PRIGIONIERO 109214. LA TESTIMONIANZA INEDITA DEL GIOVANE POLACCO FRANCISZEK ZASKORSKI. DEPORTATO AD AUSCHWITZ e MATHAUSEN

PRIGIONIERO 109214. LA TESTIMONIANZA INEDITA DEL  GIOVANE POLACCO  FRANCISZEK ZASKORSKI. DEPORTATO AD AUSCHWITZ  e MATHAUSEN

Redazione, 27 gennaio 2022.

FRANCISZEK ZASKORSKI, giovane polacco vittima del nazismo, scrisse un diario durante la sua prigionia nei campi di concentramento di Auschwitz e Mauthausen  Gusen.

Per gentile concessione della figlia che ha anche tradotto il racconto del padre, abbiamo l'onore di riportare la sua preziosa testimonianza.

E' l'ennesima prova della malvagità umana, capace di compiere crimini che si spingono oltre la fantasia del diavolo.

Di queste memorie dobbiamo sempre tenere gran conto per considerare che, in ogni epoca, tutto è possibile a partire dal peggio e che dobbiamo vigilare, tutti, per evitare che le storie orribili si ripetano, in questa come in altre forme.

Dal diario di Zaskorski Franciszek, nato il 24 aprile 1919.

Sono tornato al mio villaggio natale dal campo di concentramento l'8 settembre 1945.

Fino ad allora, non avevo notizie dei miei fratelli Jozef e Henryk, e del mio patrigno Jan Koziol, tutti prigionieri durante la guerra nei campi di prigionia (stalag) Angermunde, Neudorf e Schenlanke .

Non posso descrivere l'emozione nel momento in cui ho visto la mia famiglia; la gioia di scoprire che i quattro membri della stessa famiglia erano tutti salvi a casa.

La notizia del mio ritorno a casa si è diffusa a macchia d'olio per tutto il paese e tutti i vicini e tante altre persone del paese sono venute a salutare l'ospite "dall'altro mondo", tutti erano sicuri che fossi morto, assassinato in campo di concentramento, poiché da quasi un anno non avevano notizie di me.

L'unica izba della nostra casa era affollata ed io stavo rispondendo a molte domande con le lacrime agli occhi mentre stavo attraversando di nuovo tutto ciò che ho passato.

Sono sopravvissuto ai più terribili e spaventosi campi di concentramento e sterminio: Auschwitz e Mauthausen Gusen.

Alla fine, a notte fonda, quando tutte le persone sono andate a casa, mia madre è venuta da me e mi ha chiesto: figliolo, è vero tutto quello che hai raccontato, è vero?

Questa domanda, dopo anni che non riuscivo a pensare senza paura alla mia esperienza, è stata la ragione per cui ho deciso di scrivere i miei ricordi di ciò che ho condiviso con i prigionieri polacchi e di altre nazionalità nei campi di concentramento tedeschi, assassinati dai criminali nazisti responsabili di genocidio.

Gli assassini avevano le parole Gott mit unspressate sulla cintura delle loro uniformi: "Dio è con noi".

Loro, che si consideravano uber menchen, uomini superiori, uccidevano, senza pietà, bambini, anziani e donne.

Voglio che tutti i miei ricordi e le mie note diventino testimonianza della crudeltà, del mercenario, del calcolo e dell'inclinazione sadica ad abusare e torturare l'essere umano e arrivino alla prossima generazione perché tutti questi crimini non possano mai essere dimenticati e mai perdonati.

I miei dati personali: provengo da una famiglia povera di contadini; circa 10 ettari per la famiglia di sei persone.

Scuola elementare e un anno della scuola di agricoltura a Dobroszyce, vicino a Radomsko.

Altri dati personali dagli archivi del museo di Oswiecim (Auschwitz):

"Il Museo Nazionale di Oswiecim dichiara che nel registro dei nostri archivi ci sono i seguenti file sul prigioniero:

Zaskorski Franciszek, nato il 24 aprile 1919, Soborzyce, fui trasferito nel campo di concentramento di Oswiecim il 18 marzo 1943, con il trasporto da Radom.

