OGNI POPOLO HA IL DIRITTO DI SCEGLIERE DA CHI FARSI GOVERNARE. NON "SEPARATISTI" MA "POPOLI SOVRANI."
Giannina Puddu, 24 maggio 2024.
Pare sia giunta l'ora di riscrivere la concezione di "separatisti" per disegnare una nuova storia, proprio nel momento del "globalismo" in cui si assiste al tentativo, destinato a fallire, di inglobare tutti in un unico contenitore politico, sanitario, culturale, economico e finanziario, azzerando il valore dell'identità dei popoli ed esasperando l'opposta propensione alla concentrazione dei poteri in un solo potere centrale, globale.
La definizione neutra che ne dà Wikipedia potrebbe essere una buona base di partenza: separatismo è un'ideologia e/o una pratica politica che propugna la separazione, il distacco, da un raggruppamento sociale cui si appartiene.
Tale "appartenenza", quasi sempre, è stata imposta più che scelta liberamente.
La questione di Taiwan rispetto alla Cina, è un caso concreto di ispirazione per la scrittura di una nuova elaborazione concettuale del termine "separatismo".
Wang Wenbin, ha parlato a nome del ministero degli esteri cinese per confermare che, dal punto di vista del governo cinese, “l'indipendenza di Taiwan è un vicolo cieco”.
Il messaggio minaccioso è la reazione della Repubblica Popolare Cinese alle parole del nuovo presidente di Taiwan, Lai Ching-te che si è insediato il 20 maggio promettendo ai taiwanesi la sua ferma intenzione di difendere la democrazia dalle minacce cinesi.
Lai ha anche invitato, in modo urgente, la Cina a cessare le “intimidazioni politiche e militari” contro Taiwan.
Wenbin ha, inoltre, infierito asserendo che “Chiunque sia al potere a Taiwan, resta il fatto che l'isola è parte integrante della Cina”.
Questo atteggiamento della Repubblica Popolare Cinese è direttamente contrario alla volontà del Popolo di Taiwan che deve godere, come ogni Popolo, del diritto di scegliere a chi "appartenere", appartenendo, innanzitutto, a sè stesso e, dunque, libero di nominare i suoi rappresentanti politici, affermando la sua piena "sovranità".
La prepotenza della sedicente "Repubblica Popolare" ne svela la natura dittatoriale in senso assoluto.
La "Dittatura democratica del Popolo" si esprime con la libertà del Popolo che non può essere piegata con atti di forza e di prepotenza.
Nella posizione cinese verso Taiwan si è persa l'essenza del pensiero politico di Mao Zedong sulla dittatura democratica del popolo.
Nell'arroganza cinese verso Taiwan, manca, completamente, il rispetto della "democrazia" e del "Popolo" e, manca, dunque, la "Dittatura Democratica del Popolo" conservando solo la pura "Dittatura".
Potendosi mettere in discussione lo stesso concetto di "dittatura" a prescindere dalla sua tipologia, nel momento in cui le si affianchi il concetto di "democrazia" di appartenenza popolare questa deve essere rigettata allorquando la declinazione pratica della sua aggettivazione risulti, come nel caso, completamente persa.
Se il Popolo di Taiwan insiste per affrancarsi dal dominio cinese è perché non gradisce la condizione di sudditanza da Pechino che, evidentemente, adotta pratiche di gestione e di controllo politico e sociale che non si adattano alla natura del popolo taiwanese.
Con l'elezione di Lai Ching-te, per il Partito Democratico Progressista di Taiwan è la terza vittoria consecutiva della quale Pechino dovrebbe prendere atto smettendo di pretendere che esista una sola Cina che inglobi Taiwan che non se ne sente parte.
Il Potere deve essere riconosciuto e non imposto con la forza.
Quando si ricorre alla forza è lo stesso Potere a riconoscere la sua debolezza che, prima o poi, è destinata a generare deflagrazioni.
Bene ha fatto Lai a ribadire che Taiwan sia già una Nazione Sovrana pur non alzando il tono con la pretesa indipendentista rispetto alla Cina.
Anacronistica e fuori luogo, nel 2024, la reazione rabbiosa cinese che si sta esprimendo con un nuovo ed imponente accerchiamento militare dei confini di Taiwan con l'EPL (ESERCITO POPOLARE DI LIBERAZIONE...) che ha schierato 15 navi da guerra e 42 aerei da combattimento.
Così come è corretta l'osservazione di chi punta il dito contro l'ipocrisia americana che, mentre riconosce le ragioni dei "separatisti" di Taiwan, nega le ragioni dei "separatisti" di Donetsk e di Luhansk.
Lo stesso termine "separatista", storicamente caricato di accezione negativa ha finito il suo tempo.
Le esercitazioni militari cinesi intorno a Taiwan “United Sword 2024A”, con "A" che annuncia "B" e forse anche "C", in reazione al discorso di Lai sono state presentate da Wenbin come “un serio avvertimento” rivolto ai “separatisti” che “finiranno nel sangue”.
La "presa del Potere" di Pechino, con la forza militare e nel sangue si commenta da sè...
Il governo della sterminata Repubblica Popolare Cinese teme che Taiwan possa rappresentare un pericoloso precedente che potrebbe essere emulato in altre regioni.
Il massacro di piazza Tienanmen del 4 giugno 1989 è negato dalle autorità cinesi che ne vietano l'anniversario.
Ma, il ricordo è ancora vivo tra la popolazione, nonostante il rischio del carcere sempre in agguato.
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