MICHELE PALA. IL REFERENDUM PER IL NO ALLA DEVASTAZIONE AMBIENTALE DELLA SARDEGNA NEL CONTESTO NAZIONALE E DELL'UNIONE EUROPEA

MICHELE PALA. IL REFERENDUM PER IL NO ALLA DEVASTAZIONE AMBIENTALE DELLA SARDEGNA NEL CONTESTO NAZIONALE E DELL'UNIONE EUROPEA

Giannina Puddu, 11 ottobre 2024.

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Il programma di devastazione ambientale della Sardegna (gravissimo reato autorizzato per legge e decreti legge...), si colloca, a pieno titolo, nello spazio della corruptio legis di cui avevo già scritto, a tema allargato il 4 settembre u.s., e che riporta al principio secondo il quale "non lex sed corruptio legis" di cui discertarono già Agostino e Tommaso d'Aquino.

Non è legge ma è corruzione della legge.

Questo, si verifica ogni volta che il "Diritto Positivo" si scontra con il "Diritto Naturale" così che, certune leggi, possono essere considerate atti di violenza piuttosto che leggi veramente vincolanti.

Francesco Olgiati, Vescovo e Filosofo italiano (nato a Busto Arsizio nel 1886 e morto a Milano nel 1962), aveva fatto un suo pregevole approfondimento ne Il concetto di giuridicità in san Tommaso d'Aquino, pubblicato a Milano dalla Società Editrice "Vita e Pensiero" nel lontano, ma neanche troppo, anno 1944.

La cosiddetta "Transizione Energetica", per come imposta ai Popoli, in Sardegna, in Italia, in UE e nel mondo, sta avvenendo attraverso l'approvazione di "leggi" che esplodono, in modo palese, nella condizione di "Corruptio legis" confermata dall'effetto della progressiva distruzione di ampie distese di territorio in spregio di qualunque forma di vita esistente, della bellezza, della salute, della dignità e delle culture locali.

Ne ho parlato con l'avvocato Michele Pala che si sta spendendo senza risparmio, per cercare di fermare questo "triste fenomeno" che vede la sua (e mia...) Terra di Sardegna  gravemente esposta a tale rischio, attraverso il lancio di un Referendum, la via offerta dalla nostra Costituzione per dare voce al Popolo.

E' lo sforzo che muove dalla condizione di disperazione popolare che matura proprio nei casi di corruptio legis, ovvero, in tutti i casi in cui il Popolo avverta l'assoluta dissonanza tra la sua volontà e l'azione di chi lo governa.

Questa è la sola via che possiamo percorrere, come Azione Popolare Civile, al cospetto dell' oggettiva  violenza delle istituzioni nazionali e dell'Unione Europea, sperando che sia sufficiente come dovrebbe essere, secondo il dettato costituzionale che, all'art. 1, dichiara che La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Rafforzando all'art. 3 con: È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

1) avv. Michele Pala, lei è il rappresentante del Comitato Referendario per il NO contro gli impianti eolici e fotovoltaici che sarebbero causa della devastazione ambientale della Regione Sardegna.

Il vostro Comitato ha provveduto ad organizzare e perfezionare la raccolta delle firme necessarie al referendum regionale consultivo e, già il 10 settembre, avete provveduto al deposito presso la Corte d'Appello di Cagliari.

Dopo soli tre giorni, la Corte d'Appello ha provveduto al trasferimento delle firme presso gli uffici regionali competenti. 

Finalmente,  il Presidente Todde ha provveduto alla nomina dell'Ufficio Regionale del Referendum. Quali tempi prevede perchè il Referendum sia, definitivamente, lanciato?

Il Comitato per il NO, promotore del referendum, il 10 settembre ha depositato le migliaia di firme raccolte presso la Corte d’Appello di Cagliari che tre giorni dopo le ha trasmesse alla Presidenza della Regione Sarda.

La Presidente Todde solamente il 3 di ottobre ha provveduto con proprio Decreto alla nomina dei componenti dell’Ufficio del Referendum. 

Quest’ultimo avrà tempo fino al 31 gennaio 2025 per verificare l'ammissibilità del quesito referendario e fissare la data del voto che sarà indicata fra il mese di aprile 2025 e il mese di giugno 2025.

2) Quali potrebbero essere gli effetti del Referendum, per il Presidente Todde, per il Popolo Sardo e per il territorio sardo? 

Intanto dobbiamo ricordare che si tratta di un referendum consultivo regionale su una questione di interesse generale.

Il Comitato per il NO ha scelto questa strada perché le leggi e i decreti nazionali a firma Draghi che stanno permettendo lo stravolgimento del paesaggio e delle attività produttive della Sardegna con l'installazione di migliaia e migliaia di torri eoliche e di pannelli fotovoltaici, sono norme che espressamente richiamano il prevalente interesse nazionale e sono attuative di direttive e regolamenti europei e per questo motivo non sono abrogabili attraverso lo strumento referendario.

