MERCATI FINANZIARI: I RISCHI SOTTO LA SUPERFICIE

MERCATI FINANZIARI: I RISCHI SOTTO LA SUPERFICIE
LAURENT DENIZE. Global Co-CIO di ODDO BHF Asset Management

Milano, 23 luglio 2024. A cura di Laurent Denize, Global Co-CIO di ODDO BHF Asset Management.

Tutto sommato, nel considerare l’outlook globale troviamo un contesto alquanto favorevole agli attivi rischiosi, anche se, sotto la superficie, vi sono molti sviluppi che portano a rischi al ribasso nello scenario “più alti più a lungo”

Dopo un movimento lineare al rialzo per la maggior parte delle asset class nel primo trimestre, il secondo trimestre è stato più disomogeneo. All’inizio del secondo semestre il quadro generale resta generalmente favorevole. Tuttavia, sotto la superficie i mercati finanziari appaiono vulnerabili a più di una minaccia, da uno stallo nell’attività economica a dati tecnici che sembrano aver raggiunto i massimi, passando per una sorta di debolezza nel settore tech, fino all’incertezza legata alle elezioni. E l’inizio delle trimestrali difficilmente sarà d’aiuto. Si tratta della quiete prima della tempesta, foriera di altre turbolenze? No, chiaramente per noi non è lo scenario di base, anche se vi sono le condizioni per una pausa estiva per i mercati finanziari.

Malgrado l’indebolimento del contesto economico (“cattive notizie”) i prezzi nei mercati finanziari tutto sommato sono aumentati. Un fenomeno apparentemente illogico, dovuto al fatto che l’indebolimento dell’economia accresce le possibilità di tagli dei tassi da parte delle banche centrali (“buone notizie”). Fintanto che la Fed terrà la porta aperta a un primo taglio a settembre, i mercati potrebbero concederle il beneficio del dubbio e considerare positivi i dati negativi. Non è tuttavia possibile escludere una delusione, se non si verificheranno almeno due tagli entro la fine del 2024. È questo il nostro scenario principale, con una normalizzazione dei prezzi corporate, un rallentamento negli stipendi e un rientro dei prezzi dell’energia.

La storia cambia per la Bce, poiché la crescita economica nell’Eurozona resta tiepida e il percorso dell’inflazione verso il 2% non si è ancora concluso. In questo senso, le cattive notizie sono davvero buone notizie.

In questo 2024 dominato dalle elezioni, con mezzo mondo chiamato alle urne, l’incertezza legata all’esito del voto pesa sulle prospettive economiche e amplifica la possibilità di un mercato che, nel secondo semestre, si atterrà al range, più che seguire i trend. Gli Usa sono il prossimo Paese chiamato a votare e le conseguenze del voto sicuramente scuoteranno i mercati. Riteniamo che una vittoria di Donald Trump rappresenterebbe un rischio per l’Europa e molto probabilmente gioverebbe alle azioni Usa (small cap, ciclici domestici, banche, tech, healthcare, energia). D’altro canto, le azioni europee e cinesi possono essere viste come perdenti in un simile scenario, soprattutto in settori più orientati all’export come automotive e semiconduttori. Un’altra questione macro legata alla politica statunitense è cosa succederà se l’offerta di manodopera negli Usa dovesse essere penalizzata da un rallentamento nel flusso di lavoratori migranti.

I dati tecnici sono vicini ai massimi per gli asset rischiosi

Tutto sommato, la situazione attuale del sentiment di mercato indica che saranno necessarie molte buone notizie per poter sostenere il momentum, e che eventuali cattive notizie porterebbero a cali maggiori e più diffusi. Secondo un recente sondaggio di JP Morgan, solo il 17% degli investitori globali dovrebbe incrementare la propria esposizione azionaria, contro il 34% di tre mesi fa. Si tratta di una delle percentuali più basse mai viste in due anni. In particolare negli USA, l’indice S&P 500 non scende di almeno il 2% da oltre un anno, il periodo più lungo dal 2017. 

In un momento in cui le cinque più grandi aziende rappresentano il 27% dell’indice, ci si chiede se questa ripresa non debba “riprendere fiato”, soprattutto dopo che le prime 10 società hanno pubblicato risultati a due cifre (14%) negli ultimi tre mesi, mentre le restanti 490 sono state, in media, leggermente in rosso.

