Meglio i Btp con o senza Cac?

INTRODUZIONE A CURA DI GIAN LUCA BOCCHI In questo articolo Barbara contribuisce a fare chiarezza su uno dei punti nodali delle nuove emissioni di titoli di stato.

Meglio i Btp con o senza Cac?

In poche parole, come già affrontato un mese fa circa, dal primo gennaio 2013 i titoli di stato di nuova emissioni sono in un certo qual modo meno garantiti rispetto al passato:

In sostanza le CAC quindi agiscono in modo tale per cui se esiste una maggioranza qualificata ( solitamente i due terzi del totale dei creditori) che aderisce alla proposta di ristrutturazione del debito da parte dell’emittente, anche tutti gli altri sono automaticamente costretti ad aderirvi.

Le clausole quindi sono utilizzate per aumentare considerevolmente gli spazi di manovra dello stato sovrano in difficoltà che avrà bisogno solo di una parte ( seppur non esigua in effetti) di consensi e non necessariamente di una risposta unanime.

Un po’ come se la banda bassotti telefonasse in banca preannunciando la rapina.

Per ora, come ben spiega Barbara, pare nessuno se ne sia accorto.

Quando ciò succederà, potremmo assistere alla formazione di prezzi differenti per emissioni aventi le stesse caratteristiche ad esclusione della Cac.

Dal punto di vista dell’investitore quindi a nostro avviso a parità di tutte le altre condizioni sonno preferibili i titoli senza le Cac, a quelli che le hanno, mentre è probabile che l’argomento verrà da noi nuovamente approfondito qualora si verificasse nei prossimi mesi una apprezzabile differenza tra il rendimento dei titoli con o privi di clausole.

Buona lettura.

Come enunciato dal decreto ministeriale del 17 dicembre 2012, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il giorno successivo e reperibile a questo link, tutte le nuove emissioni di titoli di stato ( Btp, Ctz, Btp Italia, Cct, Btpi, nonché le emissioni sui mercati internazionali) con scadenza superiore ad un anno saranno soggette alle clausole di azione collettiva (CAC) secondo quanto stabilito dagli accordi europei per i paesi che hanno aderito al fondo “salva stati” ESM. L’imposizione di allegare le CAC a tutte le nuove emissioni  dunque non è un fenomeno tipico dell’Italia o dei paesi in eventuale difficoltà quanto piuttosto una richiesta indirizzata a tutti e 17 i paesi dell’Eurozona.

Ma che cosa sono esattamente queste CAC? Che cosa prevedono? Come possono impattare sui titoli di stato che comunemente i risparmiatori e gli investitori sottoscrivono?

Prima di addentrarci nel merito facciamo un breve passo indietro ricordando al lettore che furono al centro del dibattito in Europa in occasione della ristrutturazione del debito greco avvenuta nel maggio del 2012, per poi essere addirittura imposte con un effetto retroattivo, che andava quindi a modificare a posteriori la normativa che regolava i titoli di stato greci.

Cerchiamo quindi di capire quale è lo scopo dell’introduzione di queste Clausole di Azione Collettiva. Questo meccanismo di fatto serve a risolvere il problema dei creditori che, in un negoziato di ristrutturazione tra emittente e detentori dei bonds, non hanno intenzione di aderire alla proposta dell’emittente ( in inglese holdout ).

In sostanza le CAC quindi agiscono in modo tale per cui se esiste una maggioranza qualificata ( solitamente i due terzi del totale dei creditori) che aderisce alla proposta di ristrutturazione del debito da parte dell’emittente, anche tutti gli altri sono automaticamente costretti ad aderirvi.

Le clausole quindi sono utilizzate per aumentare considerevolmente gli spazi di manovra dello stato sovrano in difficoltà che avrà bisogno solo di una parte ( seppur non esigua in effetti) di consensi e non necessariamente di una risposta unanime.

Come abbiamo tra l’altro avuto modo di verificare con quanto è successo in Grecia, spesso si riesce più facilmente a convincere gli investitori istituzionali, e quindi le banche in primis, un po’ meno i fondi di investimento, e difficilmente i piccoli risparmiatori e i singoli investitori privati che si dimostrano spesso –comprensibilmente- riottosi ad accettare eventi di ristrutturazione sui titoli di Stato ( vedi anche il caso Argentina).