Il referendum regionale consultivo ha innanzitutto lo scopo di restituire ai sardi il diritto di esprimersi sul destino della propria isola, diritto che evidentemente ci è stato sottratto da un governo nazionale che ha voluto espropriare non solo il popolo, ma anche la regione ed i comuni sardi della possibilità di esprimersi ed eventualmente opporsi a quanto pianificato nelle segrete stanze delle istituzioni europee.

Siamo convinti invece che un progetto capace di stravolgere totalmente l’identità di un popolo e le sue attività produttive non possa essere calato dall’alto senza una consultazione popolare e senza il reale coinvolgimento delle istituzioni locali.

Gli effetti del referendum, il più importante istituto di democrazia diretta, saranno essenzialmente politici.

L'espressione unitaria e democratica della volontà del Popolo Sardo non parlerà alla sola politica regionale ma anzi è destinata a parlare alla politica nazionale ed europea.

Infatti, occorre ricordare che solamente il Governo ed il Parlamento nazionali possono modificare le norme che sono la causa dello scempio del paesaggio sardo.

Sono convinto che la classe politica nazionale per senso di responsabilità, ma anche per dare senso e ragione della propria permanenza nelle istituzioni democratiche, non potrà essere sorda rispetto alla espressione della volontà dei cittadini e dovrà necessariamente rivedere le politiche sulle energie rinnovabili che interessano la Sardegna.

Se così non fosse, il referendum fino ad oggi ha già favorito una grande mobilitazione e ciò permetterà di riunire ed organizzare le migliori risorse umane affinché si affermi una differente visione dell’uso del territorio e del futuro dell’isola.

Questa visione, contrariamente al percorso intrapreso dalla attuale maggioranza in Consiglio Regionale e dalla Presidente Todde, prevede che il graduale abbandono dei combustibili fossili che tutti desideriamo sia rispettoso del Paesaggio e dei beni ambientali di Sardegna, della identità del suo popolo e delle tradizionali attività produttive.

3) Pare che altre regioni italiane, parimenti afflitte dallo stesso assalto, si stiano muovendo nella stessa direzione del referendum, con la Sardegna nel faticoso ruolo di "nave scuola".

Se il referendum si esportasse in tutte le altre regioni italiane, quale reazione, ragionevolmente, ci possiamo aspettare dal Governo Meloni che sarebbe costretto a prendere atto del NO della popolazione italiana?

Si, è vero, altre regioni italiane si stanno orientando per assumere analoghe iniziative referendarie e questo dimostra che il problema non è solamente sardo, ma è nazionale e per questa ragione non può essere affrontato con strumenti che guardino alla sola istituzione autonomistica sarda chiamando in soccorso la classe politica regionale.

A ben vedere, sono proprio i nostri rappresentanti nelle istituzioni regionali che avrebbero dovuto almeno vigilare sulla vicenda delle energie rinnovabili in Sardegna e invece non lo hanno fatto, candidandosi ad essere una parte del problema e non la sua soluzione.

Dal governo Meloni invece ci aspettiamo innanzitutto che, in attesa della pronuncia referendaria del popolo sardo, disponga la moratoria immediata di tutte le installazioni eoliche e fotovoltaiche.

In seguito, con il concorso dello Stato, della Regione e delle Università Sarde - con l’auspicio che questo metodo possa essere utilizzato sull’intero territorio nazionale - si potrebbero studiare meglio le energie rinnovabili e procedere ad una transizione sostenibile scegliendo i sistemi produttivi d’energia meno impattanti con l’ambiente ed il paesaggio e più adatti e rispettosi delle attività produttive dell’isola.

Potrei farne tanti, ma mi limito a fare un solo esempio: la produzione di energia idroelettrica consentirebbe in Sardegna, sfruttando gli invasi già esistenti, di risolvere il problema della mancanza d’acqua per uso umano e irriguo e di produrre tutta l’energia necessaria per le attività umane.

4) Sulla motivazione dell'urgenza di raggiungere gli obiettivi dell'Agenda 2030/2050 il nostro Governo, con il Ministro Fratin in testa, sta accelerando i processi autorizzativi di questi impianti, mentre, in parallelo, lo stesso governo contribuisce, pesantemente, al "cambiamento Climatico" sostenendo militarmente l'Ucraina e schierandosi al fianco di Israele che fa piovere bombe in quantità crescente e allargando lo spazio dei suoi obiettivi di guerra.

Ciò, mentre, Da uno studio del 2019, sappiamo che,  in tempo di guerra, l'uso delle armi può raggiungere le centinaia di milioni di tonnellate di CO2 equivalenti, ovvero più delle emissioni annuali di molti paesi...

[https://www.lescienze.it/news/2023/02/24/news/emissioni_dirette_indirette_gas_serra_guerra_militari_a-11417110/]

Ovvero, da un lato, il Governo Meloni, la NATO e i suoi "alleati", stanno sostenendo, anche militarmente, la devastazione di ampie fette di territorio globale con la guerra, alimentando l'emissione di centinaia di milioni di tonnellate di CO2 e, dall'altro, ci stanno imponendo la "Transizione Energetica" per contenere il "Cambiamento Climatico" che, secondo la narrazione che hanno scelto, sarebbe di origine antropica. 

