MARIO DRAGHI NON PUO' ABBANDONARE LA NAVE CHE STA GUIDANDO. NE' PUO' CONDURRE DUE NAVI RISCHIANDO LA COLLISIONE.

MARIO DRAGHI NON PUO' ABBANDONARE LA NAVE CHE STA GUIDANDO. NE' PUO' CONDURRE DUE NAVI RISCHIANDO LA COLLISIONE.
COLLISIONE TRA 2 NAVI DA CROCIERA. DA IL BLOG SICILIA

Giannina Puddu, 27 gennaio 2022.

Era febbraio nel 2021, sarà febbraio nel 2022.

Dopo il tentativo  fallito di Roberto Fico volto a trovare una maggioranza stabile di governo, il 2 febbraio del 2021, il Presidente Mattarella ci annunciò  "Darò presto un incarico non politico. Serve un Governo di alto profilo".

Questo annuncio arrivò, su alcuni di noi, come un vento gelido di quelli che ti entrano dentro le ossa e ti fanno tremare avvolto dai brividi.

Le parole hanno peso e in quelle parole del Presidente c'era l'affermazione per cui, affinchè fosse un Governo di alto profilo, avrebbe dovuto essere non-politico.

La Politica, dunque, relegata ad un ruolo secondario dal nostro Presidente della Repubblica.

C'è dell'inquietante in ciò e varrebbe la pena di dedicare a questo assioma presidenziale, un lungo approfondimento che non mancherà di venire, nel tempo.

Quel che è evidente, in modo indiscutibile oggi, trascorso un anno, è che la Politica e i Politici (che noi abbiamo eletto) in quel progetto di Governo di alto profilo sarebbero stati elemento di contorno, utili giusto per asseverare le scelte del nuovo governo di alto profilo condotto da Draghi, senza porre obiezioni o, comunque, contenendole al minmo, così da non disturbare il conducente.

Il nome di Mario Draghi circolava già da tempo.

Il 3 febbraio 2021,  Mattarella conferì l'incarico per la Presidenza del Consiglio  a Mario Draghi. 

Il Presidente Mattarella gli affidò il governo dell'Italia, convinto del fatto che fosse l'uomo più giusto, il solo capace di comporre i desiderata dei partiti, il solo capace di condurre il nostro Paese nella tempesta del Covid.

E Draghi, abituato a maneggiare danari, sarebbe anche stato l'uomo più competente per la gestione dei fondi del PNRR ottenuti dal precedente governo Conte.

Era stato un riconoscimento di massima stima e fiducia, da Mattarella, il nostro Presidente,  a Draghi.

Attestazione che ci era stata venduta agghindata con carte e fiocchi preziosi spingendo la politica verso un Governo di Unità Nazionale indirizzato al volo alto, oltre gli interessi di parte, per il bene del Paese.

I partiti, mossi da cause discutibili e, forse, altre accettabili, accolsero l'invito con l'eccezione di Giorgia Meloni.

Bene.

Nel frattempo, il groviglio si è infittito con l'aggiunta della scadenza del mandato presidenziale, del rifiuto marmoreo di Mattarella ad insistere contro natura, della necessità di nominare un nuovo Presidente della Repubblica Italiana.

Pare che Draghi si sia già stancato del suo attuale incarico e che voglia cederlo in cambio del settennale al colle.

Ha imparato che muoversi nei palazzi del potere romano è cosa molto più complicata rispetto alla sua esperienza a Francoforte, tra uomini del suo tipo, tutti impegnati nell'indirizzo e nel controllo dei flussi finanziari.

Tutta gente coaugulata intorno agli stessi obiettivi, con il solo e raro inciampo della scelta e della condivisione dei percorsi.

Draghi è abituato a trattare con chi ha in cassaforte i soldi di tutti e, fino al febbraio 2021, si è cimentato solo in questo esercizio che è molto più semplice (gestito con potere assoluto) di ciò che può apparire dall'esterno, per il timore reverenziale che i templi della finanza incutono verso gli umani, più umani.

Eppure, sono esattamente gli umani più umani  la base su cui poggia il potere finanziario, grazie a tutte le loro frenetiche attività che svolgono generando flussi finanziari e valore.

Il potere finanziario, nel quale Draghi si è sempre mosso, assume decisioni, senza contraltare, libero da qualsiasi obbligo di confronto.

E, si tratta di decisioni che condizionano tutto, tutti e ovunque.

