POLITICA STATUNITENSE: PESANO ECONOMIA E MERCATI

POLITICA STATUNITENSE: PESANO ECONOMIA E MERCATI
Enguerrand Artaz, Fund Manager di La Financière de l’Èchiquier

Milano, 11 novembre 2024.  a cura di Enguerrand Artaz, Fund Manager di La Financière de l’Èchiquier.

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Con un PIL in crescita del 2,5% circa nel 2024, un tasso di disoccupazione attestato al 4,1% soltanto, un'inflazione tornata sotto al 3%, mercati US che macinano un record dopo l’altro... il bilancio economico dell'amministrazione Biden sembrava deporre, a prima vista, a favore della candidata democratica alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti.

Eppure, sembra proprio che l'economia sia stata una delle principali artefici della sconfitta di Kamala Harris.

Più precisamente l'inflazione, o meglio, il livello dei prezzi.

Sebbene l'inflazione in senso stretto, vale a dire il ritmo degli aumenti dei prezzi al consumo, sia arretrata notevolmente negli ultimi mesi, i prezzi al consumo sono cresciuti di oltre il 20% in 4 anni.

Superano infatti del 15% circa il livello che avrebbero raggiunto se l'inflazione avesse mantenuto il suo trend pre-pandemia.

Questo dato di fatto, ricordato più e più volte nel campo di Trump durante la campagna elettorale per stigmatizzare i risultati ottenuti dai Democratici, pesa indubbiamente sul morale delle famiglie.

Nell'ultimo sondaggio sulla fiducia dei consumatori dell'Università del Michigan, il 40% degli intervistati - una delle percentuali più alte dalla fine degli anni Settanta - ha attribuito il deterioramento della propria situazione finanziaria al livello dei prezzi.

Così, mentre alcuni dirigenti democratici cercavano di assimilare le elezioni a un referendum su alcune questioni sociali, è proprio lo slogan coniato da James Carville, consigliere economico di Bill Clinton nel 1992, che ancora una volta si è concretizzato.

Il ruolo dell'economia nella politica va oltre.

Dopo aver in parte deciso le sorti delle elezioni, l'economia potrebbe pesare sui margini di manovra del nuovo inquilino della Casa Bianca.

Da un punto di vista strettamente politico, il 47° Presidente degli Stati Uniti avrà un ampio margine di manovra.

Con una valanga di voti popolari e la riconquista del Senato, è ora sulla buona strada per mantenere la maggioranza alla Camera dei Rappresentanti.

Donald Trump dovrebbe aggiudicarsi un grande slam, con conseguente forte legittimazione politica.

Inoltre, mentre la natura inaspettata della sua vittoria nel 2016 aveva permesso agli esponenti di spicco del Partito Repubblicano di conquistare una serie di posti chiave e di arginare in qualche misura le sue velleità più esuberanti, Trump è ora circondato da un consesso del tutto allineato sulle sue idee.

Per questo secondo mandato i baluardi politici sembrano essere quindi molto meno importanti.

Sono l'economia e, per estensione, i mercati finanziari che potrebbero dover fare da vedetta.

termini di crescita, mentre l'annunciata ulteriore riduzione dell'imposta sulle società avrà un impatto positivo, gli aumenti dei dazi doganali e, più marginalmente, le espulsioni in massa di lavoratori immigrati illegali saranno probabilmente accompagnati da effetti recessivi.

In un contesto di peggioramento del mercato del lavoro e del morale delle PMI, oltre che di prosciugamento delle riserve di consumo per la maggior parte delle famiglie - ad eccezione di quelle più abbienti - tali effetti secondari potrebbero limitare il sostegno a queste misure tra i Repubblicani.

In particolare, il drastico aumento del disavanzo che deriverebbe dalla piena applicazione del programma di Donald Trump potrebbe scontrarsi con la resistenza del mercato obbligazionario, alla stregua del fenomeno dei Bond Vigilantes [1] degli anni Novanta.

Tra la fine del 1993 e la fine del 1994, gli interventi di questi investitori obbligazionari che si opponevano a una politica fiscale troppo dispendiosa provocarono un’impennata del decennale statunitense dal 5,2% a oltre l'8%.

L'amministrazione Clinton fu quindi costretta ad adottare misure per ridurre il disavanzo.

Più recentemente, nel 2022, presentando il suo progetto di bilancio il governo britannico guidato da Liz Truss si è scontrato con la resistenza del mercato obbligazionario.

Il decennale britannico è balzato dal 3 al 4,5% in pochi giorni, provocando un intervento della Banca d'Inghilterra e la revoca del ministro delle Finanze.

Questo scenario non è da escludere negli Stati Uniti, dove i tassi d'interesse sono saliti bruscamente nelle ultime settimane, a causa in particolare dell'aumento del premio a termine, il rendimento aggiuntivo richiesto dagli investitori per detenere un'obbligazione a lungo termine.

E così, dopo aver ampiamente deciso il destino delle elezioni presidenziali, è probabile che l'economia e i mercati continuino a pesare sulla vita politica statunitense.

Potrebbero rappresentare il contropotere più efficace di fronte alla politica di Donald Trump, le cui conseguenze sono molto incerte.