L'EX LOCOMOTIVA D' EUROPA STA FRENANDO LA CRESCITA?
Milano, 28 novembre 2024. Di cura di Julian Marx, analista presso Flossbach von Storch SE.
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Già da qualche anno l’economia tedesca sta mostrando segnali di rallentamento, mentrequella statunitense continua a prosperare
La Germania è stata l’unico Paese del G7 che lo scorso anno ha visto calare il PIL in termini reali e, secondo le ultime stime di crescita, anche quest’anno la Repubblica Federale sarà il fanalino di coda tra gli Stati del G7.
C’è chi sostiene che il modello economico tedesco sia irrimediabilmente danneggiato: la forte crescita degli ultimi decenni si fondava sull’importazione di gas russo a basso costo, che sosteneva le industrie esportatrici tedesche.
Sono quindi giustificati i timori di una potenziale deindustrializzazione dell’economia tedesca?
In effetti, il PIL reale della Germania nel secondo trimestre del 2024 superava di appena l’1% il dato del quarto trimestre 2019.
Nello stesso periodo la produzione economica reale degli Stati Uniti è aumentata di poco meno del 10%.
Sviluppi che stanno facendo sudare freddo gli esponenti della comunità imprenditoriale del paese. Ma come stanno le cose realmente?
La prosperità della Germania è legata al successo dell’industria manifatturiera, che rappresenta il 20% del PIL, più del doppio del Regno Unito.
Tale quota è rimasta sostanzialmente stabile dagli anni ‘90, mentre negli altri paesi industrializzati è nettamente diminuita a favore del settore servizi.
Proprio quest’area dell’economia barcolla già da diversi anni: la produzione industriale si sta indebolendo e le industrie ad alta intensità di energia minacciano di trasferirsi altrove dopo lo shock dei prezzi energetici nel 2022.
Un primo sguardo alle industrie chimiche, metallurgiche e cartarie, particolarmente energivore, non lascia ben sperare: oggi il numero di persone occupate in questi settori è ampiamente inferiore ai livelli pre-pandemia e gli ultimi sviluppi non indicano una ripresa in tal senso. Tuttavia, sarebbe eccessivo dedurne una deindustrializzazione della Germania su vasta scala, dato che questi rappresentano solo il 4% circa della produzione economica.
Negli ultimi anni i rincari delle materie prime e dell’energia hanno pesato sull’intera economia tedesca.
Sia la Germania che l’Eurozona hanno risentito dello shock dei prezzi energetici dopo l’attacco della Russia all’Ucraina.
Di conseguenza, nel 2022 la zona euro ha dovuto registrare un saldo negativo delle partite correnti per la prima volta dal 2011. Anche in Germania l’avanzo delle partite correnti si è notevolmente ridotto nel primo anno di guerra, ma è rimasto a un ottimo 4% del PIL – a riprova di un’economia ancora molto solida. In un’ottica di lungo termine, per poter garantire la sicurezza degli approvvigionamenti è senz’altro auspicabile una minore dipendenza dalle importazioni di energia. Per il momento, però, l’import non dovrebbe rappresentare un freno significativo alla crescita.
Anche il calo della produzione industriale negli ultimi anni è meno grave di quanto possa apparire. Negli ultimi anni i produttori tedeschi hanno reagito alla crisi energetica e alle interruzioni delle catene di fornitura puntando su prodotti a più alto valore aggiunto e utilizzando meno fattori produttivi. Di conseguenza il valore aggiunto del settore manifatturiero è rimasto costante sebbene la produzione industriale sia diminuita.
Con l’impennata dell’inflazione nel 2022, i consumatori hanno iniziato a tirare la cinghia e la Banca Centrale Europea ha aumentato i tassi d’interesse per evitare che il fenomeno prendesse piede.
Ciò ha pesato sull’edilizia residenziale e su altri settori sensibili ai tassi d’interesse.
Sempre nel post-pandemia, la domanda globale si è spostata dai beni industriali ai servizi penalizzando l’economia tedesca, incentrata com’è sull’industria manifatturiera. Ma tutti questi trend potrebbero anche invertire la rotta, tornando a favorire la Germania.
Una nota particolarmente dolente in questo contesto è la perdita di competitività, soprattutto nei confronti degli Stati Uniti. Dalla fine degli anni ‘90, la produttività è aumentata in Germania – e nel resto dell’Eurozona – ma in misura molto minore rispetto a quanto avvenuto oltreoceano.
Uno dei motivi è l’eccessiva burocrazia, che ostacola gli investimenti e la costituzione di imprese: ad esempio, in Germania servono 120 giorni per ottenere una licenza commerciale – più del doppio del tempo rispetto alla media OCSE.
In Germania, negli ultimi vent’anni, sia le nuove costituzioni che le chiusure aziendali sono calate di quasi il 30%.
Una maggiore dinamica nell’imprenditoria tende a favorire lo sviluppo della produttività, perché gli ingressi e le uscite delle aziende dal mercato svolgono un ruolo importante nella distribuzione efficiente dei fattori produttivi: quando nuovi attori si affacciano sul mercato, la concorrenza si intensifica e le imprese rivali sono più portate a innovare.
Di conseguenza, le aziende meno redditizie si ritirano e quelle più giovani guadagnano l’accesso a risorse produttive e mercati di sbocco. Il minore dinamismo imprenditoriale potrebbe quindi essere un altro tassello del puzzle che spiega il rallentamento e il debole andamento della produttività in Germania.
Gli eccessi di burocrazia e la carenza di investimenti possono spiegare in gran parte le perdite di produttività relativa dell’economia tedesca negli ultimi anni e decenni, ma c’è anche un altro fattore che sta pesando sempre più: l’invecchiamento demografico.
Nei prossimi 5 anni molti baby boomer andranno in pensione e il tasso di crescita della forza lavoro in Germania diminuirà più rapidamente che negli altri paesi del G7, con conseguenze non da poco: i contributi previdenziali dovranno continuare ad aumentare, come la domanda di servizi sanitari, che potrebbe sottrarre manodopera ad altri settori.
Oggi la Repubblica Federale si trova quindi di fronte a problemi importanti, ma sono già stati compiuti alcuni passi che lasciano ben sperare: Ad esempio, la legge sulle energie rinnovabili entrata in vigore lo scorso anno (“Wind-an-Land-Gesetz”) mira ad accelerare le procedure di pianificazione e autorizzazione per aumentare lo sfruttamento dell’energia eolica. Inoltre, l’anno scorso il governo federale e la Deutsche Bahn hanno lanciato il più imponente programma infrastrutturale dai tempi della riforma ferroviaria del 1994.
Nonostante tutte le sfide temporanee e strutturali, i surplus delle partite correnti nettamente positivi degli ultimi anni e il prestigio della Germania come centro scientifico testimoniano le solide fondamenta su cui poggia il paese. A nostro avviso, sarebbe quindi prematuro dare per spacciata la Germania e il futuro dei suoi cittadini. Il motto dei prossimi anni potrebbe essere: “Più responsabilità individuale per il bene della collettività”.