Politica economica, vento di cambiamento

La spiegazione più diffusa per l’attuale atteggiamento dei mercati è che i dati macro non siano tali da indurre a preoccupazioni eccessive sullo stato della ripresa mondiale, ma sono seri abbastanza da lasciare spazio a ulteriori allentamenti della politica monetaria.

Oltre al cambio di atteggiamento della BoJ, anche la Bce ora sembra propensa a ulteriori stimoli, mentre la Fed e la nuova leadership della Banca d`Inghilterra non esiterebbero a fare di più se lo stato delle loro economie lo richiedesse. E questo comporta un ampio supporto di liquidità per i mercati globali.

Nella ricerca di spiegazioni alternative, ci sembra però opportuno non solo guardare al lato monetario dell`equazione politica, ma anche prendere in considerazione ciò che sta accadendo sul fronte fiscale. E` certamente troppo presto per parlare di cambiamenti strutturali da questo punto di vista, ma sembra che nelle ultime settimane abbia iniziato a soffiare un vento moderato di novità. Dato che negli ultimi anni la politica fiscale è stata uno dei venti contrari più significativi per la crescita globale, un cambiamento di atteggiamento potrebbe influire in misura sostanziale sulle aspettative circa la crescita futura.

Certo, si tratta delle prime fasi in cui si osserva questo fenomeno e in molti paesi sviluppati l’austerità è ancora predicata da molti leader politici. Allo stesso tempo, sostegno intellettuale, popolarità e attuazione effettiva sono tutti chiaramente in inversione di tendenza.

Più appariscente sono stati i rilevanti errori trovati nel lavoro di due economisti di tutto rispetto (Reinhart e Rogoff) che hanno fornito il supporto accademico intellettualmente più influente per un focus di breve termine sul debito e sulla riduzione del deficit. In questi ultimi anni, molti politici favorevoli all’austerità hanno citato il loro lavoro per giustificare le proprie posizioni. Con questo sostegno ormai quasi eliminato e la favola dell’austerità espansiva (sulla base di una fiducia magicamente migliorata) che è stata completamente smentita dai fatti concreti degli ultimi tre anni, la capacità degli ultimi fautori dell’austerità di `vendere` la propria storia al pubblico è stata gravemente compromessa.

Ovviamente i politici del sud Europa l’avevano già rilevato in modo molto chiaro e i recenti sviluppi in Spagna e in Italia suggeriscono che nel futuro questi paesi perseguiranno un programma di austerità meno rigoroso. La Spagna ha chiesto (e ottenuto!) dalla Troika una proroga di due anni sugli obiettivi di bilancio e il nuovo governo italiano ha già chiarito che non si può trascurare il messaggio più importante dall`ultima elezione (Austerità: NO!) e che andrà quindi a cercare un approccio più equilibrato su riforme strutturali e consolidamento fiscale. Sopratutto, sembra che anche la Commissione europea sta cominciando a svegliarsi, e sia il presidente Barroso sia il commissario per gli Affari economici e monetari, Olli Rehn, hanno rilasciato dichiarazioni pubbliche dove indicavano un ammorbidimento nelle posizioni.

Nel frattempo, è importante notare che anche senza ulteriori modifiche alla politica fiscale abbiamo chiaramente superato il picco di restrizioni. In Europa tale limite era stato raggiunto nel 2012 e pur essendo un ostacolo alla crescita nel 2013, la politica fiscale tornerà grosso modo neutrale l`anno prossimo. Negli Stati Uniti il picco è di questi giorni, con l`aumento delle tasse sui salari, e questo prelievo si traduce in un forte vento contrario per il primo semestre 2013, seppur gradualmente moderato nei trimestri successivi, in termini di impatto sulla crescita. Allo stesso tempo, però, il Giappone sta cambiando marcia con la politica fiscale della Abenomics che comincerà a impattare positivamente dal secondo trimestre 2013.

Tutto sommato potrebbe anche essere che una più costruttiva visione dell`impatto della politica fiscale sulla crescita economica nel prossimo anno o due stia cominciando ad avere rilevanza nell’atteggiamento degli investitori. Soprattutto se si aggiunge il recente calo dei prezzi del petrolio, che per le famiglie ha un impatto paragonabile a un taglio delle tasse, si può capire perché i mercati non vogliano più a considerare i dati deboli sul passato, ma siano invece disposti ad avere un approccio più ciclico.

I bassi tassi di interesse, l’ampia liquidità e limitati tail risk giustificano prude flussi prudenti verso i mercati e porteranno gradualmente gli investitori a prendere maggiori rischi. Questo è ciò che sta sostanzialmente accadendo a partire dall`estate scorsa. In un simile contesto è difficile definire quale impatto avranno le diverse politiche sull`economia reale, dato che la componente fiscale è soggetta a vincoli. E in effetti questo è ciò che l`evidenza ha dimostrato, dato che, per essere in una fase di ripresa, la crescita globale è rimasta notevolmente modesta.
 
Se la componente fiscale ha finalmente iniziato a muoversi nella direzione della `crescita`, allora questo potrebbe cambiare radicalmente le cose. Se percepito come abbastanza credibile e consistente, potrebbe probabilmente portare a un trasferimento di liquidità sui mercati e trasformarsi in uno spostamento sulla curva di rischio, con il passaggio da investimenti difensivi a quelli a maggior crescita. Sia l’atteggiamento dei mercati (i bond continuano ad andare bene) sia l`incertezza che ancora circonda la futura politica fiscale, suggeriscono che una vera e propria rotazione dalle obbligazioni alle attività rischiose e dagli investimenti income (credito, immobiliare, dividendi) a quelli growth (azioni ad alto beta, mercati emergenti, materie prime), non sia ancora in corso.
 
Eppure il terreno è stato seminato e, così come alcuni fragili germogli emerge stanno spuntando nell’equazione politica, anche gli investitori hanno bisogno di aprirsi alla possibilità che un vento di cambiamento soffierà sull`economia globale, portandoci verso un’economia più sana e mercati più orientati regime alle dinamiche growth. Questo ci porta a essere sbilanciati verso asset rischiosi (azioni e immobili) e verso la ricerca di un incremento del rischio, una volta che avremo maggiori conferme sulla direzione della politica e che gli spostamenti nell’atteggiamento degli investitori saranno visibili.

A cura di Ing Investment Management

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