MINIMO VITALE E PENSIONE MINIMA IN CASSA FORENSE

MINIMO VITALE E PENSIONE MINIMA IN CASSA FORENSE

Trento, 26 ottobre 2022. Di Paolo Rosa, avvocato Foro di Trento, ex Presidente di Cassa Forense.

Cassa Forense in questi giorni sta votando una riforma strutturale senza prevedere alcunché (che io sappia, posto che il mio accesso agli atti ha avuto risposta negativa) su minimo vitale e pensione minima.

Ordunque il minimo vitale è quel minimo di mezzi economici che servono all'individuo per avere un'esistenza dignitosa sua e della sua famiglia.

Con l'intervento del decreto Aiuti bis (art. 21-bis del decreto aiuti di cui alla legge n. 140/2022) viene innalzato l'importo del “minimo vitale”.

In particolare, si eleva la soglia di impignorabilità, prevedendo che le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente al doppio della misura massima mensile dell'assegno sociale, con un minimo di 1.000 euro.

Dal Dossier dei Servizi Studi di Camera e Senato si apprende che la novella di cui all'art. 21-bis non modifica l'ottavo comma dello stesso articolo 545 c.p.c. secondo cui le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l'importo eccedente il triplo dell'assegno sociale (ossia 1.404,84 euro) quando l'accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l'accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma, nonché dalle speciali disposizioni di legge.

Viene ancora ricordato come, ai sensi del nono comma del medesimo articolo 545 c.p.c., il pignoramento eseguito sulle somme oggetto dello stesso articolo in violazione dei divieti e dei limiti previsti dal medesimo e dalle speciali disposizioni di legge è (parzialmente o totalmente) inefficace; tale inefficacia è rilevata dal giudice anche d'ufficio.

Con la mia riforma del 2008 la pensione minima è stata sostituita dall'integrazione al trattamento minimo.

Per fare chiarezza sulla questione e sui requisiti per poterne beneficiare vi invito a leggere l'articolo della Collega Daniela Carbone: “Il trattamento minimo della pensione forense”, 3/2019 settembre – dicembre, di cui riporto un estratto che qui interessa più da vicino:

«1. La funzione del trattamento minimo ed “evoluzione” legislativa.

L'integrazione al minimo della pensione ha la funzione di integrare la pensione quando dal calcolo in base ai contributi accreditati all'assicurato risulti un importo inferiore a un minimo ritenuto necessario ad assicurargli mezzi adeguati alle esigenze di vita, giusto il precetto dell'art. 38, comma 2, Cost. (Corte cost. 10 giugno 1994, n. 240, in Foro it., 1994, I, 2016).

La funzione dell'istituto del “trattamento minimo pensionistico” è da individuare, quindi, nell'esigenza di garantire in concreto la soddisfazione dei bisogni primari dei pensionati.

L'integrazione al trattamento minimo consiste nell'integrare il trattamento pensionistico calcolato, fino ad un importo cosiddetto “minimo” per i trattamenti pensionistici che non raggiungono tale importo.

Il trattamento minimo si ottiene, quindi, integrando l'importo della pensione calcolata sulla base dell'anzianità contributiva e retributiva pensionabile e fino ad
un livello che il legislatore, a norma dell'art. 38, comma 2, Cost., ritiene idoneo a garantire “mezzi adeguati alle esigenze di vita”.

L'istituto del trattamento minimo pensionistico nella previdenza forense ha subito nel tempo modifiche sia per quanto riguarda i criteri di determinazione del minimo, sia in ordine alle condizioni soggettive per ottenere l'integrazione della pensione al trattamento minimo.

Infatti, nella previdenza forense, il “trattamento minimo pensionistico” era disciplinato dall'art. 2, comma 4, l. 20 settembre 1980, n. 576, il quale statuisce che la misura della pensione non può essere inferiore a sei volte il contributo soggettivo minimo a carico dell'iscritto nel secondo anno anteriore a quello di maturazione del diritto a pensione.

