Precariato e Neet in forte aumento, questa la fotografia dell`Italia `scattata` dall`Ocse
Gli ultimi dati emersi dal rapporto Ocse sull’occupazione relativo al 2012 sono davvero poco confortanti per il nostro Paese, i giovani nella fascia d’età 15-24 anni che lavorano in condizioni di precariato sono il 52,9%.
Il dato è in crescita esponenziale, se si considera che nel 2000 la percentuale si attestava al 26,2%, nel 2011 al 49,9% e nel 2012 al 42,3%.
Dal rapporto emerge altresì un’importante e purtroppo risaputa differenza di genere, la quota complessiva di chi ha un lavoro precario è del 13,8% ma la quota delle donne raggiunge il 48,4%.
Tra i giovani si sta sviluppando altresì un fenomeno molto preoccupante, si tratta dei lavoratori inoccupati, se nell’area Ocse questa percentuale è crescita di 4,3% nel periodo di osservazione che va dall’ultimo trimestre 2007 all’ ultimo trimestre del 2012, in Italia la situazione è allarmante, in quanto l’aumento è stato pari a 6,1%.
I dati sui Neet, acronimo di Not in Educational Employement or Training, erano già emersi dal recente rapporto Bes, il benessere quo e sostenibile in Italia, presentato a Marzo dall’Istat e dal Cnel alla Camera dei Deputati, dove emergeva chiaramente uno sviluppo rapido di questo fenomeno in Italia.
Chi sono i Neet? Sono giovani che hanno un’età compresa tra i quindici e i ventinove anni che scoraggiati dalla situazione economica e lavorativa dell’Italia, non studiano, non lavorano, non frequentano corsi di formazione e non sono alla ricerca di alcuna occupazione.
Sono giovani per lo più delusi e amareggiati che dopo aver cercato invano un lavoro hanno smesso di avere fiducia nel futuro e non sono nemmeno più alla ricerca di un’occupazione.
Nel 2009, anno in cui la crisi ha iniziato a essere maggiormente presente i Neet erano il 19,5% in questa fascia di età, appena due anni dopo, i dati si riferiscono infatti al 2011, sono aumentati fino ad arrivare al 22,7%.
Purtroppo il dato indica una situazione molto allarmante, molti sono i laureati che amareggiati dal fatto di non essere riusciti a trovare un impiego nonostante il titolo di studio e i numerosi cv inviati decidono di ritirarsi proprio dal mercato del lavoro, sull` 8,8% dei giovani laureati italiani ha preso il sopravvento il disagio psiologico di chi ha scoperto che tanti anni di sacrifici non sono serviti per trovare lavoro.
La cosa grave che emerge dallo studio Ocse è infatti che se negli altri Paesi molti giovani hanno risposto alle prospettive occupazionali scoraggianti ritardando l’ingresso nel mondo del lavoro ma continuando una formazione al fine di approfondire gli studi e rendersi, al termine della crisi, più appetibili sul mercato del lavoro, i giovani italiani rischiano invece, assumendo questo atteggiamento, di accrescere le conseguenze negative anche nel lungo termine.
Già perché così facendo «perdono competitività rispetto alle loro controparti in altri paesi che hanno sostituito all’esperienza di lavoro una buona istruzione e che usciranno verosimilmente dalla crisi meglio equipaggiati per fronteggiare le sfide tecnologiche del futuro».
L’ultima fotografia dell’Ocse sull’Italia è quella di un Paese intrappolato nella recessione che potrebbe vedere una leggera ripresa solo nel 2014.
Attendiamo quindi fiduciosi che cambi qualcosa nel 2014 e speriamo che i nostri giovani tornino almeno a studiare per rendersi competitivi nel mercato del lavoro, rimaniamo ancora dell’idea che una buona formazione prima o poi dovrebbe portare a delle soddisfazioni e premiare chi non si è arreso.
Erica Venditti