Mps, il banchiere di Vanuatu svela i conti della banda del 5%
Mps, il banchiere di Vanuatu svela i conti della banda del 5%
Sull’isola di Vanuatu, paradiso fiscale nell’Oceano Pacifico, ha sede la United international bank (Uib), piccolo istituto monosportello che offre «sicurezza e riservatezza» a poche centinaia di clienti selezionati, «il 90% dei quali italiani » come specificato in un annuncio di ricerca di una segretaria. Ora la banca offshore è finita al centro dell’inchiesta Mps. E un supertestimone ne sta svelando i segreti: è Andrea Pavoncelli, direttore generale di Uib, che ha cominciato a collaborare con gli inquirenti.
È in questa banca che i pm Aldo Natalini, Antonino Nastasi e Giuseppe Grosso e il nucleo valutario della Guardia di Finanza hanno rintracciato un passaggio degli 1,4 milioni di euro di Alessandro Toccafondi, l’ex manager del Montepaschi vice di Gianluca Baldassarri (già capo dell’area finanza di Mps) considerato il capo della presunta «banda del 5%», cioè di quel gruppo di manager che avrebbe preso tangenti dalle operazioni finanziarie realizzate per Mps. A fine 2009 quegli 1,4 milioni sono stati scudati da Toccafondi attraverso la Smi di San Marino e la sua controllata italiana, la fiduciaria romana Amphora. La Smi è una società finanziaria, da un anno in liquidazione coatta amministrativa, controllata dal conte Enrico Maria Pasquini, già ambasciatore di San Marino in Spagna e presidente della Ferrotramferroviaria (le ferrovie di Bari).
Ai magistrati di San Marino che lo indagano per riciclaggio, Toccafondi ha dichiarato che i soldi sono arrivati sui conti di Vanuatu «direttamente da parte di clienti che hanno beneficiato della mia attività di consulenza finanziaria», e che fu Pavoncelli a suggerirgli di gestire il conto a Vanuatu attraverso un mandato fiduciario alla Smi. I pm senesi sospettano invece che si tratti delle «creste» sulle operazioni finanziarie di Mps, realizzate talvolta anche se del tutto squilibrate ai danni della banca.
I pm di Siena, che per la prima volta con una rogatoria a inizio maggio hanno fisicamente varcato i confini della Repubblica del Titano, hanno ascoltato tra le varie persone informate sui fatti sia il conte Pasquini (indagato a San Marino per violazione delle norme bancarie e a Roma per un’inchiesta sulla Smi) sia Pavoncelli. Ma la caccia ai soldi avrebbe potuto arrestarsi ai conti di Vanuatu se Pavoncelli non avesse deciso di rispondere ai pm italiani. Il banchiere della Uib avrebbe chiarito diversi aspetti della gestione dell’istituto offshore, a cominciare d a l l a sua «sovrapponibilità» con la Smi. In entrambi i consigli di amministrazione sedevano sia il Pasquini sia Pavoncelli (che peraltro è cognato del conte). Inoltre Pasquini sarebbe stato socio indiretto della Uib attraverso la Intersmi di Madeira fino al 2010, quando cedette le quote a Pavoncelli.
Ma il banchiere ha anche messo a disposizione dei pm senesi diversi documenti della banca che non si sarebbero altrimenti potuti ottenere se non dopo una rogatoria internazionale a Vanuatu. E dalle prime carte è emerso che anche altri presunti membri della «banda del 5 per cento», come Antonio Pantalena (ex funzionario Mps) e David Ionni, broker della società di intermediazione Enigma, avevano conti alla Uib. Come emerso ieri all’udienza del Riesame di Siena sul dissequestro dei 908 mila euro di Pantalena congelati lo scorso marzo, dalle carte di Pavoncelli risulta che i conti di Pantalena e Ionni alla Uib siano stati alimentati da una stessa società offshore, che per i pm potrebbe dunque essere una centrale (o una delle centrali) che veicolava le «stecche» per l’intera «banda del 5 per cento». San Marino e Vanuatu non sarebbero comunque gli unici Paesi-scudo. Il presunto capo della «banda», Baldassarri, in carcere a Siena, è ricorso alla più tradizionale Svizzera, dove avrebbe ancora circa 14 milioni di euro.
Articolo di Fabrizio Massaro, tratto da Il Corriere della Sera
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