Siamo ancora troppo lontani da Basilea 3
La gestione del rischio di liquidità e l’applicazione dei nuovi requisiti di vigilanza di Basilea III a livello europeo necessita di una maggior sofisticazione nelle metodologie di gestione del rischio di liquidità e una loro maggior integrazione con altre importanti attività bancarie come la pianificazione strategica, il funding e la misurazione delle performance.
E’ questo il principale risultato del Liquidity Risk Survey 2012 condotto da Deloitte a livello EMEA con il coinvolgimento di 11 differenti Paesi UE su un pool di 59 gruppi bancari. Nel complesso, il pool europeo di istituti analizzati presenta un grado di adeguamento non ancora completo ai nuovi ratios di Basilea III con un LCR (Liquidity Coverage Ratio) pienamente coperto dal 59% delle banche, e un NSFR (Net Stable Funding Ratio) dal 44%. I gruppi bancari italiani hanno mostrato una situazione in linea con la media europea del requisito di LCR con una copertura al 58%, ed una soluzione più solida di quello di NSFR con una copertura del 67%. La sfida? Gli investimenti nel settore IT. Per la maggioranza dei gruppi bancari, i requisiti di LCR e NSFR introducono un notevole elemento di complessità sul fronte operativo-gestionale, dove il calcolo e monitoraggio dei ratios con frequenza giornaliera (in particolare per LCR) rappresenta la principale sfida da dover affrontare per il 67% delle banche.
“Dalla nostra indagine – dichiara Paolo Gianturco, Partner Deloitte che ha curato la ricerca per l’Italia - risulta come più del 50% delle banche del pool europeo avrà bisogno di notevoli investimenti per l’adeguamento dei sistemi IT alle nuove esigenze di liquidità, sia gestionali che regolamentari. Nel processo di adeguamento ai nuovi requisiti di gestione del rischio di liquidità, l’Italia sembra essere posizionata leggermente meglio rispetto alla media europea, con il 58% delle banche che manifesta la necessità di contenute integrazioni ai loro attuali sistemi IT”. Governance e impatto strategico: “temi caldi” per la gestione del rischio di liquidità Oltre alla complessità operativa, la gestione del rischio di liquidità introdurrà alcune criticità anche a livello organizzativo e di Governance. A livello europeo, gli istituti intervistati presentano al momento una Governance piuttosto frammentata (condivisa principalmente tra Risk Management per il 36% e Tesoreria per il 18%) ed una visione non ancora delineata delle priorità organizzative legate alla gestione del rischio di liquidità. Tuttavia, mentre sul fronte della Governance è già in atto un processo di definizione di ruoli e responsabilità per la gestione del rischio di liquidità, le priorità organizzative dei gruppi bancari sembrano più focalizzate ad aspetti operativi di misurazione, compliance e monitoraggio piuttosto che agli impatti strategici da esso derivanti aggiunge Luigi Mastrangelo, Director Deloitte. Anche nel contesto italiano, i gruppi bancari presentano una Governance delle attività di gestione della liquidità frammentaria e spesso condivisa tra diverse funzioni (Risk Management, ALM, Tesoreria e Board). Sia nel pool complessivo sia nel sottogruppo italiano, solo un’esigua minoranza di banche ha evidenziato l’importanza che la gestione della liquidità avrà sulle politiche di funding, la definizione del risk appetite, la pianificazione strategica e la misurazione della performance. I requisiti di Basilea III avranno un impatto negativo su quasi tutte le business line “L’impatto che i nuovi requisiti di liquidità di Basilea III avrà sulle differenti business line è considerato prevalentemente negativo (45% in media) su tutte le tipologie di business (private & commercial banking, specialized finance, capital markets), con gli impatti negativi più significativi attesi sul segmento commercial banking (60%)”.
“Data l’ancora poco chiaro set di variabili da tenere in considerazione, i risultati della ricerca Deloitte rivelano che i gruppi bancari italiani dovranno investire su tale ambito di analisi per individuare quanto prima un quadro più preciso di impatti attesi ed azioni correttive da adottare sulle varie linee di business”, conclude Gianturco. In Italia, i gruppi bancari del pool hanno evidenziato i maggiori impatti negativi sulle attività di commercial banking (68%) e capital markets (52%), mentre solo un’esigua minoranza di istituti dichiara di aspettarsi impatti positivi sulle proprie business line, in particolare nel segmento private banking (24%).