LETTERA APERTA SUL SENSO DEL GREEN PASS. AL GOVERNO, DAL SINDACATO ITALIANO MILITARE GUARDIA DI FINANZA
Redazione, 16 ottobre 2021. Il Sindacato Italiano Militare Guardia di Finanza ha pubblicato (8 ottobre) una lettera aperta alla politica per comprendere il senso del green pass.
“L’impianto di questa nuova decretazione d’emergenza confligge con tutto ciò che il Corpo della Guardia di Finanza ci ha insegnato in questi lunghi anni e confligge anche con i principi e i valori sanciti nella Carta sulla quale abbiamo giurato fedeltà alla Repubblica italiana. (…)
Tutti i cittadini hanno il dovere di rispettare le regole imposte dallo Stato, ma tutti gli organi Istituzionali nel dettarle dovrebbero tener conto di quanto sancito dalla Costituzione e dalle norme sovranazionali”
“Chi ha deciso di non vaccinarsi non viola nessuna legge e nell’ordinamento giuridico italiano è pacifico il principio secondo il quale nessun trattamento sanitario possa essere compiuto, o proseguito, in difetto del previo ed esplicito consenso manifestato dal soggetto interessato.”
“Noi abbiamo l’onere di difendere la Costituzione democratica che garantisce i valori della tradizione liberale e riconosce i diritti sociali ad ogni cittadino.
Noi abbiamo l’onere di tutelare i diritti umani e di contrastare ogni pericolo alle libertà individuali sancite dalla Costituzione.
Noi abbiamo l’onere di combattere le mafie e i drammi prodotti dai totalitarismi per garantire la libertà dei cittadini e dello Stato.”
premesso che la scrivente organizzazione sindacale non ha alcuna posizione ideologica pregiudiziale rispetto alla validità della vaccinazione, quale strumento utile per contrastare la diffusione del Covid-19 ma, con l’ormai consueta pacatezza, serietà e sincero spirito costruttivo che connotano la nostra compagine sindacale, riteniamo improcrastinabile un intervento da parte delle SS.LL. per chiarire i dubbi sui punti nodali di un impianto normativo emergenziale che, francamente, ha suscitato e suscita molte perplessità.
Capire l’oggi è difficile e i fatti e le contraddizioni di questo tempo li percepiamo tutti. Basta leggere i giornali, guardare la televisione o navigare in Internet, per avere la sensazione dell’estrema difficoltà a comprendere questa notte senza fine.
Scriviamo perché sentiamo il dovere di farlo, scriviamo per rispondere alle domande dei Colleghi e per rispondere a noi stessi, scriviamo per dissipare i dubbi che affollano la mente di chi, come noi, ha l’onere di fornire delle risposte e ben operare, ma si accorge che l’impianto di questa nuova decretazione d’emergenza confligge con tutto ciò che il Corpo della Guardia di Finanza ci ha insegnato in questi lunghi anni e confligge anche con i principi e i valori sanciti nella Carta sulla quale abbiamo giurato fedeltà alla Repubblica italiana.
Partendo dalle assunzioni per cui un enunciato vero non può essere fatto corrispondere a qualcosa di diverso attraverso la sostituzione di termini singolari coreferenziali, o attraverso la sostituzione di enunciati logicamente equivalenti, si può mostrare che, se gli enunciati veri corrispondono a qualcosa, allora essi dovrebbero corrispondere tutti alla stessa cosa.
Abbiamo avuto modo di osservare, però, che dall’analisi delle strutture formali costitutive dei testi normativi riferiti all’emergenza, emergono molte contraddizioni e disarmonie tra la decretazione d’urgenza e le norme di rango superiore, ormai quasi totalmente ignorate.
Il tema circa l’efficacia dei vaccini non ci riguarda ed essendo un percorso ideologico, scientifico, nonché sociale assolutamente divisivo, riteniamo di attenerci al saggio principio della prudenza.
La prudenza è una virtù militare e noi, oggi, registriamo le preoccupazioni di molti colleghi, vaccinati e non, circa le concrete ricadute sulla collettività e nel mondo militare dell’una o dell’altra scelta, ponendosi quesiti su analisi profonde, di natura etica e sanitaria, di lungo periodo.
Per quanto riguarda la decretazione d’emergenza è opportuno premettere che in ordine alle misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Mario Draghi, del Ministro della salute Roberto Speranza, del Ministro per la pubblica amministrazione Renato Brunetta, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali Andrea Orlando e del Ministro della giustizia Marta Cartabia, ha approvato il decreto legge n. 127/2021 che, segnatamente dal 15 ottobre p.v., introdurrà misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening.