La Politica, per quanto costretta al ruolo secondario rispetto alla Finanza, che ha assunto il primato da decenni, è sopravvissuta a sè stessa e deve fare costanti esercizi di dialogo, simulato o reale che sia.

Un esercizio defatigante e noioso per chi sia abituato, come Drgahi, alla trattazione monotematica del danaro  in un ambiente sterile, protetto da ogni contaminazione della vita reale.

Usando tutta la leva della sua fama e del suo prestigio, ha anestetizzato il parlamento ma non è riuscito ad addormentarlo del tutto.

Per quanto anche  il suo carattere sia forte, la sua dose di anestetico non è bastata a sedare la mente di 630 persone e, capita, che questi pensino ed abbiano perfino la pretesa di esprimere le loro idee, confortati dalla consapevolezza del loro ruolo almeno in linea teorica.

Dal punto di vista di Draghi, abituato ad interagire tra i suoi  simili, questi azzardi sono percepiti come veri affronti, seccanti, inopportuni e fastidiosissimi.

In Parlamento siedono persone non nominate come lui, ma elette dal popolo e di questo devono tenere conto, soprattutto in prossimità, come adesso, del voto politico.

Il tempo vola e tra poco questa legislatura infinita terminerà.

Gli eletti, rappresentano territori italiani diversi e sono assediati da lobby diverse e, spesso, in conflitto tra loro e da questa moltitudine di rappresentazioni scaturiscono dibattiti, confronti, tensioni, progetti, obiettivi che richiedono grande abilità di ascolto, di mediazione e di sintesi.

Altro è parlarsi tra banchieri, solo banchieri tutti stretti nel solo obiettivo di conservare il loro stato.

Al Colle, Draghi riconquisterebbe una buona parte dell'autonomia alla quale si è, comodamente,  abituato nel suo percorso professionale.

Lo spazio destinato alla presidenza della repubblica non è aperto alla discussione come il parlamento e questo lo attrae tanto che si sente dire che stia cercando sponde forti dentro e soprattutto oltre i nostri confini, in quegli ambienti (i suoi...) che combattono a colpi di spread, con il potere di inferire colpi mortali alle nazioni e piegarle alla loro volontà.

Ma, anche da autorevoli voci estere è arrivato, a Draghi,  l'invito a conservare la carica di Presidente del Consiglio.

Come è stato il caso di Bloomberg, la super agenzia finanziaria americana, che gli ha scritto un esplicito invito pubblico a restare al suo posto:

I presidenti italiani hanno molti più poteri di quello che sembra.

Lo spread tra Bund e BTP per ora non si è mosso molto, probabilmente perché i mercati si aspettano che Draghi non lascerà la scena politica".

Ma lo slancio del governo Draghi, potrebbe rapidamente dissiparsi se gli succedesse un primo ministro meno efficace che non ha l’influenza dell’ex capo della Banca centrale europea in patria e all’estero.

Ciò potrebbe mettere a repentaglio l’accesso del Paese a oltre 200 miliardi di euro in sovvenzioni e prestiti disponibili dal fondo di recupero della pandemia dell’Unione europea.

E, non solo questo che sarebbe già troppo per il nostro Paese, ma, nel ruolo inopportuno del Presidente della Repubblica, che Draghi avrebbe solo dopo e per avere abbandonato il timone del Consiglio dei Ministri, sarebbe al nostro vertice nella guida dei provvedimenti conseguenti che sarebbero drammaticamente più gravi di quelli già subiti, al tempo, dalla Grecia.

Perchè, semplicemente, essendo l'Italia ancora una delle nazioni più ricche al mondo, avrebbe moltissimo di più da perdere rispetto alla terra ellenica.

Orbene, un nonno al servizo delle istituzioni, non può voltare le spalle al suo Paese e neanche può oltraggiare l'attestato di massima stima e fiducia che gli era stato conferito dal Presidente uscente Mattarella.

Mario Draghi deve restare al suo posto e deve completare il suo lavoro, turandosi il naso per superare la sua insofferenza verso il nuovo (per lui...)  mondo politico nel quale, senza obbligo, aveva scelto di entrare, con non poco azzardo, sopravvalutando le sue capacità.

Non è utile all'Italia che molli il timone che ha in mano per fare altro, anzi, è molto pericoloso.

Ci sono molti "altri" attori possibili, magari anche consacrati dal voto popolare che lui non ha mai avuto.