Associando quindi le CAC alle nuove emissioni si rende meno problematica l’accettazione di una eventuale proposta da parte del debitore su una ristrutturazione del suo debito: la proposta può riguardare la decurtazione del valore nominale, la scadenza del titolo, la cedola, insomma praticamente ogni dettaglio del titolo originariamente emesso.

Come dicevamo appena sopra, la proposta da parte dell’emittente deve comunque essere accettata almeno da una maggioranza qualificata di creditori, mentre non è vero che è un’azione che viene intrapresa unilateralmente, come più volte abbiamo visto sostenere in alcuni siti o blog di simil-finanza ed economia. E’ sempre necessaria l’accettazione della controparte, anche se in ogni caso non richiedendo l’unanimità , la conseguenza più logica è quella di ipotizzare che i diritti dei piccoli risparmiatori vengano in qualche modo sottomessi a quelli della grande finanza che può “scendere a patti” senza che il loro consenso sia richiesto, né necessario.

Venendo quindi più nel dettaglio nel nostro paese quindi a partire da quest’anno saranno presenti sul mercato secondario sia titoli con le CAC che titoli senza le CAC. Questi ultimi in particolare sono sia quelli in circolazione alla fine del 2012, sia successive tranche di vecchie emissioni che verranno comunque collocate quest’anno ma che ovviamente devono comprendere titoli tra loro identici.

In questi primi quattro mesi dell’anno, ovvero da gennaio ad oggi, il Tesoro italiano ha immesso sul mercato sia ulteriori tranche di titoli già in circolazione ( e questi sono quindi senza Cac) che titoli di nuove emissioni (e questi con le Cac). Tra questi ultimi per esempio le recenti emissioni di Btp a 5 anni ( ISIN IT0004907843) e Btp a 10 anni ( ISIN IT0004898034), lo stesso Btp Italia dello scorso aprile, così come i Ctz  appena emessi lo scorso gennaio.

A questo proposito si potrebbe sollevare la questione se i titoli con le CAC debbano incorporare un rendimento maggiore ( e quanto) rispetto alle vecchie emissioni poiché facendo l’estrema ipotesi di una necessità di intervenire sul debito sarebbe plausibile ipotizzare che lo stato inizierebbe a proporre una sorta di ristrutturazione soft per i titoli che hanno le clausole, piuttosto che sugli altri. Idealmente questo ragionamento è senza dubbio condivisibile, ma riteniamo che questo sia un tema decisamente prematuro da trattare e che nel tempo lo scopo sia quello di andare progressivamente a sostituire i vecchi titoli con i nuovi. Infatti a nostro avviso anche  qualora si verificasse questa necessità in tempi brevi ( diciamo quindi entro 18/24 mesi) si avrebbe probabilmente prima uno spostamento degli investitori dai titoli con le Cac a quelli che ne sono privi e successivamente una disaffezione preoccupante per le nuove emissioni giudicate “a rischio”. Meglio dunque a nostro avviso che ipotesi eventuali di rimodulazione soft del debito vengano rimandate a tempi in cui la quasi totalità dei titoli potrà essere interessata, anche per impattare il meno possibile sul singolo bond.

Dal punto di vista dell’investitore quindi a nostro avviso a parità di tutte le altre condizioni sonno preferibili i titoli senza le Cac, a quelli che le hanno, mentre è probabile che l’argomento verrà da noi nuovamente approfondito qualora si verificasse nei prossimi mesi una apprezzabile differenza tra il rendimento dei titoli con o privi di clausole.  A tale proposito non possiamo escludere al momento che lo stato possa provvedere ad effettuare dei buy-back dei presenti titoli in circolazione privi di Cac, per sostituirli con nuovi titoli che ne sono forniti.

Per completezza vorremo fare ancora un paio di precisazioni.

La prima riguarda il fatto che per il 2013 il limite massimo di emissioni con le CAC dovrà essere pari al 45% totale delle emissioni.

La seconda riguarda i BOT: da più parti ci è capitato di leggere articoli e titoloni che evidenziano come da quest’anno Bot e Btp non siano più garantiti dallo stato: ora mentre i secondi lo saranno alle condizioni che abbiamo sopra specificato, i primi non sono per nulla coinvolti, perché il meccanismo delle clausole di azione collettiva riguarda solo le emissioni con scadenza superiore ad un anno e quindi, per definizione, i Bot (3 mesi, 6 mesi e 12 mesi) ne risultano esenti.


Articolo tratto dal portale di JC Investimenti

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