MATERNITA’ SURROGATA: REATO UNIVERSALE

MATERNITA’ SURROGATA: REATO UNIVERSALE
Michelle Griffin. La 26enne australiana che, nel 2018, aveva scherzosamente pubblicizzato il suo

Torino, 18 ottobre 2024. Di Chiara Zarcone, Avvocato del foro di Torino, giurista, già Cultore della materia Diritto Penale presso l’ Università degli studi di Torino.

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Catone aveva sposato Marzia, la figlia di Filippo, quando era ancora molto giovane; era molto attaccato a lei, e da lei aveva avuto dei figli. Tuttavia, la diede a Ortensio, uno dei suoi amici, che desiderava avere figli ma che era sposato a una donna sterile.

Dopo che Marzia ebbe dato un figlio anche a lui, Catone la riprese di nuovo in casa, come se l’avesse prestata” (Appiano, De bellis civilibus Romanorum, 2, 14, 99).

La tradizione giuridica romana conosceva infatti la locatio ventris, prassi secondo la quale il marito poteva cedere la propria moglie fertile ad un altro uomo allo scopo di procreare.

Ciò evidenza come non ci si trovi innanzi ad una tematica nuova, figlia dell’ era contemporanea, bensì ci si confronti con una problematica antica quanto l’uomo e che di pari passo ne ha seguito l’evoluzione.

Oggi si parla di “maternità per sostituzione” o su commissione ovvero di “locazione o affitto d’utero”, diventato nel linguaggio corrente “utero in affitto” oppure di “gestazione per altri” o “per conto di altri” (Gpa), per indicare la tecnica di procreazione medicalmente assistita attraverso la quale una donna, detta “madre surrogata” provvede alla gestazione per conto di una o più persone, definite i genitori.

Sebbene la tecnica di procreazione medicalmente assistita (PMA) venisse praticata anche in Italia già dagli anni Ottanta, a lungo è mancata una disciplina legislativa che ne normasselamodalità applicativa.

La Corte Costituzionale con la sentenza monito n. 347/1998, aveva sollecitato il legislatore a colmare il vuoto esistente in materia.

In particolare, la Corte lamentava la mancata tutela dovuta all’assenza di una legge in tema di procreazione medicalmente assistita, sottolineando la presenza di“...plurime esigenze costituzionali...”, quali innanzitutto le garanzie per il nuovo nato in relazione ai suoi “...diritti nei confronti di chi si sia liberamente impegnato ad accoglierlo assumendone le relative responsabilità...”.

Diritti che è “...compito del legislatore specificare.” (Corte costituzionale, sentenza n. 347/1998).

Nel luglio del 1998, la Commissione Affari sociali della Camera dei Deputati presentò in Aula il progetto di Legge unificato recante rubrica “Disciplina della procreazione medicalmente assistita” la cui discussione ebbe inizio solo ai primi di febbraio del 1999 ed all’esito dell ‘iter legislativo venne per la prima volta regolata la PMA con la Legge n. 40 del 19 febbraio 2004.

Nella sua formulazione originaria tale Legge limitava l’accesso alla fecondazione assistita alle sole coppie eterosessuali, infertili e sterili, vietando la diagnosi pre-impianto sugli embrioni, la fecondazione di tipo eterologo e la surrogazione della maternità, vale a dire il trasferimento di un ovocita nel corpo di una donna estranea alla coppia.

L’impianto assolutamente rigido della formulazione originaria della Legge determinò inevitabilmente il sorgere di gravi problemi interpretativi che determinarono l’inizio di una campagna referendaria finalizzata all’abrogazione dell’intera Legge.

La maternità per surrogazione, diversamente dalle altre tecniche di procreazione medicalmente assistita ammesse dalla citata legge n. 40/2004, necessita non soltanto dell’esecuzione di un’inseminazione artificiale di tipo omologo o eterologo finalizzata alla fecondazione, ma bensì di un’altra donna per l’intero ciclo procreativo.

Attenzione!

La Corte costituzionale interpretanto in concerto gli articoli 2, 3 e 31 della Costituzione ha cristallizzato il principio secondo il quale“...la determinazione di avere o meno un figlio, anche per la coppia assolutamente sterile o infertile, concernendo la sfera più intima ed intangibile della persona umana, non può che essere incoercibile»...”(Sentenza n. 162/2014).

È evidente, che a fronte del riconoscimento dell’ incoercibile diritto di diventare genitori”, sia risultato estremamente ardimentoso trovare argomentazioni giuridiche idonee a giustificare una distinzione tra le tecniche procreative ammesse e quelle da considerarsi vietate.

La questione è divenuta ancor più complicata alla luce del fatto che in molti paesi del mondo la pratica della “maternità surrogata” è legalmente riconosciuta e disciplinata.

La Corte Costituzionale ha però espresso il disvalore per la surrogazione di maternità quale pratica “che offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane” (Sentenza n. 272/2017).

