Music business - Il rilancio di Sony si chiama Emi

Un tempo c’era la Emi, la più antica, storica, celebre delle case discografiche europee, colosso britannico per il quale hanno realizzato i loro capolavori artisti del calibro dei Beatles e dei Pink Floyd.

Oggi, nel pieno di una crisi del mondo discografico che sembra non avere fine, la Emi è in vendita, in due tronconi separati, quello discografico e quello delle edizioni musicali. La notizia del giorno è che un consorzio guidato da Sony/Atv (la branch editoriale della Sony Music) è intenzionata ad acquistare per 2,2 miliardi di dollari le edizioni della Emi e l’acquisto è stato, pochi giorni fa, autorizzato dall’antitrust dell’Unione Europea. È il primo grande colpo portato dal nuovo management del megagruppo Sony in crisi profonda di profitti e quote di mercato.
Le due società, appunto il consorzio guidato da Sony ed Emi, anche se saranno sotto il controllo di un`unica centrale, continueranno a operare sul mercato come entità separate, ma il loro congiunto giro d`affari, attualmente stimato in circa 1,3 miliardi di dollari, supererà quello del diretto concorrente, Universal Music Publishing, che conta circa 900 milioni di dollari. Sony/Atv, amministrando la Emi, incasserà il 15 per cento dei suoi ricavi netti. Il consorzio è dunque guidato da Sony, che partecipa con un capitale di 325 milioni di dollari, e vede la partecipazione di David Geffen che ha messo nell’impresa 100 milioni di dollari. Al consorzio si sono uniti anche altri investitori con quote minori come il fondo di Abu Dhabi Mubadala, la Gso e la banca svizzera Ubs.
Il via libera dell’Antitrust è arrivato velocemente perché Sony/Atv (che detiene tra gli altri i diritti dei Beatles e di Michael Jackson) ha promesso la liquidazione di asset editoriali per un valore di 20 milioni di dollari in termini di royalty, cedendo i cataloghi di Virgin Music Publishing UK, Virgin Europe, Virgin Us e Famous Music UK, e i repertori di artisti di grandissimo successo come Gary Barlow, Ozzy Osbourne, Robbie Williams, Ben Harper, Lenny Kravitz, Placebo e Kooks.
Le cessioni sono state ritenute essenziali dalla Commissione Europea che ha tenuto a sottolineare che senza di esse `l`entità risultante dalla fusione avrebbe posseduto in tutto o in parte i diritti editoriali di oltre la metà dei successi da classifica nel Regno Unito e in Irlanda. Tale potere di mercato avrebbe probabilmente intaccato la possibilità dei suoi clienti di licenziare musica non solo in quei Paesi ma anche a livello multiterritoriale e paneuropeo`. Il principale problema era infatti che il consorzio guidato da Sony e Atv avrebbe avuto, assieme alle edizioni Emi, non solo la posizione di più importante editore musicale del mondo, ma anche il controllo dei diritti di edizione di più della metà dei brani che occupano le classifiche musicali inglesi e irlandesi. L’Antitrust ha proposto alla Sony di cedere quindi i diritti della Virgin e della Famous, oltre ai repertori di dodici artisti contemporanei di rilievo. Le cessioni rappresentano più del due per cento delle entrate della nuova entità, cifra che secondo i rappresentanti della Warner e delle etichette indipendenti, che hanno espresso in tutti i modi nei mesi scorsi la loro contrarietà all’operazione, è decisamente al di sotto di quanto sarebbe necessario per garantire il buon funzionamento del mercato.
Joaquin Almunia, il commissario europeo alla concorrenza, ha sottolineato che il consorzio capitanato da Sony/ATV `ha offerto la cessione di cataloghi attrattivi e di valore, che contengono titoli di successo e lavori di artisti promettenti. Sono quindi soddisfatto che le dinamiche competitive del business delle edizioni musicali saranno mantenute e verranno assicurate la libertà di scelta dei consumatori così come la diversità culturale`. Di parere completamente opposto è Helen Smith, presidente dell’associazione europea delle etichette indipendenti, Impala: `Questo accordo suona come il peggiore risultato possibile per gli autori e gli editori europei, così come per chiunque abbia necessità di avere accesso in maniera equa alla musica`. Michael Lambot di Pias Entertainment Group e copresidente di Impala, sostiene infatti che il vero pericolo sia infatti proprio per la crescita del mercato online: `Da oggi`, ha dichiarato, `ogni sviluppatore web dovrà ottenere un’autorizzazione da Sony/Emi per poter mettere musica sulla propria piattaforma. Quanti di loro avranno una risposta positiva?`.
Impala e gli altri editori europei erano convinti che la Commissione Europea avrebbe mantenuto la linea che già ebbe nel 2006, quando per autorizzare l’acquisto delle edizioni della Bmg da parte della Universal, costrinse quest’ultima a condizioni ben più dure, a cedere le società di edizioni Rondor, Bbc Music, 19 Music e Zomba, e a rinunciare ai diritti di molti artisti come Justin Timberlake, Kaiser Chiefs e R. Kelly. A differenza di quella occasione la Commissione questa volta non ha tenuto conto della forza di Sony nel mercato discografico, proprio perché quest’ultima ha assicurato di lasciare separate le operazioni di Emi da quelle di Sony e perché la realtà del mercato musicale dal 2006 ad oggi è molto cambiata, soprattutto per l’arrivo in scena di molti altri `competitor` digitali, primo fra tutti la Apple. La decisione europea conterà molto nelle simili decisioni che dovranno prendere, per approvare l’accordo negli Usa, in Australia e in Brasile.
Di certo questo via libera rende più piccolo il mercato dei diritti musicali, mercato che è in grande espansione negli ultimi anni, dovuta alla crescita del mercato on line ma anche di quello televisivo e radiofonico, concentrando il potere nelle mani di due grandi società, Sony/Atv e Universal, che controlleranno la maggioranza delle edizioni musicali nel mondo.
L’Antitrust non ha ancora invece dato il via libera all’altra metà della vendita di Emi, quella della parte discografica, che dovrebbe essere acquistata dalla Universal Music, braccio discografico e digitale della francese Vivendi. La Commissione ha tempo fino a settembre per esplorare ogni possibile problema per la concorrenza per autorizzare l’affare da 1 miliardo e 900 milioni di dollari che porterebbe la Universal ad avere una posizione di assoluto rilievo nel mercato musicale, sia fisico che online.

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