MENO PULLMAN, PIU` GIOCO. APPLAUSI CONTENUTI ALLA NAZIONALE DI CALCIO, PRIMA AGLI EUROPEI 2020.
Milano, 15 luglio 2021. Di Luca Cerchiari - Musicologo, Critico Musicale e Accademico Italiano. Milanista convinto... Esageruma nen, direbbero i piemontesi.
Le immagini del pullman con la squadra azzurra di calcio vincitrice degli europei ci hanno accompagnato anche troppo, invadendo ventiquattr’ore su ventiquattro, per due giorni, i palinsesti televisivi Sky, Rai, Mediaset e quant’altro.
Del resto la lentezza con la quale il pullman azzurro si muoveva per Roma, impedito a maggiore agilità di movimento dalla gioente massa dei tifosi, sembrava fatta apposta per allungare i tempi, componendo uno spettacolo a giudizio di chi scrive francamente esagerato.
Certo, la vittoria di Wembley va benissimo per il morale della nazione, la sua posizione nello scacchiere politico comunitario (persino Ursula von Del Leyen tifava per noi, e ci credo, essendo la Germania stata eliminata dagli inglesi) appare un balsamo efficace all’azione terapeutica di Mario Draghi, e per restare in ambito sportivo il lavoro fatto da Mancini in questi anni, l’aver cioè preso una squadra sfasciata, averla ricostruita, averla compattata e portata a trentaquattro risultati utili consecutivi, culminati nella finale agli europei dell’11 luglio, va rubricato come assolutamente lodevole.
Ma da qui all’esagerazione di giudizi positivi sulla finale di Wembley e sul risultato complessivo della nostra squadra nazionale di calcio nel concluso torneo europeo ce ne corre.
L’Italia degli europei è partita bene ma ha proseguito così così ed è finita in netto calo.
Ha superato facilmente Turchia e Svizzera (non certo tra le prime al mondo…), prevalso appena appena col Galles, sconfitto di misura Austria e Belgio solo grazie a brillanti guizzi individuali, rimediato poca gloria con la Spagna, che l’ha dominata nel palleggio e possesso palla, vincendo ai rigori per i loro errori.
E ha infine superato in finale la Perfida Albione, che è partita con un gol a freddo assolutamente inatteso ed evitabile, ma poi è letteralmente scomparsa (dico l’Inghilterra), facendo emergere un miglior gioco (l’Italia), ma senza un solo tiro nello specchio della porta, e infine ha vinto ai rigori, la nostra nazionale, sbagliandone due con Belotti (il quale “Gallo” è tutto da dimostrare che sia un grande attaccante) e Jorginho (per quello fatto alla Spagna evocato da un giorno all’altro come possibile Pallone d’oro: anche qui, esageruma nen) e prevalendo non già per le astrofisiche parate di Gigio Donnarumma, comunque ammirevole, ma per il fatto che i rigoristi inglesi, l’ultimo in particolare, gli hanno tirato addosso, condannandosi da soli.
Non un tiro in porta degno di questo nome, un gol in mischia di Bonucci, mastino impenetrabile con Chiellini della nostra ferrea difesa, e poi nient’altro.
Dov’era il nostro centrocampo, dov’erano Verratti, Jorginho, Barella, dov’erano-salvo una sola volitiva azione di Chiesa, l’unico da encomiare Immobile, Insigne, Berardi? Mai visti in due ore, e del resto nemmeno in semifinale.
L’impressione è che si sia tornati all’Italia “squadra femmina” ai tempi descritti da Gianni Brera, catenaccio difensivo impenetrabile e rare ma azzeccate azioni di contropiede, salvo che questi neocampioni europei di contropiedi non ne hanno fatto alcuno, nessuno correva verso la porta avversaria.
Erano stanchi? La solita litania improponibile, perché allora anche tutti gli altri potevano esserlo.
Del resto, comparativamente, era difficile che l’Italia non arrivasse alla fine del torneo, visti i modesti risultati e schemi di gioco, con poche eccezioni (la brillante Danimarca, magari), offerti dai concorrenti continentali (i boriosi francesi, fatti fuori ignominiosamente dalla Svizzera, almeno sono stati zitti).
Sicchè, direi, gioire sì, ma con moderazione.
Vogliamo confrontare questa nazionale con quella che vinse coi gol di Riva e Anastasi gli europei del 1968?
O quella delle reti incredibili di Rossi e Tardelli ai mondiali di Spagna del 1982? O il livello della nazionale vincitrice dei mondiali del 2006, con uomini del calibro di Gattuso, Cannavaro, Pirlo, Del Piero, Totti e Inzaghi e partite eccezionali come il 2-0 inflitto alla Germania?
Il paragone non regge minimamente, e quindi a maggior ragione, con questo materiale umano-che descriverei da modesto a buonino-Mancini ha fatto miracoli.
Ma ho l’impressione che alla base di tutto ci siano gli stessi soldi che hanno rinvigorito all’indomani degli europei Gigio Donnarumma, apparso in gran forma anche per il raddoppio di stipendio garantitogli dal PSG rispetto al Milan.L’Uefa & C., si sa, hanno offerte laute prebende alle squadre che andavano avanti negli europei.
Ho idea che, dopo le prime buone prestazioni (tra l’altro, in Italia)i nostri si siano progressivamente seduti, non riuscendo quasi mai a far intravedere (e qui invece Mancini ha ancora molto su cui lavorare) un efficace schema che, come accade ovunque da oltre un secolo nel calcio, porti i centrocampisti a rifornire gli attaccanti e questi a far gol, presupposto indispensabile a ogni risultato.
A meno di sostenere la tesi opposta di un perdurante schema tattico all’olandese, in virtù del quale ogni ruolo è superato, e puntare in futuro sui gol degli ottimi Bonucci e Chellini (e infatti ecco quello salvifico di Bonucci al 67° minuto della finale) e sul muro difensivo fatto dagli attaccanti; che però nessuno, agli europei, ha mai visto, coi centrocampisti che invece sembravano deputati a sostituire gli assistenti Var e i guardialinee.