Nel campo, come prigioniero politico, fu contrassegnato con il numero 109214.

Il 14 aprile fu trasferito nel campo di concentramento di Mautchausen-Gusen, in Austria, dove gli furono assegnati altri due numeri: 14378 e 44917. Non ci sono altre informazioni sul prigioniero.

La base delle informazioni: i file del trasporto del prigioniero in arrivo al campo di concentramento. Dall'Archivio di Oswiecim, direttore Kazimierz Smolen. "

L'autunno del 1942 e la primavera del 1943 sono segnati dall'intensificarsi dell'attività cospirativa nel nostro territorio.

Vi ho preso parte, inizialmente raccogliendo, nascondendo e proteggendo le armi nascoste nel bosco, nel 1939, dai soldati polacchi.

Ho partecipato agli incontri segreti nei villaggi di Lysiny e Zytno.

I noti attivisti della cospirazione erano Czeslaw Wawrzczak e Zygmund Sokolinski.

Sono stato addestrato all'uso delle armi corte e del fucile (non sono stato chiamato alle armi all'inizio della guerra).

Mi è stato affidato il compito di raccogliere informazioni sul movimento dell'esercito tedesco, l'equipaggiamento, le armi, il numero dei soldati e altre informazioni sulla loro formazione.

Già dall'inizio dell'autunno 1942 ai contadini di origine tedesca fu ordinato di raccogliere tutte le informazioni sui movimenti dei giovani; dove si radunano in gruppi, gli sconosciuti nei dintorni e così via...

Anche io ero sotto osservazione.

C'erano due folksdeutch coinvolti: Emil Hartwig e Jan Zalas. Furono condannati e giustiziati dai partigiani per la loro attività.

All'inizio di marzo 1943, vicino al villaggio di Soborzyce, nella casa del contadino Rochwalik, fu fucilato un gendarme.

La casa fu subito circondata e bruciata con gli abitanti all'interno.

Gli altri membri della famiglia, i figli di Bronislaw, Stanislaw e Alexander, furono arrestati e mandati nella prigione di Radomsko.

La sera dello stesso giorno i gendarmi istituirono una commissione per indicare 22 ostaggi.

I membri del comitato erano: della parrocchia, il parroco Lipa, il capo villaggio Burza, il suo vice Wloszczynski e il contadino Jan Wypert.

Il comitato stava discutendo sotto la custodia del capo della gendarmeria Schwarz-Majer e delle guardie.

Sono stato il primo a essere indicato per formare la lista degli ostaggi.

È stato Schwarz-Majer a dare il mio nome. L'informazione è stata inviata immediatamente a mia madre che invano cercò di salvarmi supplicando il capo della gendarmeria, era fermo nella sua decisione.

Il comitato ha fatto un elenco degli altri 21 ostaggi.

Gli ostaggi sono stati condannati a morte per impiccagione.

La mattina del 6 marzo 1943 il paese fu circondato dalle germanderie armate di mitra.

Hanno iniziato ad arrestare gli ostaggi.

All'inizio hanno circondato la mia casa.

Con le braccia sopra la testa sono stato condotto nella parte privata dell'edificio scolastico dove abitava il preside della scuola e lì sono stato lasciato separato dagli altri che sono stati condotti in aula.

Il villaggio doveva fornire i carri come mezzi ditrasporto.

Sotto la scorta militare, i prigionieri seduti con le mani legate dietro sui carri trainati da cavalli venivano condotti alle porte della prigione di Radomsko.

I cancelli della prigione furono chiusi dietro di noi e fummo condotti nelle celle.

Nessuno della mia famiglia fu mai condannato e la prigione risvegliò in me i sentimenti di cupa depressione.

Nel frattempo c'erano nel cortile dei prigionieri, patrioti polacchi, in attesa dell'esecuzione.

Nelle celle affollate c'erano altri prigionieri che rappresentavano tutte le classi sociali; c'erano i contadini, gli operai, il clero, l'intelligence.

