Quando la manager è un’Ape Regina

Sempre più donne, oggi, scelgono di lavorare, di realizzarsi e di portare avanti il loro progetto professionale, subordinando in alcuni casi il ruolo di madre e di moglie. Diventa obsoleto e chimerico il concetto di potersi dedicare in maniera esclusiva alla famiglia, anzi nell’immaginario collettivo colei che decide di darsi anima e corpo solo ai propri cari risulta poco integrata nella società, per questo sempre meno donne fanno solo le casalinghe.

Per contro, nell’ambito lavorativo si possono incontrare infinite difficoltà, soprattutto da parte dei colleghi, che non vorrebbero mai vedersi scavalcare, surclassare da una donna. Alla fine, nella cultura contemporanea lavorativa è molto diffuso lamentarsi del maschilismo e si è pronti ad additare gli uomini di negare potere, dignità e rispetto alle donne, proprio perché sono anche mamme e mogli. In realtà si scopre che spesso sono le donne a perpetuare stereotipi sessisti. (Articolo consigliato: Motherhood: il mito della madre).

Col termine Ape regina la psicologia del lavoro indica una donna che occupa una posizione di potere, si riconosce una serie di attributi mascolini e deroga compiti di bassa lega alle sue subalterne, relazionandosi solo con colleghi dell’altro sesso, che stima e approva. Secondo i media è proprio la disuguaglianza di trattamento ricevuta dalle  donne a determinare la differenza di genere, non i tabù maschilisti quindi, ma i preconcetti esercitati e i comportamenti discriminanti dallo stesso sesso, una sorta di maschilismo al femminile. In uno studio recente si analizza quanto di vero esiste nella credenza: l’insediamento dell’ape regina è la conseguenza o la causa di un luogo di lavoro impregnato di sessismo? In base a questo studio, ambienti lavorativi in cui esiste l’ape regina sono caratterizzati da competitività e agonismo che portano alla lotta per poter raggiungere un ruolo di prestigio. Da questo comportamento deriverebbe, inoltre, invidia per le colleghe e il malcontento diffuso che si traduce in mancanza di mordente. Quindi, le persone oggetto di sessismo sono quotidianamente sul filo del rasoio, e anche le loro emozioni oscillano tra sentimenti discordanti, portando a casa, ineluttabilmente, un senso di rancore e rivalsa.
Da questo studio realizzato dal gruppo di Derks emerge che solo il 7% dei posti di potere nelle 100 più grandi compagnie è occupato dalle donne, che guadagnano stipendi più bassi del 6,5% rispetto agli uomini. E’ stato evidenziato anche come le donne che mostravano i tratti caratteristici dell’ ape regina confermavano, a loro volta, di aver sofferto molto a causa del sessismo e dei pregiudizi durante la loro carriera e si identificavano di meno con le altre donne, poichè riconoscevano a loro stesse delle capacità di dedizione, solerzia, audacia, determinazione e autoefficacia che non individuavano tra le colleghe, ma solo tra i colleghi. (Articolo consigliato: Amica? Nemica!)

Le donne in un posto di lavoro potrebbero avere due chance: implementare e stabilire un legame con le altre donne per fare gruppo, per coalizzarsi e diventare “amiche”, o potrebbero distanziare le altre, perdendo la propria identità femminile. Le donne che per personalità tendono a non identificarsi con il sesso femminile ma si riconoscono caratteristiche maschili (non parliamo ovviamente di scelte sessuali, ma di tratti di personalità) scelgono più facilmente la seconda opzione. In questo caso la cultura sessista del lavoro le indurrebbe a lottare per diventare un’Ape regina. Un ambiente di lavoro sessista potrebbe essere la causa, o la conseguenza, del maschilismo al femminile e dare vita a lotte di potere a scapito di altre donne.
Potrebbe essere utile riflettere su questi temi per ridurre il gap esistente tra uomo e donna nei posti di lavoro. L’obiettivo potrebbe essere lavorare per ridurre i valori e le pratiche sessiste che si insidiano nei posti di lavoro, in cui si predica la parità, ma non la garantiscono sul piano sostanziale, dando vita a iniquità e malcontenti sessisti. Alla fine, lottare per ridurre le differenze tra i sessi potrebbe servire? O si finirebbe per aumentare il divario, attribuendo più potere a chi ne ha, portando se stessi in una spirale di autodistruzione?
Secondo me, è la profezia che si autoavvera e la parità non fa parte di questa realtà.

Articolo tratto da Stateofmind.it, scritto da Francesca Fiore.

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