Ricordiamo che il decreto legge è un atto avente forza e valore di legge che costituisce espressione dell’esercizio straordinario della funzione legislativa da parte del Governo ed è disciplinato dall’articolo 77 della Costituzione. In altre parole, il Governo, che ha solo funzioni esecutive, in casi straordinari di necessità e d’urgenza, può adottare, sotto la propria responsabilità, provvedimenti provvisori aventi forza di legge e deve presentarli il giorno stesso per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. I decreti legge, comunque, perdono efficacia sin dall’inizio se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione.
Dalla piana lettura delle disposizioni contenute nel decreto legge n. 127/2021, purtroppo, non riusciamo a cogliere il principio di non contraddizione che, invece, dovrebbe connotarlo.
Se leggiamo il comma 8 dell’art. 11, ci rendiamo immediatamente conto della sua difficile comprensibilità, nonostante il testo di una norma dovrebbe essere, quanto più possibile, chiaro e comprensibile. Oltre alla forma, anche la sostanza lascia molto perplessi a causa delle tante antinomie in esso contenute.
Sebbene la ratio dichiarata sia quella di contenere i contagi e garantire una maggiore sicurezza dei lavoratori, non comprendiamo il senso di quanto previsto nell’ultimo comma dell’art. 52, atteso che i vaccini non hanno una copertura totale e che, come ampiamente scritto, anche dopo la somministrazione della 2ª dose del vaccino ci si può ammalare, perché viene rilasciata, comunque, una certificazione valida per dodici mesi?
In altre parole, se i vaccinati con una dose o con il ciclo completo, si possono ammalare e possono guarire, quindi, possono infettarsi, possono infettare e possono anche guarire, esattamente come i non vaccinati, qual’è il senso della certificazione annuale?
Del pari, scorgiamo un altro attacco al principio di non contraddizione leggendo i commi 6 e 7 dell’art. 1.
Al comma 6, infatti, non c’è scritto che il lavoratore sprovvisto di “green pass” non può accedere nel luogo di lavoro, ma che sarà considerato assente ingiustificato fino alla presentazione della predetta certificazione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021. Inoltre, per i giorni di assenza ingiustificata non è dovuta alcuna retribuzione, compenso o altro emolumento, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro.
Al successivo comma 7, però, è scritto che l’accesso del personale ai luoghi di lavoro di cui al comma 1 in violazione degli obblighi di cui ai commi 1 e 2, è punito con la sanzione di cui al comma 8 e restano ferme le conseguenze disciplinari secondo i rispettivi ordinamenti di appartenenza.
Alla luce dell’assunto, quindi, il comma 6 dice che non ci sono conseguenze disciplinari se si entra senza il “green pass“, ma il successivo comma 7 prevede conseguenze disciplinari per chi entra essendone sprovvisto.
Fatte queste opportune premesse rileviamo che il decreto legge in parola, oltre ad imporre a tutti i lavoratori pubblici e privati il possesso del certificato verde per accedere nei luoghi di lavoro, prevede pesanti sanzioni in capo al lavoratore sprovvisto della certificazione sul luogo di lavoro.
Siamo in presenza, e per la prima volta, di sanzioni che, a nostro avviso, risultano fortemente penalizzanti e afflittive poiché comporteranno la mancata corresponsione della retribuzione per le giornate di assenza ingiustificate e l’applicazione di una sanzione pecuniaria che varia da 600 a 1.500 euro.
Inoltre, avuto riguardo per il fatto che la certificazione verde è ottenibile dopo l’avvenuta vaccinazione o la guarigione dal COVID-19, con durata annuale, ovvero sottoponendosi a tampone antigenico, il cui costo è interamente a carico del lavoratore, con validità di sole 48/72 ore (a seconda del tipo di tampone), il SIM Guardia di Finanza ritiene che i cittadini italiani, con particolare riferimento a coloro che indossano la divisa e hanno scelto di servire la Patria, non debbano subire alcun obbligo surrettizio alla vaccinazione, stante la mancanza di una norma che ne preveda espressamente l’obbligatorietà.
Del pari, ritiene che nessuno debba essere discriminato per una scelta riconducibile alla libera autodeterminazione prevista all’art. 32 della nostra Carta costituzionale.
A nostro modo di vedere, l’assunto confligge con quanto il Governo sta attuando nei confronti dei cittadini che hanno liberamente scelto di non vaccinarsi, imponendo l’obbligo della certificazione verde per accedere nei luoghi di lavoro.
Considerando che la vaccinazione non è obbligatoria questi lavoratori saranno “obbligatoriamente” costretti ad effettuare, pagando di tasca propria, continui test antigenici e qualora non fossero in grado di far fronte al quasi quotidiano esborso economico, saranno “liberamente” costretti a scegliere, quale unica alternativa, di essere esonerati dal lavoro senza stipendio, senza alcun sostegno economico e con il dubbio di subire un procedimento disciplinare.
Considerato il numero degli appartenenti alle Forze dell’ordine che hanno scelto di non vaccinarsi, noi riteniamo che basterebbe una percentuale prossima al 15% per arrecare un grave nocumento alla sicurezza del Paese e alla tenuta di tutti gli altri servizi pubblici essenziali.