Ci Stanno prendendo in giro? Qual è la sua lettura di questi fatti oggettivi?

La mia lettura è quella del cittadino comune, non v’è chi non veda che nelle politiche nazionali ed europee esistono contraddizioni insanabili che dimostrano il fallimento delle istituzioni europee rispetto agli obiettivi di pace e prosperità che queste fin da principio erano chiamate a raggiungere.

Non mi pare che l’Unione Europea abbia garantito la pace neppure in Europa e ciò è accaduto perché la stessa UE ha smesso di essere uno strumento di pace perché asservita ad interessi spesso confliggenti con quelli dei popoli europei.

La guerra in Ucraina ne è l’esempio più attuale, ma nel passato abbiamo assistito e talvolta partecipato a numerosi conflitti esplosi nel cuore dell’Europa.

Per ricordarne solo alcuni basti citare il conflitto nel Nagorno-Karabakh (30 mila morti) riacutizzatosi nel 2020 (6.500 morti), lo scontro tra forze moldave e milizie slave di Transnistria, Belgrado nel marzo 1998 lanciava un'offensiva contro i separatisti nel Kosovo (13 mila morti, in gran parte albanesi), l'8 agosto 2008, la Georgia lanciava un'offensiva per riprendere il controllo dell'Ossezia meridionale, nel 2014 la crisi Ucraina oramai protrattasi fino ad oggi, per non parlare dei conflitti alle porte della Unione Europea che hanno interessato e interessano il Nord Africa e l’Estremo Oriente.

Quanto alla inspiegata accelerazione del Governo Nazionale sui processi autorizzativi degli installazioni eoliche e fotovoltaiche, noi riteniamo che l’azione che il Governo Nazionale sta realizzando per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Agenda ONU 2030/2050 debba rispettare rigidamente i principi della Costituzione Italiana.

Se la transizione ecologica è quel processo di innovazione tecnologica e rivoluzione ambientale volto a favorire l'economia e lo sviluppo nel rispetto dell'ambiente e della sua sostenibilità e non una occasione per favorire la speculazione internazionale, essa non può avvenire come sta invece avvenendo in danno delle popolazioni locali ed in spregio dei più sacri principi democratici.

3) Sono essenzialmente due le iniziative di grande portata avviate in Sardegna per evitare che la messa a dimora degli impianti eolici e fotovoltaici di taglia industriale devasti il territorio.  Potrebbe, gentilmente, scrivere la breve cronistoria del Referendum e della legge di iniziativa popolare?

Il comitato per il No, presa coscienza della gravità della situazione sarda, lo scorso mese di aprile si è posto la domanda di cosa fare per arginare la devastazione che si profilava.

Inizialmente abbiamo valutato la possibilità di una proposta di legge regionale di iniziativa popolare che “superasse” i decreti Draghi e consentisse alla regione di decidere sul proprio assetto territoriale e produttivo.

Purtroppo abbiamo dovuto constatare che queste norme nazionali sono attuative di accordi internazionali e attengono a questioni sulle quali è prevalente l’interesse nazionale.

In questo caso, come previsto dall’art. 3 dello Statuto Speciale Sardo, viene meno la competenza primaria della regione anche in materia di edilizia e urbanistica e una norma regionale che in queste materie entrasse in conflitto con le predette norme nazionali soccomberebbe dinanzi al giudizio della Corte Costituzionale.

Inoltre, abbiamo considerato che una proposta di legge di iniziativa popolare sarebbe inevitabilmente finita con il divenire lo strumento delle schermaglie e degli interessi politici delle forze rappresentate in consiglio regionale che, come ho già detto, sono una parte del problema e non la sua soluzione.

Per questi motivi abbiamo scartato la proposta di legge popolare ed abbiamo scelto di dare la parola ai sardi con lo strumento referendario, massimo strumento di democrazia diretta, perché sia ascoltata e prevalga la volontà popolare.

Il referendum infatti ripara in parte il grave oltraggio che il governo Draghi ha commesso nei confronti del popolo sardo escludendolo dai processi decisionali e disponendo in maniera arrogante e antidemocratica del destino dell’isola.

Già il 10 giugno del 2024 abbiamo portato i moduli per la raccolta delle firme presso la Corte d’Appello di Cagliari per le vidimazioni di legge e dal giorno successivo è partita in tutto il territorio sardo la campagna per la raccolta delle firme che si è conclusa con un risultato davvero straordinario.

Ora, in attesa della indizione del referendum e della data del voto, non resta che un ultima considerazione: il referendum è uno strumento nelle mani del popolo sardo e darà maggior peso e legittimazione alla doverosa mobilitazione alla quale tutti i sardi sono chiamati.

Sarà questo il granello di sabbia che potrà fermare l’ingranaggio nel quale è finita la nostra amata Sardegna.