Il Giudice delle Leggi cristallizza il monito in ordine al rischio di ledere la dignità umana, in particolare la salute e la dignità della donna, quale bene protetto dal divieto de quo.

Kant, dissertando in merito alla libertà di ciascuno sul proprio corpo evidenziava come “...nessuna persona può essere trattata come mezzo o strumento – sia pure di procreazione – per fini non suoi, ma solo come fine di sé medesima...”.

Nel nostro ordinamento, infatti, non può essere considerata lecita qualsiasi disposizione del proprio corpo in virtù dell’autonomia individuale, senza che espressi divieti al riguardo, possano essere considerati espressione di paternalismo.

Letizia Gianformaggio, eminente filosofa del Diritto, ha assimilato  il divieto di surrogazione di maternità alla proibizione giuridica di vendere parti del proprio corpo: “Non è forse nelle mani di ciascuno la possibilità di vendere un rene, o un occhio?

Ma il diritto non ha, forse, proprio la funzione di distinguere tra ciò è materialmentenelle mani di qualcuno, che cosa è lecito e che cosa è illecito fare?”.

E’ nel cuore pulsante della Costituzione che il diritto della madre gestante di non essere oggetto o mezzo di pretese altrui, in particolare dei genitori intenzionali, trova il proprio fondamento.

Pertanto, tale diritto della donna verrebbe totalmente compromesso dalla visione dei diritti sottesa all’idea di una genitorialità fondata sul progetto dei genitori/committenti.

Ed è proprio da questo tipo di volontarismo che la Corte costituzionale vuole mettere in guardia. 

Ma vi è di più: nell’affermare espressamente il disvalore per la surrogazione di maternità, la Corte ha voluto sottolineare che, diversamente da altre ipotesi di giurisprudenza “creativa” in cui i giudici cercano di supplire all’ inattività del legislatore, in questo caso ci si trova dinanzi alla precisa scelta di vietare, senza eccezioni, tale pratica (R. BIN, Critica della teoria dei diritti, cit., spec. pp. 51 ss.

In particolare viene evidenziato come il compito di bilanciare i diritti spetta al legislatore ordinario: “...la Costituzione non offre una soluzione univoca ai problemi di conciliazione dei suoi principi e di bilanciamento dei diritti che essa riconosce e tutela; (...) il compito di trovare il punto di equilibrio è lasciato al legislatore ordinario; ma che la discrezionalità politica del legislatore deve esprimersi entro i limiti fissati dalla Costituzione, cioè non può giungere a comprimere i principi e diritti costituzionali fino al punto di annichilirli”. ).

In tale scenario si inserisce il DDln. 824 rubricato come“Modifica all'articolo 12 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, in materia di perseguibilità del reato di surrogazione di maternità commesso all'estero da cittadino italiano” - che ha ottenuto il si definitivo del Senato il 16 ottobre scorso.

Il testo – composto da un unico articolo - interviene sull’articolo 12 della legge n. 40 del 2004 che al comma 6 (vediamplius supra) prevede i delitti relativi alla commercializzazione di gameti o di embrioni e alla surrogazione di maternità, che si esplicano attraverso le condotte tipiche della realizzazione, organizzazione o pubblicizzazione, individuate dallo stesso comma 6, punendo chiunque le metta in atto con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro

Il disegno di legge n. 824 aggiunge un nuovo periodo al termine del comma 6 dell’art. 12 della legge n. 40 del 2004, al fine di sottoporre alla giurisdizione italiana le condotte compiute dal cittadino italiano, riferibili al delitto di surrogazione di maternità, anche se poste in essere in territorio estero; in caso di accertamento del reato, saranno conseguentemente applicate le pene previste dal primo periodo. 

La proposta consente dunque di perseguire penalmente condotte commesse in un Paese estero anche quando tale Paese non qualifichi le stesse come illecite, avvalendosi di una possibilità già prevista, a determinate condizioni, dall’ordinamento penale italiano. 

L’art. 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita) contempla due diverse fattispecie penalmente rilevanti, entrambe punite con la reclusione da 3 mesi a 2 anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro, ovvero: la realizzazione, organizzazione o pubblicizzazione del commercio di gameti o di embrioni; la realizzazione, organizzazione o pubblicizzazione della surrogazione di maternità.

In entrambi i casi, in caso di condanna, in base all’art. 12, comma 9, il medico è soggetto alla pena accessoria della sospensione dall’esercizio della professione da 1 a 3 anni.

Il primo reato, relativo alla commercializzazione di gameti ed embrioni ha oggi, dopo la sentenza con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del divieto di fecondazione eterologa (sentenza n. 162 del 2014), una portata diversa rispetto a quella che gli riconosceva il legislatore nel 2004, quando tale pratica di fecondazione era vietata.

La legittimità, a talune condizioni, della fecondazione eterologa, infatti, rende legittima anche la cessione di gameti, senza la quale l’eterologa sarebbe impraticabile; ciò non ha comportato, però, per la Cassazione penale, una abrogazione del reato.

