NUOVE ACCUSE AD OROLOGERIA PER DONALD TRUMP, FAVORITO ALLE PRESIDENZIALI 2024
Redazione, 2 agosto 2023.
Donald Trump, favorito repubblicano per le presidenziali 2024, deve incassare la nuova accusa che il grand giurì ha appena consegnato al giudice.
Il fatto indagato è quello dell'assalto al Congresso e le accuse formulate sono state secretate su richiesta del Dipartimento di Giustizia.
Inizierà il processo per accertare i fatti e verificare la solidità delle accuse, ci vorrà del tempo e nel frattempo, Trump potrebbe essere rieletto alla presidenza USA.
Robert Ray, uno degli avvocati difensori di Trump, ha dichiarato alla CNN che nel caso di rielezione alla presidenza, Trump "controllerebbe il Dipartimento di Giustizia" e che, dunque, potrebbe, semplicemente, archiviare il caso.
Nel 2023, questa è la terza accusa penale lanciata contro Trump.
Circola la domanda: potrebbe entrare nuovamente nello Studio Ovale se condannato per i presunti crimini?
Ha risposto uno dei più autorevoli esperti di Diritto Elettorale in America, Richard L. Hasen, professore di diritto dell'Università della California, Los Angeles:
La Costituzione ha pochissimi requisiti per ricoprire la carica di Presidente, come avere almeno 35 anni di età.
Non impedisce a nessuno incriminato, o condannato, o che sia addirittura già in carcere, di candidarsi come presidente e vincere la presidenza.
Secondo il prof. Hasen, in caso di rielezione, Trump potrebbe anche concedersi la grazia a fronte di una condanna.
Tuttavia, sarebbe la prima volta e non è certo che possa accadere e, ha osservato che, La Corte Suprema potrebbe dover intervenire.
Riporta l'ANSA: "Ho sentito che il pazzo Jack Smith, per interferire nelle elezioni, emetterà un'altra falsa incriminazione nei miei confronti" a breve. Lo afferma l'ex presidente su Truth prevedendo che sarà incriminato per l'assalto al Congresso del 6 gennaio oggi, intorno alle 17 locali, ore 23 italiane. "Vogliono un'altra falsa incriminazione contro di me il giorno dopo che lo scandalo di Joe Biden, uno dei maggiori della storia americana, è esploso in Congresso. Un Paese in declino". Lo afferma Donald Trump sul suo social Truth riferendosi alla testimonianza di un ex socio di Hunter Biden, il figlio del presidente, alla Camera.
In effetti, il 31 luglio, solo due giorni fa, il Comitato di supervisione della Camera guidato dai repubblicani ha interrogato per più di cinque ore, l'ex socio di Hunter Biden (figlio di Joe...) Devon Archer.
La raccolta di questa testimonianza appartiene all'inchiesta congressuale pretesa dai repubblicani sulle attività della famiglia Biden.
Nello stesso momento, il GOP (Il Partito Repubblicano, noto negli Stati Uniti come «Grand Old Party») sta approfondendo l'ipotesi, mai archiviata, di impeachment del presidente.
Andy Biggs, un membro repubblicano del Comitato di supervisione, poco dopo l'interrogatorio, ha riferito alla stampa che Archer ha dichiarato che, senza le influenze di Biden, la società del gas Burisma, avrebbe chiuso i battenti.
Nessuno o quasi avrebbe sfidato la società protetta con il marchio Biden.
Su questa base, il rappresentante James Comer, presidente del GOP del Comitato di supervisione, ha dichiarato lunedì scorso che "Joe Biden era 'il marchio' che suo figlio ha venduto in tutto il mondo per arricchire la famiglia Biden".
Pare che Archer abbia anche affermato di aver svolto "un ruolo significativo negli affari della famiglia Biden all'estero, inclusi ma non limitati a Cina, Russia e Ucraina".
Ha detto che la testimonianza di Archer sarebbe stata fondamentale per le indagini della commissione.
Molta attenzione è stata dedicata anche alla presunta "soffiata" all'FBI emersa già nel 2019, che accusava di corruzione Joe Biden al tempo della sua vice-presidenza, per avere esercitato pressioni sull'Ucraina affinché licenziasse il suo principale procuratore (effettivamente licenziato...) che stava indagando su Burisma, la compagnia petrolifera e del gas e per la quale Hunter Biden era membro del consiglio di amministrazione.
I democratici del comitato, hanno reagito per bocca del deputato del Maryland Jamie Raskin.
Raskin ha ribadito che il Dipartimento di Giustizia aveva già indagato sull'ipotesi di corruzione legata a Burisma durante la presidenza di Trump e che avesse chiuso la questione per "prove insufficienti".
I democratici hanno anche ricordato l'intervista a Mykola Zlochevsky, co-fondatore di Burisma, che aveva negato di avere contatti con Joe Biden mentre Hunter Biden lavorava per l'azienda.
Certo che è improbabile che un corruttore si palesi per far incriminare chi ha corrotto...
Questo è il "clima" che prepara le presidenziali USA...