro molto duro (per lo meno per come l’ho affrontato io, cercando di offrire sempre un lavoro qualificato) che ho fatto con non pochi sacrifici, ma che infine, dopo 16 anni di esperienza, mi aveva portato ad avere una buona redditività e una buona base di clientela. Era il 2006 e io, spinto dalla volontà di crescere ancora di più, attirato dalle prospettive di un segmento professionale che appariva in ascesa (di lì a poco sarebbe dovuto nascere l’Albo, chi la visto?), decido di aprirmi un mio piccolo studio a Milano.
Sapete cos’è accaduto? Ogni volta che chiamavo un mio cliente raccontando questa mia nuova avventura il 90% delle volte mi sentivo rispondere “Ah si è messo in proprio, bhè sa, con tutto il rispetto, io mi fido di più di una banca poi lì la consulenza è gratis”, anche se ovviamente non stavo a proporre nulla se non la consulenza a parcella. Nel giro di tre anni ho lasciato “sul campo” un sacco di soldi spesi nel nome di promesse istituzionali non verificatesi (il famoso albo, a mio avviso, non nascerà mai), di una clientela che mi giudicava “inaffidabile” per il solo motivo di non essere più “uno di banca” e di una crisi che mi ha massacrato. Morale della storia all’alba di due anni fa circa, nel 2010, ho chiuso baracca e burattini mettendo in conto una perdita che ha inciso non poco sulle mie prospettive patrimoniali. Grazie al cielo, avevo lasciato un ottimo ricordo in banca, la quale, dopo poco, mi ha ripreso a braccia aperte. E, indovinate, i clienti sono magicamente tornati. Di certo, di questi tempi non si può parlare di risultati eccezionali, ma di sicuro mi sento con le spalle protette, cosa che nella mia breve esperienza da fee only non accadeva. Tutto ciò per dirvi che a mio avviso questa forma di consulenza non è ancora adatta al pubblico italiano, per buona parte ancora (nel bene e nel male) legato al modello banco centrico. Solo pochi, e parlo di area manager con un sacco di cleinti, potrebbero permetterla, fermo restando che a loro non converrebbe economicamente parlando. Chissà che non mi ricapiti di tornare a fare l’indipendente. Ma per ora è assolutamente un mestiere che può lasciarti, scusate il termine, in mutande.
Marco