`Portoghesi-greci: una razza una faccia`

Fra i membri dell’area Euro aumentano le preoccupazioni per il Portogallo, che sembra stia per chiedere un secondo “salvataggio”, con la richiesta di un ulteriore prestito da parte di Lisbona. Secondo quanto pubblicato oggi dal Wall Street Journal, la situazione del Portogallo è piuttosto preoccupante ed è molto improbabile che il paese riesca a finanziarsi da solo, dovendo così ricorrere ancora una volta al Fondo Monetario Internazionale (FMI). Il paese deve assolutamente trovare 9 miliardi di euro per poter rifinanziare i prestiti che scadranno a settembre 2013 ed il FMI ha quindi chiesto un piano finanziario credibile con l’anticipo di un anno.

`Portoghesi-greci: una razza una faccia`

Il problema più grande del Portogallo è rappresentato dall’alto rendimento che chiedono gli investitori privati, che per accollarsi il rischio di avere un bond portoghese nel loro portafoglio vogliono un rendimento di almeno il 12%, una percentuale che il governo di Lisbona non può certo permettersi di pagare nel lungo termine. I mercati non sembrano dare molto credito alle parole del primo ministro portoghese, Pedro Passos Coelho, che ha di recente affermato che il paese non ha bisogno di ulteriore denaro o tempo per implementare il proprio programma finanziario e che ce la farà da solo. Ma il prezzo dei bond portoghesi sono crollati dopo che 2 settimane fa l’agenzia di rating Standard & Poor’s  ha declassato i bond a “junk”-ovvero spazzatura - e dopo che si sta diffondendo la paura che la scelta fatta dalla Grecia (che ha ristrutturato il proprio debito) faccia proseliti nel resto dell`Europa.

Secondo Michael Derks, capo strategia dell’azienda di brokeraggio FxPro, i possessori di bond portoghesi sono sempre più scettici sulla capacità da parte del paese di onorare i propri impegni precedentemente presi, prevedendo una perdita nel capitale investito. Le ultime stime scontano una perdita intorno ad 1/3 di quanto investito, e non sono delle più ottimistiche. Esistono però delle differenze fra la situazione greca e quella portoghese, il secondo infatti dispone di una maggioranza parlamentare che ha permesso senza troppi intoppi di prendere le auspicate misure di austerità. Inoltre il paese sta beneficiando di una relativa “calma sociale”, con i sindacati e le principali associazioni degli imprenditori che hanno da poco firmato la riforma del mercato del lavoro, che permetterà in modo agevole licenziamenti e tagli salariali, per dare più flessibilità alle poco competitive aziende portoghesi.  Non dimentichiamo poi che il paese è stato comunque in grado di raggiungere gli obiettivi di deficit del 2011 -anche se grazie a misure straordinarie non riproponibili nei prossimi anni.

Ma su un punto in particolare la situazione greca e portoghese si equivalgono, entrambi i paesi nel piano di salvataggio hanno promesso quello che non possono, facendo assunzione sulla crescita del paese che sono del tutto irrealistiche. L’accordo per salvare il Portogallo è stato siglato a giugno 2011 e da quella data il governo portoghese ha ritrattato per ben due volte i dati sul pil (a fine del 2011 è stata prevista una contrazione per il 2012 del 3% dall’1,7% previsto lo scorso agosto-dato peraltro già revisionato). Ma stiamo comunque parlando dei dati che stima il governo di Lisbona, la cui stima non può che rappresentare lo scenario più ottimista. Infatti, se prendiamo una stima fatta da osservatori esterni, come quella di Juergen Michels, economista di Citigroup, vediamo che per l`economia portoghese è atteso un 2012 nero, con una flessione del pil pari al 5,8%, mentre per il 2013 l`economia portoghese dovrebbe contrarsi del 3,7%.

Se anche il Portogallo non ce la farà e sarà quindi costretto a ristrutturare il proprio debito, è probabile che continuino le pressioni dei mercati sugli altri paesi “periferici” dell’area Euro, ovvero Irlanda, Spagna, Italia e Belgio. I mercati temono infatti che per i singoli paesi che si trovano nell’occhio del ciclone sia più conveniente una soluzione “alla greca”, dove il governo decide di non pagare più parte del proprio debito in scadenza o decide di spalmarlo nel futuro, che forti e impopolari misure di austerità. Ma questa sarebbe la fine della moneta unica e del sogno europeo di creare gli Stati Uniti d’Europa.

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