Erano persone che si sono sollevate per combattere il nemico sacrificando la propria vita per la liberazione del Paese.

Al centro del cortile era situata la forca dove si svolgevano le esecuzioni capitali.

Quando la sera si chiudevano le porte dei corridoi e delle celle, dalle celle partiva il canto della chiesa:

"Va da Gesù, alle porte del cielo,

In lui cerchiamo solo consolazione.

Ci darà da bere il sangue delle sue piaghe,

Lui è il Padre, il Dottore, il Signore.

Ascolta, Gesù, come la gente ti supplica,

Ascolta, ascolta, fai un miracolo con noi.

O Gesù, trasforma questo triste momento.

O Gesù, consolaci.

Che sei con noi, fallo sentire

Sveglia la speranza in un cuore debole.

Dacci il tempo di sopportare coraggiosamente le prove terrene,

O Gesù, consolaci».

poi abbiamo sentito i passi degli stivali con la punta d'acciaio nei corridoi e l'urlo "ruhe!" - silenzio!

La canzone continuò senza riguardo per le urla delle guardie e le parole della canzone risuonarono in tutta la prigione e il ritornello fu ripetuto ancora una volta.

Ero in cella insieme al dottor Rachan di Radomsko, dottore in medicina.

La sua presenza era molto importante per me perché egli ci incoraggiava dicendo che la guerra sarebbe finita presto.

Il secondo giorno in cui sono stato in prigione sono stato condotto al secondo piano per essere interrogato.

C'era un grosso baule al centro della stanza con un buco della grandezza di un collo.

E' stato aperto il baule e mi hanno fatto mettere la testa dentro, il resto del corpo fuori, poi hanno chiuso la parte superiore del baule.

Il baule ha sopresso le mie grida e quando sono svenuto gli aguzzini mi hanno versato il secchio d'acqua sulla testa per interrogarmi di nuovo urlando:

"come si chiamano i banditi?! dove si nascondono!? dove nascondono le armi?!"

Quando sono svenuto mi hanno trascinato di nuovo in cella.

Il dolore mi ha costretto di dormire sulla pancia.

Non sono stato più interrogato e la sentenza di morte per 22 di noi è stata inviata al distretto di Radom per essere confermata.

Ero sicuro che sarei stato giustiziato per impiccagione e temevo questo tipo di morte.

Avevo programmato di attaccare la guardia nel corridoio, così mi avrebbero sparato in cella o nel corridoio.

Il dottor Rachan si faceva spedire ogni giorno del cibo da casa sua e così abbiamo saputo che la nostra sentenza era stata inviata per essere confermata e abbiamo anche saputo che la sentenza era stata cambiata nella prigione del campo di concentramento.

Non fu "buon cuore" dell'ufficiale a cambiare la sentenza, ma la sconfitta di Rommel a Stalingrado e l'incerto futuro della campagna di Germania in Russia.

Guerra.

La schiacciante sconfitta dell'esercito tedesco a Stalingrado determinò la vittoria dell'esercito sovietico; la preoccupazione dei tedeschi per la propria vita dopo la sconfitta ha contribuito a salvare la vita di migliaia o forse milioni di esseri umani.

Dopo la sconfitta di Stalingrado, ai prigionieri fu permesso di scrivere lettere.

Gli è stato anche permesso di ricevere pacchi da casa, cosa che ha salvato migliaia di loro dalla fame.

Il 17 marzo c'è stato un movimento nel cortile del carcere.

I prigionieri furono scacciati dalle celle alla piazza.

Siamo stati contati, disposti in file da cinque, controllati più volte e caricati sui camion.

Tutti i prigionieri erano in preda al panico perché eravamo sicuri che saremmo stati portati alla fucilazione.

Furono i momenti di attesa e terrore e finalmente i camion hanno iniziato a dirigersi verso la stazione ferroviaria.

Tutti abbiamo tirato un sospiro di sollievo anche se non potevamo sapere che cosa ci sarebbe successo dopo.