Un'ulteriore modifica alla disciplina per l'integrazione al trattamento minimo della pensione, è stata introdotta nel 2008, disciplina che prevedeva che la misura della pensione annua non può essere inferiore ad € 9.960 ed è annualmente rivalutata in proporzione alla variazione media dell'indice annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati calcolato dall'Istat, con esclusione di ogni collegamento automatico alla misura del contributo soggettivo minimo.

A decorrere dal 1° gennaio 2010, è stata introdotta la nuova disciplina di accesso al trattamento minimo della pensione, e di cui al paragrafo successivo.

2. La “nuova disciplina” del trattamento minimo. L'istituto della pensione minima nella previdenza forense, con riferimento alle pensioni di vecchiaia e anzianità (con esclusione delle pensioni di invalidità ed inabilità) viene sostituito da un più articolato meccanismo di “integrazione al minimo”.

La nuova disciplina prevede che l'integrazione al trattamento minimo competa solo nell'ipotesi in cui il reddito complessivo dell'iscritto e del coniuge, non sia superiore al triplo della pensione minima dell'anno.

Tale limitazione non si applica alla quota modulare di pensione, in quanto calcolata con il sistema contributivo, fermo restando un possibile assorbimento della stessa in caso di integrazione al minimo della quota.

L'importo della pensione minima fissato in € 10.160,00 (riferito al 2008) è rivalutato annualmente in proporzione alla variazione dell'indice annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati.

È previsto espressamente l'esclusione di ogni collegamento automatico dell'importo minimo con il contributo soggettivo minimo.

L'integrazione al trattamento minimo compete solo nell'ipotesi in cui il reddito complessivo dell'iscritto e del coniuge, non legalmente ed effettivamente separato, comprensivo dei redditi da pensione nonché di quelli soggetti a tassazione separata o a ritenuta alla fonte, non sia superiore al triplo del trattamento minimo dell'anno.

L'integrazione al trattamento minimo compete solo sino al raggiungimento del reddito complessivo massimo pari a tre volte il trattamento minimo (che per il 2010 è stato di € 10.664,00).

Poiché il trattamento minimo pensionistico è previsto a garanzia della soddisfazione delle più elementari esigenze di vita, il pensionato non può avere diritto all'integrazione al trattamento minimo tutte le volte che i suoi bisogni vitali sono altrimenti soddisfatti con il complesso dei redditi goduti: l'integrazione al minimo in tanto spetta in quanto non sussistano altri redditi o sussistano in misura ridotta.

La riferita disciplina sull'integrazione al trattamento minimo è limitata alla pensione di vecchiaia e di anzianità.

Per le pensioni di invalidità e di inabilità, ed ai superstiti, infatti, la normativa regolamentare della Cassa Forense prevede che qualora la pensione annua sia inferiore all'importo minimo, è corrisposta un'integrazione sino al raggiungimento del suddetto importo.

Ne consegue che per il trattamento minimo delle pensioni di invalidità e di inabilità (e superstiti) si prescinde dal reddito dell'iscritto e del coniuge».

Con l'opzione al contributivo per anzianità, come ho già spiegato in precedenza a mio giudizio contra legem, verranno esclusi i privilegiati che possono vantare un'anzianità contributiva di almeno 18 anni, liquidata o una pensione mista o una pensione solo contributiva per gli iscritti a far data dal 01.01.2024 per la quale ultima è vietata per legge l'integrazione al trattamento minimo (art. 1 della legge 335/1995 - 16. Alle pensioni liquidate esclusivamente con il sistema contributivo non si applicano le disposizioni sull'integrazione al minimo).

Per i nuovi iscritti, voglio dire, la pensione sarà solo contributiva con esclusione di ogni integrazione al minimo con la conseguenza che molte pensioni saranno di gran lunga inferiori al minimo vitale.