Mercati Tra Elezioni, Dati Macro e Trimestrali: Chi Reggerà il Colpo?

Mercati Tra Elezioni, Dati Macro e Trimestrali: Chi Reggerà il Colpo?

Milano, 6 novembre 2024. A cura del Team di Gestione Pharus.

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Continua sui mercati una fase di apparente consolidamento. Aumenta però in vista delle elezioni presidenziali la volatilità sui mercati con il vix che si riporta in area 20, e soprattutto aumenta la volatilità nel mondo obbligazionario con il move index in rialzo e i tassi che si mantengono sui massimi dal primo taglio della FED di settembre, con il decennale americano arrivato al 4.3%.

Ad aumentare la volatilità nel mondo obbligazionario abbiamo anche avuto una settimana ricca di dati macroeconomici con i PIL europei di Germania e Francia più alti delle attese (anche se entrambi hanno risentito positivamente di alcuni elementi one off come ad esempio le olimpiadi nel caso della Francia oppure una revisione a ribasso del dato del mese precedente che ha avuto un effetto contabile migliore nel caso della Germania). Sempre in Europa abbiamo anche avuto alcuni dati sull’inflazione più alti delle stime per il venir meno dell’effetto base favorevole che aveva invece aiutato nei mesi precedenti.

Tutti dati che fanno pensare al mercato che La BCE potrebbe prendersela con più calma nel percorso di taglio dei tassi, con il mercato che diminuisce le probabilità di un taglio da 50 punti base per il prossimo meeting.

Anche negli stati uniti abbiamo visto uscire diversi dati macro tra cui un PCE ovvero la misura di inflazione preferita dalla FED in linea alle attese e buoni dati sul mercato del lavoro con richieste di sussidi di disoccupazione più bassi delle attese ed un tasso di disoccupazione che si conferma al 4.1%. Il dato molto atteso relativo alle buste paga del settore non agricolo, uscito molto peggio a 12K rispetto ai 100K attesi sembra però essere legato all’effetto distorsivo degli uragani, ed anche questo è finito per essere letto come un dato forte del mercato del lavoro.  

Il recente aumento di ben 75 punti base nei tassi decennali è iniziato il giorno dopo che la Fed ha tagliato i tassi di 50 punti base. 
Alcuni bond bear sostengono che la Fed riaccenderà l'inflazione tagliando i tassi mentre l'economia rimane forte.
Altri temono che i deficit fiscali siano fuori controllo, portando anche in questo caso all'inflazione. Anche due famosi investitori, Tudor e Druckenmiller, si sono schierati di recente pubblicamente contro il tasso americano, temendo che una presidenza di Donald Trump e il controllo repubblicano del Congresso aumenteranno i deficit, con conseguente elevata inflazione.
Per esperienza ogni volta i media riportano queste posizioni forti, è forse il caso di ricordarsi dell’approccio contrarian, che anche noi preferiamo con un orizzonte temporale che vada oltre la volatilità di breve periodo legata alle presidenziali ed alle narrative del momento. Crediamo che dalla parte opposta di un passivo in aumento nel bilancio federale ci sia infatti uno degli asset più forti sul pianeta, ovvero le big corporate Americane, aziende indiscusse e leader a livello globale presenti nei portafoglio di tutto il mondo. Fino a che questo assioma sarà vero, pensiamo che il livello del debito non sarà mai il vero problema americano.

Non solo macro ma soprattutto reporting season che ha visto a questo punto quasi tutte le magnifiche sette all’appuntamento dei risultati trimestrali. La stagione degli utili continua nel complesso in maniera positiva e le società registrano nel 75% dei casi delle sorprese sugli utili. 

Nel caso delle magnifiche sette possiamo evidenziare degli ottimi numeri di crescita da parte di tutte, a fare un po' la differenza sono però le guidance e le indicazioni per il futuro che nel caso di Alphabet e Amazon sono piaciute al mercato, invece nel caso di Meta e Microsoft non sono piaciute. Gli spunti principali arrivati dalle società sono che la domanda legata all`AI continua ad essere molto forte ma le società stanno facendo un po' fatica a stare dietro agli investimenti necessari, queste dinamiche stanno facendo prendere sempre più piede tra gli investitori il timore che le marginalità potrebbero presto risentirne. D’altronde è normale che quando le valutazioni diventano elevate come nel caso di molti tech sia molto più facile trovare la scusa per vendere piuttosto che quella per comprare. 

Gli investimenti in conto capitale delle Big Tech sono destinati a superare i 200 miliardi di dollari quest'anno e ad aumentare ulteriormente nel 2025.  Questo ci evidenzia come il mondo stia cambiando e per stare al passo con i nuovi tempi siano necessari ingenti investimenti. 

 

Si stanno delineando dei nuovi business dove però non sono ancora chiari diversi aspetti a partire In primis da quale sarà il modello di business, cioè come riusciranno queste aziende a farsi pagare per i nuovi servizi, a quanta domanda ci sarà da parte dei clienti e se questi investimenti, come già successo, non creeranno un eccesso di offerta. Fino ad arrivare alla domanda chiave ovvero, chi vincerà la corsa all’AI?

Queste aziende sono destinate a investire molto per non scomparire, ma il focus degli investitori si sta sempre più spostando sulle marginalità attese e sul capire chi uscirà vincitore e chi vinto da questa rivoluzione tecnologica.

Tutte domande a cui non è possibile dare oggi una risposta ma a cui nel frattempo il mercato sta attribuendo un premio valutativo molto rilevante che non lascia spazio ad errori da parte delle società e a cui non è associato, ad esclusione di Alphabet e poche altre, nessun margine di sicurezza per gli investitori.