Movi€conomy - Tra le nuvole (2009) di J. Reitman

  All the things you probably hate about travelling -the recycled air, the artificial lighting, the digital juice dispensers, the cheap sushi- are warm reminders that I`m home   Ryan Bingham è l’‘Uomo dell’azienda’ degli anni 2000. Non va mai in ufficio. Anzi, tecnicamente non ha nemmeno un ufficio, ma solo un indirizzo dove il suo datore di lavoro ha l’ufficio. La sua vita è invece dedicata alla visita degli uffici di altre persone, per licenziarle.

Movi€conomy - Tra le nuvole (2009) di J. Reitman
`Tra le nuvole` prende la fiducia che la gente un tempo aveva nel proprio lavoro e la fa a pezzi. E` un film adatto ai tempi che stava/sta ancora vivendo l’America (ma anche da noi la situazione non è molto diversa in fondo).
 
Bingham si descrive come un “facilitatore della conclusione del rapporto di lavoro”. Per vivere licenzia le persone. Quando le aziende devono ridimensionarsi velocemente, ma non vogliono `disordini`, lui vola da loro e dà la ‘bella’ notizia a quelli che ormai sono da considerarsi già ex-dipendenti. Facile capire quindi come in tempi difficili, l’agenda di Bingham sia carica di impegni.
 
Non ci troviamo di fronte a una commedia. Se lo fosse, sarebbe difficile ridere viste le notizie che – allora come oggi – continuiamo a leggere sui giornali. Non è però nemmeno una tragedia. Si tratta soprattutto di uno sguardo attento a come un uomo affonta una certa professione, che certo non siamo abituati a vedere al cinema. Bingham ama il suo lavoro, non vuole una casa nè tantomeno una famiglia. Dà semplicemente lezioni su come e perché si debba ‘svuotare lo zaino’ della propria vita.
 
George Clooney interpreta Bingham come una di quelle persone che incontri, ma non riesci mai a conoscere veramente. Individui che passano attraverso varie forme, conoscono tutte le mosse giuste, e che considerate `amici`, ma alla fine vi domandate chi ci siano davvero, come succede a quelle persone che a un funerale confessano di non aver mai veramente conosciuto il defunto. Seduto in un posto di prima classe, un giorno, gli viene chiesto dove vive, e Bingham risponde semplicemente, `Qui`.
 
Gli piace il suo lavoro perché sente di svolgere un servizio importante. A nessuno piace licenziare qualcun altro, però qualcuno deve farlo. Inoltre ci sono dei protocolli. In un certo modo curioso, questo richiama alla mente quando un militare notifica al parente più prossimo la morte di un commilitone ucciso. Il regista Jason Reitman, già autore dell’acclamato ‘Juno’ (2007), ha addirittura provinato alcune persone ‘reali’ che di recente erano state licenziate per interpretare alcuni dei dipendenti cacciati (gli altri ruoli sono invece interpretati da attori professionisti) e ha chiesto loro di improvvisare le parole pronunciate al momento in cui avevano appreso la notizia. C`è qualcuno che vorrebbe un lavoro che consiste nell’ascoltare il dolore di queste persone?
 
Ci sono poi due donne nella vita di Bingham. Alex Goran (interpretata da Vera Farmiga), anch’essa un ‘guerriero della strada’, che ha frequentato l`uomo per qualche tempo in una triste suite nell’East Moses, pranzando, facendo l`amore, giocando ad essere una coppia felice senza che però nessuno dei due si volesse impegnare realmente. Natalie Keener (Anna Kendrick) è invece una brillante e ambiziosa neolaureata che ha trovato posto nella società di Bingham perché così può star vicina al suo fidanzato. Bingham decide così di portarla in giro per insegnarle a muoversi nel `suo` mondo. Alex rappresenta in pratica ciò che è diventato l`uomo, mentre Natalie gli ricorda ovviamente il passato.
 
Vera Farmiga è senza dubbio una delle donne più attraenti del panorama cinematografico di questi anni, o almeno è così che appare quando recita e il suo fascino deriva in gran parte dal fatto che non si riesce immaginare tutto quello che sta pensando. La Natalie della Kendrick è invece così piena di gioia – era qui agli albori della sua carriera – che risplende anche quando deve porre fine a quella degli altri. 
 
L`isolamento della vita di strada è a un certo punto però minacciato dall’introduzione dei licenziamenti via chat. Si tratta di ‘in-sourcing’, in un certo senso. Non può essere meglio che licenziare qualcuno di persona, ma fa risparmiare un sacco di soldi sui biglietti aerei. E’ interessante notare come Reitman si diverta a cominciare giustificando il comportamento immorale delle corporazioni per poi applicare le loro razionalizzazioni con una logica perfetta. Questo metodo è stato al centro anche del suo brillante film di debutto, `Thank You for Smoking` (2005).
 
Appena trentaduenne all’epoca delle riprese, il figlio del produttore-regista canadese Ivan Reitman (`Ghostbusters`), sembra aver fatto tesoro degli insegnamenti paterni, riuscendo a mettere in piedi pellicole commerciali intelligenti e taglienti, un’impresa molto più complicata che dirigere pellicole indipendenti dello stesso tipo. 
 
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