Le guardie ci hanno fatto scendere vicino alla rampa merci.

Abbiamo aspettato il treno di trasporto da Radom a cui saremo stati attaccati.

Alla stazione abbiamo incontrato altre persone del nostro villaggio.

I capelli di alcuni divennero bianchi, tutti erano spaventati e depressi; anche gli anziani piangevano.

Stavamo aspettando il destino che stavamo per incontrare.

Arrivò il treno merci e dentro c'erano i prigionieri.

Hanno attaccato altri carri e le guardie hanno iniziato a gridare: "auf geht´s!" - (muoversi!), e fummo tutti spinti nei carri.

I vagoni affollati furono chiusi e il trasporto si mosse in direzione di Czestochowa.

Nella prigione di Zawozie a Czestochowa abbiamo aspettato il giorno dopo.

Le celle erano affollate e noi fummo sistemati nei corridoi. Potevamo sentire i gemiti nelle celle.

Di prima mattina è partito il trasporto dal distretto di Radom al campo di concentramento di Oswiecim.

Dovevamo sederci sul pavimento del vagone con le gambe aperte, il prigioniero successivo doveva sedersi tra le gambe del prigioniero precedente e così via... finché il vagone non era pieno.

Era estremamente difficile muoversi e il viaggio era faticoso e umiliante.

I detenuti erano di tutte le età, dai giovani agli anziani di tutte le classi sociali.

I più giovani godevano di buona salute e resistevano al disagio, i vecchi non resistevano e sifacevano i loro bisogni adosso da seduti.

I criminali nazisti hanno fatto perdere loro la propria dignità.

Il trasporto andava a rilento perché aspettavamo alle stazioni per far passare i treni militari.

Ci siamo fermati a Oswiecim.

I vagoni sono stati sbloccati e svuotati dalle guardie che urlavano "raus!" (presto!).

Ci siamo resi conto che appartenevamo a due mondi diversi.

I primi: gli esseri umani - prigionieri, degradati, sfiniti, umiliati, privi di dignità. Erano pieni di odio verso il nemico per quello che stavano attraversando e per quello che sarebbe stato il loro destino.

Dall'altra parte c'erano gli ufficiali tedeschi, le guardie e i soldati delle SS, uomini superiori (ubermenchen), senza scrupoli.

I prigionieri sono stati ragruppati in piedi davanti ai vagoni dalle guardie di scorta che hanno viaggiato con loro da Czestochowa.

La gendarmeria con i cani ha circondato tutto il trasporto e le guardie SS hanno iniziato a colpire i prigionieri con dei bastoni.

I cani sono stati incoraggiati a morderli, sembravano anche loro esprimere superiorita e disprezzo.

In quel momento abbiamo capito di essere arrivati ​​nel luogo da cui non c'era via di ritorno, il luogo dove si alzavano verso il cielo 5 camini crematori che fumavano, bruciavano i cadaveri uccisi nelle camere gas.

La voce degli esseri umani si levava al cielo con una disperazione contro questi assassini disumani che non esitavano a uccidere bambini, donne e anziani di quasi tutta l'Europa.

Abbiamo visto tutto questo marciare attraverso il cancello con il cartello scritto sopra: ARBEIT MACHT FREI (IL LAVORO TI RENDE LIBERO).

Dietro il cancello abbiamo visto delle persone.

Non erano persone.

Che tipo di persone erano?

Indossavano abiti a righe con i segni di triangoli, numeri e stelle.

Triangoli di diversi colori e stelle a cinque punte dipinti con una vernice gialla sulla schiena dei prigionieri.

C'erano ebrei, temporaneamente sopravvissuti a causa dei crematori che non riuscivano a tenere il passo con bruciare tutte le persone gasate.

Intere famiglie di ebrei di tutti i paesi europei furono trasportate per essere uccise nelle camere gas e bruciate nei forni crematori.

Appoggiati ai muri di blocchi c'erano i "musulmani", i prigionieri che erano ridotti a scheletri, sfiniti e in attesa solo della morte e dei forni crematori.