Un certo “affaticamento” è particolarmente palese nel settore tecnologico, dove la concentrazione e il posizionamento degli investitori sono estremi. Questo comportamento indica un mercato che ha bisogno di una pausa.

Le trimestrali sono un catalizzatore più che necessario per il mercato, ma le previsioni di utili per azione sembrano troppo alte

Il periodo positivo degli Eps ha aiutato le azioni europee e statunitensi ad affrontare tassi più alti più a lungo quest’anno. Tuttavia, le revisioni degli utili per azione hanno probabilmente toccato un picco, considerando che il rimbalzo degli indici Pmi è in stallo e che le sorprese macro sono di recente diventate negative. Il rischio di ulteriori revisioni al ribasso degli utili per azione è aumentato molto in Europa (+5% per il 2024 e +10% per il 2025) e negli USA (+11% per il 2024 e +15% per il 2025), trainato da un rallentamento dell’economia, da un deterioramento nella fiducia delle imprese (elezioni, dazi, fiscalità…) e dalle pressioni sui margini. Alcuni recenti profit warning (Airbus, Dassault Systèmes, Volkswagen, BP, Indivior…) vanno in quella direzione. Con valutazioni che non sono più eccezionalmente convenienti (soprattutto negli Usa, con un p/e 12 mesi forward a 21,4x) non prevediamo nessun salvataggio dall’espansione dei multipli.

POSIZIONARSI IN VISTA DI UNA “PAUSA”

Azioni: Restiamo neutrali sulle azioni con una preferenza strutturale per gli Usa rispetto all’Europa. Il focus principale resta su quality e growth. Dopo una convincente sovraperformance nel primo trimestre, nel secondo trimestre i ciclici hanno sottoperformato i difensivi. Questa rotazione a favore dei difensivi è stata alimentata dai recenti trend negli utili. Considerando la loro valutazione relativa, continuiamo a preferire i difensivi, che riteniamo abbiamo più margine per continuare a sovraperformare i ciclici. Quanto ai settori, preferiamo healthcare e intelligenza artificiale, più per il software che per i semiconduttori. Raccomandiamo anche un posizionamento strategico su small e mid cap dell’Eurozona: la liquidità resta fondamentale per questa asset class e il recente taglio dei tassi della Bce va nella giusta direzione. Inoltre, le valutazioni ristagnano e appaiono poco allettanti. Continuiamo comunque a evitare i titoli esposti alla Francia, considerati “dead money”.

Tassi: Per l’Europa, ci atteniamo a una posizione strategica di duration lunga, perché gli indicatori della crescita economica sono fiacchi e la disinflazione dovrebbe proseguire. Preferiamo i titoli di stato core ma stiamo lontani dalla Francia, poiché prevediamo un ampliamento dello spread tra Oat francesi e Bund nel medio termine. Negli Usa, restiamo neutrali sulla duration. La sempre maggiore probabilità che Trump vinca le elezioni, portando ad un aumento nel premio a termine, e quindi a rendimenti lunghi decisamente più elevati, ci convince anche ad essere ancora più cauti sulla parte lunga della curva.

Credito: Restiamo positivi sul rischio di credito, poiché i mercati del rischio continuano a fornire un carry allettante con volatilità contenuta. In Europa preferiamo un approccio doppio, con una duration lunga nell’investment grade e corta sull’high yield, per approfittare del carry. Il segmento di qualità dell’high yield sembra costoso. Restiamo inoltre molto prudenti sul settore immobiliare, molto indebitato, e negativi sull’high yield Usa.

Riposatevi, ma restate all’erta

Tutto sommato, nel considerare l’outlook globale troviamo un contesto alquanto favorevole alle asset class di rischio, anche se sotto la superficie vi sono molti sviluppi preoccupanti che portano a rischi al ribasso nello scenario “più alti più a lungo”. Se è vero che ci dobbiamo godere la pausa più che meritata e la calma apparente, finché dura, dobbiamo anche restare attenti qualora si manifestassero scenari con rischio di coda durante l’estate.

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