Quando la Bce mostra i muscoli…

Il nuovo anno potrebbe finalmente veder sorgere qualche spiraglio di sole dopo un 2011 caratterizzato da nubi dense e frequenti temporali. Non è dalle attese macroeconomiche, tarate su una crescita economica a singhiozzo fino a metà anno e una successiva ripresa, che arriveranno le sorprese positive in grado di trainare i mercati finanziari. È soprattutto la politica di maggior interventismo che ha annunciato e che sta cominciando ad adottare la Banca centrale europea il principale catalizzatore del relativo ritorno di appetito per il rischio degli investitori.

La discesa in campo della Bce, nel solco del  quantitative easing avviato già tre anni fa dalla  Federal reserve, anche se con strumenti  parzialmente diversi, costituisce una virata  essenziale nella filosofia di lungo termine della  Bce e segna l’inizio anche in Europa del  trasferimento del rischio dal privato al pubblico  (tipico del QE). Obiettivo dichiarato della Bce è di modificare  verso il basso le aspettative sui tassi a breve dei  Paesi periferici e ridurre le probabilità degli  scenari estremi.  Un elemento centrale nella strategia d’azione è  il piano di pronti contro termine di lungo  periodo (Long term refinancing operation, Ltro),  che dovrebbe rallentare il deleveraging delle  banche e ridurre significativamente le loro  esigenze di finanziamento nel breve e nel medio  termine. 

Scopo ultimo è garantire al sistema finanziario  tutta la liquidità necessaria per scongiurare una  crisi, in particolare in una situazione dove  anche la politica necessita di tempo per dare  risposte certe.  Nel complesso una soluzione definitiva della  crisi che ha colpito l’eurozona resta lontana, ma  le dichiarazioni d’intenti espresse dai leader  europei nel corso degli ultimi vertici fanno  ritenere probabile un’accelerazione verso  l’unione non solo monetaria, ma anche fiscale.  Il percorso resta complesso e non sarà semplice  conciliare la necessità di un’unione monetaria e  di un’Europa più forte con la sovranità dei  singoli stati membri. La principale vulnerabilità dei mercati  dell’eurozona rimane quindi legata alla limitata  capacità della politica di fronteggiare la crisi nei  tempi e nei modi adeguati. 

A cura di Anima sgr

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