Torno alla descrizione dal punto di vista del prigioniero in piedi accanto al cancello.

L'ufficiale tedesco con l'interprete annunciò: "calzolai, sarti, muratori, un passo avanti!" .

Poi il comandante del campo, Rudolf Hoss, ci ha fatto il discorso: "Il terzo Reich ha bisogno delle persone che lavorano. Le persone che si sono offerte volontarie lavoreranno per diventare libere. Per gli altri non c'è lavoro qui, c'è solo un modo per andarsene! - indicando i camini.-"Himmel commando!" (morire per raggiungere il cielo)."

Il campo di lavoro di Auschwitz, il campo di concentramento di Oswiecim è sorto nel 1940 utilizzando i vecchi edifici della caserma polacca.

Accanto al cancello principale c'era una lussuosa villa del capo ufficiale del campo, l'Obersturmbannfurher Rudolf Hoss che viveva lì con la sua famiglia.

Il cancello principale che era chiuso con una sbarra e con una guardia SS di turno.

Dietro la barriera sulla destra c'era un corpo di guardia principale e davanti il quartier generale.

Il campo era circondato da un muro di cemento alto 3 metri.

Al di sopra del muro sorgevano le torri di avvistamento su cui erano in servizio le SS con le mitragliatrici.

Le torri di guardia avevano potenti fari che erano in grado di illuminare tutto il campo.

Dietro il muro c'erano due file di pilastri con il filo spinato fissato tutt'intorno con una corrente elettrica ad alta tensione.

All'interno del campo c'era una diga di ghiaia e sabbia di 3 metri dove le guardie sparavano ai prigionieri che tentatavano il suicidio gettandosi contro filo spinato.

C'erano 28 blocchi a due piani.

Alcuni blocchi erano stati utilizzati per un grande ospedale, l'ufficio amministrativo, la cucina e il magazzino.

Gli altri blocchi erano destinati ai prigionieri.

La perdita dei prigionieri gasati era stata completata con i nuovi arrivi di trasporto.

Fuori dall'area del campo di Oswiecim c'era un sottocampo Brzezinka (Birkenau-Auschwitz II).

Il sottocampo Brzezinka era situato in un ruscello paludoso ed era distribuito in parte in una scuderia della cavalleria polacca e in parte in una caserma di nuova costruzione.

Questo enorme sottocampo di sterminio consisteva di 3 segmenti di edifici.

Il primo segmento era quello dei blocchi femminili che contenevano 30mila prigioniere.

Il secondo segmento conteneva 60mila prigionieri.

In questa parte c'erano le baracche per i prigionieri misti provenienti da tutta Europa e gli zingari con intere famiglie con i bambini.

In questo segmento c'era anche un settore dedicato alla quarantena.

Il terzo segmento era ancora in fase di costruzione.

Questo campo era circondato da un muro alto 3 metri con il filo spinato dell'elettricità ad alta tensione lungo le file di pilastri. C'erano anche torri con le guardie, reti metalliche e la fossa, che circondavano tutto il campo.

Dopo il discorso del comandante in capo Hoss fummo disposti in file di cinque e condotti alla caserma di quarantena del sottocampo Brzezinka.

Le condizioni in queste baracche erano insopportabili.

All'interno della caserma c'erano delle brande di legno a tre livelli e ogni ponte doveva contenere 6 persone.

Quando uno dei sei andava per i bisogni, gli altri 5 potevano girarsi sulla schiena.

Tornando dovette sdraiarsi sopra gli altri e loro dovettero voltarsi di nuovo per fargli posto.

Non c'era acqua potabile e c'erano dei fossi scavati con l'anello metallico posto sopra. Dovevamo sederci sopra per scaricarsi.

Fuggire dal campo era impossibile e il tentativo di fuga finiva sempre con la cattura del prigioniero, l'esecuzione immediata e il forno crematorio.

