Se l’euro muore si ferma la riforma del sistema monetario internazionale

di Mario Lettieri, Sottosegretario dell`Economia nel governo Prodi e Paolo Raimondi, economista      Continua la strategia di demolizione dell’euro e dell’Ue. Dopo il declassamento dell’Italia, della Francia e di altri 7 paesi dell’Unione europea, l’agenzia di rating americana Standard & Poor’s ha tolto la tripla A anche all’Esfs, il fondo salva stati.

Se l’euro muore si ferma la riforma del sistema monetario internazionale
Finalmente si sono levate voci di denuncia anche da parte di chi non è sospettabile di essere un fautore facinoroso della teoria del complotto.  Il commissario per gli Affari Economici Europei, Olli Rehn, ha qualificato la S&P come un ” soggetto con i suoi interessi economici” che opera in linea con il capitalismo finanziario Usa e di Wall Street. Mario Monti si è sentito obbligato a parlare di un “attacco all’euro” e Mario Draghi per la prima volta ha detto di non dare troppo peso alle valutazioni delle “tre sorelle”.
 
Come è ormai noto le tre agenzie di rating, in particolare la dominante S&P, sia prima della crisi del 2008 che dopo, sono state responsabili di aver agevolato l’inondazione dei mercati di titoli tossici e di derivati altamente speculativi. Davano a tutti, dietro pagamento, la pagella con la tripla A. 
 
Il commissario Rehn ha anche detto che “qualcuno ha fatto soldi dalla destabilizzazione” prodotta dall’abbassamento del rating. Sembra infatti che sia partita una speculazione al ribasso contro l’euro.
 
Ma la vera questione è: perchè un attacco all’euro così concentrato e forte? 
 
Non basta il solito richiamo alla legge del mercato dove il “business è sempre business” e dove si fanno soldi su  qualsiasi cosa si muova senza rispetto per nessuno. Quindi neanche per l’euro e per i debiti sovrani europei che continueranno ad essere sottoposti ad attacchi fintanto che non raggiungeranno una “posizione di equilibrio” accettata dai mercati.  
 
Non basta nemmeno parlare di concorrenza tra cugini, in cui gli Stati Uniti ed il dollaro si sarebbero sentiti minacciati dall’emergere dell’Unione europea e di una moneta forte come l’euro che potrebbero sfidarli e rimpiazzarli sui mercati commerciali e finanziari internazionali. 
 
In verità l’euro, proprio per le intrinseche debolezze sia strutturali che politiche, non ha mai posto un tale problema. Purtroppo l’Ue è ancora un cantiere in costruzione che ha bisogno di tempi lunghi e di stabilità interna ed internazionale per superare tutti gli ostacoli economici, politici e culturali che si frappongono ad una  vera governance unitaria
 
Le lentezze e le debolezze del processo europeo possono giustificare soltanto gli attacchi degli “sciacalli della finanza” che speculano ai margini del sistema, non l’attuale strategia di annientamento dell’euro. 
 
Secondo noi nessuna semplicistica spiegazione è accettabile. Occorre guardare ai grandi processi di globalizzazione, al ruolo dei nuovi potenti attori economici e politici, agli effetti della caduta del muro di Berlino e alla conseguente crisi del sistema unipolare del dollaro per meglio capire i processi in corso.  
 
E’ emersa una nuova ed inarrestabile domanda di riforme monetarie, economiche e commerciali capaci di dare risposte adeguate ad un mondo politico multi polare. Oltre all’Unione Europea, stanno scrivendo le pagine della storia i Paesi del Brics e altre coalizioni regionali di Paesi emergenti. 
 
Non solo per un giusto affrancamento politico e per una nuova indipendenza economica, ma questi nuovi soggetti ritengono che sia arrivato il momento di pensare ad un rinnovato sistema monetario ed economico internazionale dove tutti abbiano un peso e una reale capacità di decisione.
 
E’ di pochi giorni fa la notizia che i governi cinese e giapponese hanno firmato un accordo che prevede che i loro commerci avverranno in yuan e in yen e non più in dollari.
 
Molti ormai chiedono un paniere di monete che, oltre al dollaro, all’euro e allo yen comprenda anche le valute della Cina, dell’India, della Russia, del Brasile e di altri Paesi, oltre all’oro. 
 
E’ un processo non lineare e nemmeno privo di rischi geopolitici. Il sistema del dollaro, che ha dominato l’intera finanza mondiale, sa di dover perdere privilegi e rendite. Sa che le grandi bolle finanziarie, come quelle dei derivati Otc, non potranno avere spazio in un simile sistema. 
 
Nella costruzione del nuovo paniere di monete l’euro ha un oggettivo peso sia economico che politico. L’Unione europea è la prima economia industriale del pianeta e come polo tecnologico è centrale. La sua stabilità può svolgere il ruolo di catalizzatore per le altre economie emergenti. Se venissero meno l’Europa e l’euro, il lavoro per il nuovo sistema monetario verrebbe bloccato. La Cina e gli altri paesi del Brics sono in forte crescita ma, secondo noi, non hanno ancora da soli la capacità di determinare simili cambiamenti sistemici. 
 
Inoltre l’Ue e l’euro potrebbero essere attori centrali nella costruzione del contenente euroasiatico che sarà attraversato e unito da moderne “vie della seta”. Si tratta di nuovi scenari di sviluppo non solo dell’economia ma soprattutto per la pace mondiale. I sostenitori di una  geopolitica di vecchio stampo britannico li hanno sempre osteggiati perché vedono l’Eurasia in contrapposizione all’America e ritengono che l’eventuale sgretolamento dell’euro servirebbe a fermare tali processi.
 
Riteniamo che l’Europa debba rendersi consapevole di queste evoluzioni e affrontare i suoi problemi anche nell’ottica delle grandi sfide globali. Così facendo può trovare nei paesi del Brics alleati strategici e non cercare in loro soltanto dei possibili compratori di titoli di debito pubblico.
 
Bisogna convincersi che il “tavolo da gioco” è oggettivamente più grande di quello angloamericano!
 
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