Movi€conomy - Wall Street (1987) di O. Stone
Inauguriamo oggi la nuova rubrica Movi€conomy, dedicata a quei film che parlano in qualche modo di argomenti finanziari. Ovviamente non potevamo che cominciare da un classico! “L`avidità, non trovo una parola migliore, è valida, l`avidità è giusta, l`avidità funziona, l`avidità chiarifica, penetra e cattura l`essenza dello spirito evolutivo. L`avidità in tutte le sue forme: l`avidità di vita, di amore, di sapere, di denaro, ha improntato lo slancio in avanti di tutta l`umanità. E l`avidità, ascoltatemi bene, non salverà solamente la Teldar Carta, ma anche l`altra disfunzionante società che ha nome America.”
Questo il credo di Michael Douglas/Gordon Gekko, personaggio ormai divenuto di culto elevato a simbolo mefistofelico dello yuppismo imperante durante l’era Reagan, che vedeva nell’accumulo di denaro a qualsiasi costo il fine ultimo per raggiungere la felicità e l’appagamento personale, non importa a quale prezzo o con quali mezzi, leciti o illeciti.
Gekko è considerato un predatore a Wall Street. Passa le sue giornate dentro un ufficio all’ultimo piano di un grattacielo controllando freneticamente gli andamenti dei titoli e abbaiando ordini di acquisto e vendita all’interfono. Nella vita privata ha tutto quello che si può desiderare, case, piscina, limousine, oggetti d’arte, ma non gli basta. Vuole vincere, sempre. Come ogni giocatore d’azzardo, non è tanto interessato al fare soldi, quanto al sapore dell’azione. I soldi sono solo un mezzo per dare il là ad una nuova mossa.
A fargli da contraltare Bud Fox, interpretato da Charlie Sheen, un giovane broker per una società di seconda fascia, che prova ad emergere in un mondo di squali e sogna di essere un giorno “dall’altra parte”, ovvero dove si conta per davvero. Gekko ai suoi occhi appare come un eroe, quindi una volta riuscito ad entrare nelle sue grazie non esita un istante ad assecondare ogni sua richiesta pur di non perdere questo privilegio. In questo modo inizia però una discesa agli inferi in cui si troverà si a vivere all’interno di quel mondo da sempre desiderato, ma nel quale sarà costretto a mettere da parte ogni scrupolo morale a cui si era attenuto fino a quel punto.
Il film ha una trama piuttosto classica: c’è il giovanotto “affamato” di successo impressionato dalle conquiste e dal carisma di un uomo più anziano, che viene prima sedotto, poi tradito e infine cerca di ribaltare la situazione quando capisce di aver sbagliato tutto. Il vero punto di forza della pellicola sono però le intepretazioni dei due protagonisti. Se da un lato abbiamo un Michael Douglas strepitoso nel disegnare un personaggio freddo e spietato come pochi, dall`altra abbiamo un Charlie Sheen che si trasforma nel corso della pellicola, passando da `bambino` pieno di speranze alla disillusione totale. Il successo più grande raggiunto di Oliver Stone resta comunque quello di aver reso i vari intrallazzi e gli affari finanziari – sebbene complessi – sempre convincenti, sensati e comprensibili per chiunque, grazie all’utilizzo del filtro morale.
Wall Street è una radicale critica alla mentalità del trading capitalistico e ovviamente giunge nelle sale in un momento in cui la comunità finanziaria è molto vulnerabile (siamo nel 1987). Nel film i piccoli risparmiatori fanno la figura degli idioti, mentre i grandi market killings sono fatti da uomini come Gekko, che arrivano all’improvviso e fanno saltare intere compagnie sotto il naso degli ignari e impotenti investitori. Ciò che i tipi come Gekko fanno è chiaramente immorale – oltre che illegale – ma viene giustificato da frasi del tipo “Tanto nessuno si farà male” o “Lo fanno tutti” o ancora “C’è qualcosa da guadagnare per tutti in questo affare”.
Quello che intriga davvero è che il vero obiettivo alla fine non sono tanto i criminali che infrangono la legge, quanto il sistema di valori che pone profitti e affari al di sopra di ogni altra cosa. E’ un attacco tanto feroce a quell’atmosfera di competizione finanziaria che l’etica diventa semplicemente irrilevante, mentre le leggi rimangono sullo sfondo di uno spettacolo nel quale non sono protagoniste.
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