PENSIERO UNICO E FABBRICA DEL CONSENSO

PENSIERO UNICO E FABBRICA DEL CONSENSO

Unica edizione, uscita solo in italiano, del saggio nato come dissertazione dottorale alla New York University e ampliato successivamente

La descrizione dell'editore:

La stampa, la radio, il cinema furono gli strumenti principali attraverso cui il regime fascista tentò di organizzare, ispirare e controllare la vita e le opinioni degli italiani. 
Cannistraro ne prende in esame le strutture organizzative, le parole d'ordine, le iniziative propagandistiche, le realizzazioni e i programmi, dagli anni '20 al '44, dalla presa del potere fino alla repubblica di Salò. Nell'ampia appendice i documenti più imprevedibili eppure significativi dell'intervento dei politici nell'organizzazione del consenso.

Da New York, il 3 giugno del  2005,  Adnkronos annunciò la morte precoce, a soli 63 anni di Cannistraro:

Lo storico americano Philip V. Cannistraro, massima autorita' nel mondo accademico statunitense riguardo agli studi sul fascismo, e' morto a New York, dopo una lunga malattia, all'eta' di 63 anni. Professore di studi italiani al Queens College e alla City University di New York, Cannistraro giunse in Italia alla fine degli anni Sessanta per incontrare lo storico Renzo De Felice, che gia' da tempo si occupava di ampi studi sul regime di Benito Mussolini e che stava pubblicando presso Einaudi la monumentale biografia del dittatore fascista.

Grazie alle indicazioni e ai suggerimenti di De Felice, Philip Cannistraro dette alle stampe il volume ''La fabbrica del consenso. Fascismo e mass media'', tradotto nel 1975 da Laterza, con prefazione dello stesso storico italiano.

L'altro, nel 2014,  La Fabbrica del consenso, di Noam Chomsky e Edward S. Herman, edito da Il Saggiatore.
La descrizione dell'editore:

In un paese democratico l'indipendenza e la libertà di espressione dovrebbero essere le qualità portanti dei giornali e di tutti i media. La realtà è però un'altra: sono le forza politiche ed economiche a decidere quali notizie dovranno raggiungere il pubblico, e in che modo. Noam Chomsky e Edward S. Herman svelano come, grazie alla manipolazione delle notizie, l'opinione pubblica viene spinta a sostenere determinati interessi e punti di vista. "La fabbrica del consenso" offre un'analisi precisa su quanto siano veramente strumentalizzati i media e fornisce la chiave per interpretarne i messaggi.

Chomsky, nato a Filadelfia nel 1928, è un linguista, scienziato, filosofo e teorico della comunicazione statunitense.

Riconosciuto come il fondadore della grammatica generativo-trasformazionale. Chomsky, in polemica con gli assunti dell’empirismo e del comportamentismo, si è richiamato al programma razionalistico di una grammatica universale, e ha posto l’accento sul problema della «competenza» linguistica, cioè del meccanismo che ci permette di produrre e di riconoscere nuove frasi corrette in una lingua. Ha influenzato anche gli studi di psicologia, logica e matematica.

Chomsky ha affiancato gli studi linguistici a un forte impegno sociale, ponendosi come uno dei più rappresentativi intellettuali, pensatori e attivisti della sinistra radicale americana.

Per quanto concerne infine il "potere" dei mass media, considerati "macchine da indottrinamento", Chomsky critico radicale della società capitalistica, sottolinea che l’immagine del mondo da essi trasmessa riflette gli interessi delle grandi aziende cui fanno capo.

Il coautore, Edward Samuel Herman, nato il 7 aprile 1925 e morto l' 11 novembre 2017 è stato un economista, studioso dei media e critico verso la società americana.

E' stato  Professore Emerito di Finanza presso la Wharton School of Business in Pennsylvania, analista dei media, specializzato in questioni societarie, normative e in economia politica.

Nel suo ricordo, è rimasto come democratico radicale devoto.

Si opponeva al controllo corporativo a favore della democrazia diretta e prendeva le distanze da altri movimenti radicali.

Oltre i due saggi, la giornalista Mariangela Mianiti che  il 29 dicembre del 2021, su IL Manifesto, aveva scritto un pezzo interessante che trattava proprio del "pensiero unico" con riferimenti chiari anche ai social.

Tra l'altro, osservava:

L’ironia è una forma di intelligenza. Comprendere la complessità è un esercizio di cultura che richiede curiosità, analisi, ricerca, studio, esperienza.

Finora solo il cervello umano è in grado di muoversi nei rizomi del senso e del controsenso, nelle sfumature dei toni e delle parole, nelle allusioni del non detto. Gli algoritmi invece vanno giù con l’accetta, parcellizzano, si muovono su parole o immagini isolate, questo sì questo no, catalogano, schematizzano.

Insomma, sono più stupidi di noi perché prendono tutto alla lettera. Il problema è che ci governano sempre di più, ci profilano, ci incasellano, vorrebbero orientare le nostre scelte, decidere che cosa fa o non fa per noi, che cosa dovremmo vedere e ascoltare, indossare, acquistare, per che cosa dovremmo indignarci. Esercitano una forma di dittatura del gusto e del pensiero sottile, pervasiva, strisciante.

Concludendo, si può dire che la verità è più difficile da trovare mentre la vivi e nella mente si affollano moti dubbi.