STIAMO PERDENDO UN SACCO DI TEMPO INTORNO ALL`INUTILE DDL BOLDRINI/SPERANZA (EX ZAN) E NON ABBIAMO UNA POLITICA INDUSTRIALE! CI ASPETTANO ALTRA DISOCCUPAZIONE, ALTRE DISUGUAGLIANZE, POVERTA` SEMPRE PIU` DIFFUSA
Redazione, 25 giugno 2021. E` come se, mentre la casa brucia, i vigili del fuoco, anzichè usare gli idranti, si accapigliassero sul colore dei fiori in giardino
per decidere quali siano più belli e più adeguati al contesto!
Il film al quale stiamo assistendo è scioccante, offende l`intelligenza ed il Popolo Italiano che non ha neppure avuto modo di `delegare` la gran parte di chi è al Governo.
E, ci saremmo aspettati che il mastodontico PNRR, finalmente, avesse partorito il disegno della POLITICA INDUSTRIALE che dovrebbe guidare il tessuto imprenditoriale italiano dei prossimi 20 anni.
Invece, pare di vedere un `topolino`!
La domanda è sempre lì, ingessata da oltre 20 anni: come finanziamo le nostre vite da ora in poi?
Quali imprese dobbiamo avviare e far crescere per avere lavoro?
Quanti soldi pubblici dobbiamo ancora gettare nel buco nero per salvare attività senza più un senso economico e industriale?
Invece, la risposta non c`è, nonostante Draghi.
E` dalla fine del secolo scorso che l`Italia manca di una visione politica industriale e da allora, la sta aspettando.
Ma, non arriva.
Da settimane, l`attenzione è concentrata sul DDL ZAN che è invece, DDL BOLDRINI/SPERANZA.
Per la tutela sacrosanta dei gusti sessuali dei cittadini basta integrare le leggi che abbiamo già.
E, punto.
E la questione `immigrazione clandestina` per cui l`Europa ha già detto che sono affari nostri e solo nostri. E si continua a parlarne come se l`Europa non fosse stata chiara.
Invece è chiarissima.
Perfino le organizzazioni sindacali si sono espresse chiedendo: `interventi e pianificazione sulle infrastrutture per la mobilità sostenibile, sull`alta velocità e la manutenzione stradale, sull’ intermodalità e la logistica integrata, ma soprattutto chiediamo una politica industriale per i trasporti, assolutamente assente nel Pnrr”.
Il Politecnico di Milano ha posto la questione al centro di un suo convegno denunciando che nel PNRR manca una linea di intervento per l`industria.
Dimenticate, completamente nel testo, la siderurgia, la motoristica, machinery e chimica.
Giovanni Azzone, ex Rettore dal 2010 al 2016, ha ricordato il ruolo che lo Stato dovrebbe avere:
«indicare la direzione di sviluppo, perché in assenza di visione complessiva è difficile che le iniziative dei singoli soggetti, privati o pubblici, riescano ad incanalarsi, a contribuire in modo sinergico a questo piano di sviluppo;
creare le condizioni abilitanti, ovvero le infrastrutture e il sistema delle regole, come la giustizia; verificare il rispetto delle regole».
Lucia Tajoli (nella foto), docente di Politica Economica è lucida, nella sua sintesi:
«L’obiettivo è rendere più competitiva l’Italia e questo non si fa in sei mesi, evidentemente, ma nel giro di alcuni anni.
E bisognerà guardare cosa è successo agli indicatori di competitività del Paese, che dipende da tante cose».
«Spesso ci troviamo in contrasto tra quelli che sono gli obiettivi economici e quelli che sono gli obiettivi puramente politici.
Uno degli aspetti maggiormente critici di questo contrasto è l’orizzonte temporale medio della politica, che tende ad essere estremamente più breve rispetto all’orizzonte medio richiesto per questo tipo di piano.
È un piano per il medio e lungo termine, mentre la politica vuole i suoi dividendi nel prossimo ciclo elettorale, che in Italia è sempre molto breve»
Mario Calderini, Professore di Social Innovation e Direttore di Tiresia:
nel PNRR, «manca un ingrediente: la consapevolezza che le misure non vanno tutte nella stessa direzione, anzi.
Spesso, rispetto agli obiettivi vanno un po’ in conflitto, ci sono dei trade off chiarissimi.
Gli investimenti nel digitale o sul verde necessitano delle misure di inclusione, con un’attenzione a far sì che non aumentino le diseguaglianze.
Io credo che bisognerà fare attenzione all’inclusione organica delle diverse cose».
Ed ancora: «Un ministro del precedente governo, con un’uscita un po’ sfortunata, aveva detto “faremo un’industria 4.0 un po’ rinforzata”.
E così è stato, il piano è proprio quella roba lì, ma questo non cambia la faccia del paese o la struttura industriale che avremo fa 15 anni.
E questa non è una buona notizia nemmeno per il debito pubblico: al piano è affidato il compito di fornire le risorse che consentano, non a noi, ma ai nostri figli di pagare questo debito.
Ecco, non mi preoccupa il debito, ma la politica industriale».
Marco Giorgino, professore di Financial Markets & Institutions and Financial Risk Management:
«Forse nella stesura del Piano bisognava essere più focalizzati.
Mancano le infrastrutture di rete, quelle delle telecomunicazioni, ma anche le reti idriche».
«il tema delle PMI è centrale per il recupero della competitività delle imprese, innanzitutto, e poi del Paese nel complesso.
Investendo in questi capitoli, possiamo far sì che raccolgano risorse sul mercato dei capitali e non solo attraverso il sistema bancario».
«Fare politica industriale significa concentrarsi su alcuni settori, mentre nel Pnrr c’è una trasversalità molto ampia, perché i temi della digitalizzazione, della transizione energetica e sostenibile riguardano un po’ tutta la società e l’economia.
Non ci concentriamo su nessun settore su cui vogliamo essere eccellenti a livello nazionale ed internazionale»
Tutto vero.
Nel PNRR, gli obiettivi sono lanciati in ordine sparso, ricalcando le mode del momento in tutto l`occidente, senza tener conto della specificità italiane, nè dell`urgenza massima di una guida politica industriale che sia sia capace di creare il brodo dello sviluppo futuro della nostra economia.
In questo contesto non rassicurante, il numero dei disoccupati è destinato a crescere in modo esponenziale, cresceranno le disuguaglianze sociali e la povertà entrerà nelle case di altri milioni di italiani, come se non ce ne fosse già fin troppa.