Il giorno del nostro arrivo siamo stati portati in caserma dove siamo stati tatuati. Sul braccio sinistro mi hanno tatuato il numero 109214.

Abbiamo dovuto toglierci i vestiti e siamo rimasti nudi.

Abbiamo dovuto mettere tutti i nostri vestiti dentro il sacco con lo stesso numero.

Siamo stati spinti nel bagno di vapore.

Ci hanno fatto sedere sulle scale che portavano dal pavimento fino al soffitto.

Le porte erano chiuse e dalla stufa usciva il vapore caldo in tutta la stanza. Era difficile respirare e i nostri corpi sudavano.

Dopo qualche minuto fummo tutti spinti sotto la doccia fredda del capanno.

Hanno vegliato su ogni persona per fare la doccia.

Inizialmente l'acqua che usciva dalla doccia era gelida, poi strofinando il corpo si aveva la sensazione di sentirsi calda.

Per le persone anziane è stato terribile, non volevano andare sotto la doccia e sono state colpite con i bastoni.

Alcuni di loro sono stati uccisi.

Dopo il bagno dovevamo fare la fila separatamente per la camicia, le mutande, la giacca, il berretto, il cappotto e gli zoccoli.

Nonostante il numero tatuato sul braccio sinistro abbiamo dovuto cucire sul lato sinistro della nostra giacca il proprio numero scritto sul pezzo di stoffa bianca con il segno del triangolo.

La mia ultima cifra del mio numero era pari.

Ricordo quello che mi disse il dottor Rachan nella prigione di Radomsko.

Ha detto: "ascolta, quando ti viene dato il numero nel campo di concentramento e l'ultima cifra sarà pari, sopravviverai".

Questa previsione mi ha dato qualche speranza di poter sopravvivere nel campo di concentramento.

La segnaletica dei prigionieri: il triangolo rosso - prigionieri politici, il triangolo verde sottosopra - criminali carcerari, il triangolo viola - testimone di Geova, il triangolo nero - il prigioniero in fuga dai lavori forzati, il triangolo rosa - prigionieri omosessuali: c'erano un numero molto piccolo.

Una stella a cinque punte dipinta sulla schiena del prigioniero era il signage degli ebrei in attesa dell'esecuzione rimandata a causa del trabocco nei forni crematori.

Eravamo raggruppati in blocchi.

Ogni prigioniero doveva ricordarsi di scrivere il proprio numero in tedesco.

Ho passato molto tempo con i miei colleghi (erano per lo più persone anziane), per ricordare e per pronunciare correttamente il mio numero in tedesco.

Ogni baracca (blocco) aveva il proprio block schreiber, il capo del blocco, i due inservienti e i barbieri.

Quando fummo tutti vestiti, il capo del blocco addestrò tutti i prigionieri assegnati a gruppi di cinque con l'ordine: Mutzen ab! - caps off!, Mutzen auf-caps on!

Quando il prigioniero non si è tolto il berretto, era in ritardo con l'esecuzione dell'ordine, veniva colpito con i bastone.

È successo che alcuni prigionieri sono stati uccisi, nel limite delle morti programmate.

Prima dell'assegnazione dei prigionieri al capo del blocco, tutti i prigionieri venivano rasati e ogni prigioniero aveva un rettangolo di 4 cm ben rasato dalla parte anteriore alla parte posteriore della testa.

Dopo questo trattamento non riuscivamo a riconoscere i nostri compagni e fummo costretti alla quarantena in questo terribile campo.

Il cibo nel campo era molto povero.

Al mattino circa una pinta di caffè di cicoria nera.

Il pranzo - un litro di zuppa di ortiche o rape.

Alla sera due etti di pane nero con un bastoncino di margarina o una fetta di salsiccia o un cucchiaio di marmelata o mezzo litro della zuppa rimasta dal pranzo..

In tutto ogni prigioniero riceveva giornalmente tra 1300 -1700 calorie, si calcolò che con questa razione di cibo egli avrebbe potuto vivere per circa 3 mesi.