Richiamando la direttiva 2004/23/CE, che prevede la gratuità e volontarietà della donazione dei tessuti e cellule umane (art. 12) e impone agli Stati di prevedere che i donatori possano solo ricevere “una indennità strettamente limitata a far fronte alle spese e inconvenienti risultanti dalla donazione”, la Corte (sez. III penale, sentenza n. 36221 del 2019) ha affermato che “l'art. 12, comma 6, della legge n. 40/2004, all'esito della pronuncia della Corte costituzionale n. 162 del 2014, punisce chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza l'acquisizione di gameti umani in violazione dei principi di volontarietà e gratuità della donazione”.

La seconda parte del comma 6 punisce invece «chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza (...) la surrogazione di maternità».

Se nella maternità surrogata in senso stretto l’embrione risulta dall’interazione di gameti maschili di un membro della coppia e gameti femminili della gestante stessa, può anche avvenire che la fecondazione abbia luogo grazie a spermatozoi riferibili da un terzo donatore, come anche che la madre surrogata sia in concreto priva di ogni legame genetico con il neonato, avendo condotto la gravidanza a seguito dell’impianto di un ovulo già fecondato, formato dall’unione di cellule riproduttive appartenenti alla coppia  "committente", ovvero a terzi donatori (c.d. “maternità surrogata totale”). 

Attenzione!

Si vuole ricordare che per la legge penale italiana, un fatto configurato come reato in Italia può essere punito anche quando commesso all’estero purché ricorrano determinate condizioni, differenti a seconda che sia previsto o meno il coinvolgimento di un cittadino italiano (a seconda che esso sisautore del delitto, concorrente dell’autore, oppure vittima del delitto stesso).

In materia di punibilità dei reati commessi all’estero, la disciplina è dettata dagli artt. 7 ss. c.p.

In particolare, l’articolo 7 c.p. prevede che la legge italiana si applichi sia nei confronti del cittadino sia nei confronti dello straniero in relazione ai reati, commessi all’estero, elencati nel medesimo articolo e caratterizzati da rilevante gravità – quali, ad esempio, i delitti contro la personalità dello Stato – e, in particolare, ad ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge o convenzioni internazionali stabiliscano l’applicabilità della legge penale italiana (art. 7, comma primo, n. 5, c.p.).

Infine l’art. 604 c.p. prevede, con riguardo ai delitti contro la personalità individuale (sezione I, Capo III, Titolo XII del Libro II c.p.) nonché quelli relativi alla violenza sessuale, atti sessuali con minorenni, corruzione o adescamento di minorenni, che le disposizioni del codice penale si applichino altresì quando il fatto è commesso all'estero da cittadino italiano, ovvero in danno di cittadino italiano, ovvero dallo straniero in concorso con cittadino italiano.

In quest'ultima ipotesi lo straniero è punibile quando si tratta di delitto per il quale è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni e quando vi è stata richiesta del Ministro della giustizia (cfr Dossier ottobre 2024 n. 169/1 Disposizioni in materia di maternità surrogata).

Non per spirito di religione ma per la doverosa tendenza che ogni essere animato dovrebbe avere verso il bene, chi scrive vuole ricordare quanto riportato nella Dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della fede dello scorso 8 aprile Dignitas infinita circa la dignità umana: “...la via della pace esige il rispetto della vita, di ogni vita umana, a partire da quella del nascituro nel grembo della madre, che non può essere soppressa, né diventare oggetto di mercimonio.

Al riguardo, ritengo deprecabile la pratica della cosiddetta maternità surrogata, che lede gravemente la dignità della donna e del figlio.

Essa è fondata sullo sfruttamento di una situazione di necessità materiale della madre.

Un bambino è sempre un dono e mai l’oggetto di un contratto.

Auspico, pertanto, un impegno della Comunità internazionale per proibire a livello universale tale pratica...Ogni bambino...possiede infatti una dignità intangibile che si esprime chiaramente, benché in modo singolare e differenziato, in ogni fase della sua vita.

Il bambino ha perciò il diritto, in virtù della sua inalienabile dignità... e di ricevere il dono di una vita che manifesti, nello stesso tempo, la dignità di chi dona e di chi riceve...il legittimo desiderio di avere un figlio non può essere trasformato in un “diritto al figlio” che non rispetta la dignità del figlio stesso come destinatario del dono gratuito della vita.

La pratica della maternità surrogata viola, nel medesimo tempo, la dignità della donna stessa che ad essa è costretta o decide liberamente di assoggettarvisi.

Con tale pratica, la donna si distacca del figlio che cresce in lei e diventa un semplice mezzo asservito al guadagno o al desiderio arbitrario di altri.

Questo contrasta in ogni modo con la dignità fondamentale di ogni essere umano e il suo diritto di venire sempre riconosciuto per se stesso e mai come strumento per altro.”.