Tutti i metodi per procurarsi il cibo, come il furto del cibo o lo scambio di cibo tra i prigionieri (il "mercato") e i pacchi che i prigionieri hanno ricevuto da casa, li aiutarono a sopravvivere.

Così si dispensava il pranzo: si formava la coda e il capo di blocco o "kapo" (capo del gruppo lavoro) per dispensare la zuppa.

La coda ondeggiava da una parte all'altra mentre tutti i prigionieri cercavano di vedere se la zuppa fosse densa.

I primi mestoli di zuppa erano solo acqua e i prigionieri scappavano in fondo alla fila per averla più densa dal fondo della pentola.

Questi prigionieri venivano colpiti alla testa con il mestolo e talvolta venivano uccisi (l'ordine secondo quale il kapo doveva eliminare una certa quantità di prigionieri).

Nonostante fossimo in quarantena abbiamo dovuto lavorare.

Com'era il lavoro?

Indossavamo la giacca al contrario; dietro davanti e davanti dietro; bisognava afferrare le due estremità del cappotto e ci avvicinavamo ai prigionieri con le pale che riempivano i nostri vestiti di terra con la quale dovevamo livellare il terreno del campo.

L'altro tipo di lavoro consisteva nello sbucciare le patate per la mensa delle guardie SS.

Questo era il lavoro che piaceva di più ai prigionieri perché si potevano nascondere le patate e scambiarle con altri prigionieri con tabacco o sigarette.

Quello che è successo al prigioniero che è stato catturato mentre rubava patate l'ho potuto sperimentare io stesso.

Non conoscevo un altro kapo né il prigioniero che era solito spiare (Haftling, il giovane prigioniero).

Avevo nascosto sotto la camicia diverse patate per poterle scambiare con del tabacco in bagno (e si poteva cambiare il tabacco con il pane o altre cose).

In bagno mi offrii di scambiare delle patate e il giovane prigioniero mi si avvicinò e mi diede del tabacco e delle cartine da sigarette.

Mi sono seduto di nuovo a pelare altre patate contento dopo una buona transazione.

Dopo un po' ho sentito kapo chiamare il mio numero.

Ho riferito al Kapo.

Ha detto che per aver rubato le patate sarei stato punito con 5 colpi con il bastone sul fondo della schiena.

Mi ha fatto sdraiare sulla bacinella delle patate e mi ha messo una patata in bocca in modo che non potessi urlare.

Mi ha colpito forte e il dolore è stato terribile, ma sono stato contento perché non ha confiscato il mio tabacco.

Potevo scambiarlo con del pane e questo mi ha dato un po' di forza.

Non posso tralasciare il fatto dell'eliminazione disumana e barbara dei prigionieri, come ho detto prima, cosiddetti musulmani, che sedevano sfiniti e affamati contro i muri delle baracche in attesa del loro destino.

I camion si sono avvicinati per portarli alle camere a gas.

I prigionieri sapevano qual era il loro destino e si sentivano le loro voci, grida e gemiti disumani, tutto ciò creava un'atmosfera di terrore inesprimibile.

La consapevolezza di essere alla fine della loro vita, la consapevolezza dell'ultimo addio con la famiglia ha intensificato i gemiti e il pianto.

Dio mi salvi dal rivedere queste scene!

Le guardie hanno costretto con violenza i prigionieri a salire sui camion mentre questi usavano le ultime forze per resistere.

Ho vissuto giorno per giorno vedendo situazioni simili.

Una notte mi sono svegliato e ho dovuto alzarmi ed uscire dalla baracca per liberarmi.

Mi accucciai sul bordo della trincea.

Ricordo che il sole stava per sorgere.

Fuori dal campo, nella radura vicino al bosco vidi i camion coperti dai teloni.

Vedevo chiaramente le guardie delle SS che scaricavano i camion.

Raccolsero le braccia e le gambe dei piccoli bambini nudi morti e li gettarono accatastati.

FINE DELLA PRIMA PARTE.

La seconda sarà pubblicata domani, 28 gennaio 2022.