Tutti i cittadini hanno il dovere di rispettare le regole imposte dallo Stato, ma tutti gli organi Istituzionali nel dettarle dovrebbero tener conto di quanto sancito dalla Costituzione e dalle norme sovranazionali.
In questi anni, ad esempio, la politica ha recitato il “mantra” dell’Europa che “ce lo chiede“, ergo, oggi non può permettersi l’arbitrio di non considerare le norme europee e, pertanto, urgono soddisfacenti chiarimenti in ordine ai dubbi, alle incongruenze e alle perplessità scaturenti proprio dalla semplice analisi testuale della decretazione d’emergenza.
Abbiamo rilevato che il “green pass” obbliga al “vaccino” o all’effettuazione di un tampone ogni 48/72 ore a carico del lavoratore pubblico e privato, ma nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, segnatamente all’art. 3 – Diritto all’integrità della persona, è sancito che:
“1. Ogni persona ha diritto alla propria integrità fisica e psichica. 2. Nell’ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati: a) il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla legge; b) il divieto delle pratiche eugenetiche, in particolare di quelle aventi come scopo la selezione delle persone; c) il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro; d) il divieto della clonazione riproduttiva degli esseri umani.” (link QUI ).
Il Regolamento (Ue) 2021/953 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 giugno 2021, su un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione in relazione alla COVID-19 (certificato COVID digitale dell’UE) per agevolare la libera circolazione delle persone durante la pandemia di COVID-19 (link QUI ), al “considerando” 36 sancisce che:
“È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti COVID-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate. Pertanto il possesso di un certificato di vaccinazione, o di un certificato di vaccinazione che attesti l’uso di uno specifico vaccino anti COVID-19, non dovrebbe costituire una condizione preliminare per l’esercizio del diritto di libera circolazione o per l’utilizzo di servizi di trasporto passeggeri transfrontalieri quali linee aeree, treni, pullman, traghetti o qualsiasi altro mezzo di trasporto. Inoltre, il presente regolamento non può essere interpretato nel senso che istituisce un diritto o un obbligo a essere vaccinati.“
Sorvolando sui motivi dell’omissione, evidenziamo che la rettifica del regolamento (UE) 2021/953 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2021 (Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L 211 del 15 giugno 2021), segnatamente alla pagina 7, considerando 36, ha disposto la seguente modifica:
anziché: «(36) È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti COVID-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate. Pertanto …»,
leggasi: «(36) È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti COVID-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate o hanno scelto di non essere vaccinate. Pertanto…». (link QUI ).
La discriminazione, del resto, è vietata dall’art. 21 – Non discriminazione – della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea:
“1. È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale.
2. Nell’ambito d’applicazione dei trattati e fatte salve disposizioni specifiche in essi contenute, è vietata qualsiasi discriminazione in base alla nazionalità.” (link QUI )
Il Consiglio d’Europa, per effetto del dibattito in Assemblea del 27 gennaio 2021 (5ª seduta) (cfr. Doc. 15212, relazione della commissione per gli affari sociali, la salute e lo sviluppo sostenibile, relatrice: sig.ra Jennifer De Temmerman), testo adottato dall’Assemblea il 27 gennaio stesso, ha, tra l’altro, esortato gli Stati membri dell’Unione europea a:
“7.3.1 garantire che i cittadini siano informati che la vaccinazione non è obbligatoria e che nessuno è sottoposto a pressioni politiche, sociali o di altro tipo per essere vaccinato se non lo desidera;“
“7.3.2 garantire che nessuno venga discriminato per non essere vaccinato, per possibili rischi per la salute o per non volersi vaccinare;“
“7.3.3 adottare misure tempestive ed efficaci per contrastare la disinformazione, la disinformazione e l’esitazione riguardo ai vaccini contro il Covid-19;“
“7.3.4 distribuire informazioni trasparenti sulla sicurezza e sui possibili effetti collaterali dei vaccini, collaborando e regolamentando le piattaforme di social media per prevenire la diffusione della disinformazione;“
“7.3.5 comunicare in modo trasparente i contenuti dei contratti con i produttori di vaccini per renderli pubblicamente disponibili per l’esame parlamentare e pubblico;” eccetera…
A noi del SIM Guardia di Finanza, francamente, non sembra che le succitate esortazioni siano state tenute in debita considerazione dal Governo.
Il SIM Guardia di Finanza ritiene discriminatoria l’obbligatorietà del “green pass” per tutti i Colleghi che hanno deciso di non vaccinarsi e reputa iniquo qualsiasi provvedimento che, a fronte della gratuità dei vaccini, imponga il pagamento dei tamponi per onorare il giuramento di fedeltà alla Repubblica prestato al momento dell’arruolamento, giuramento che non esclude, in capo ai militari, l’esistenza della capacità di discernimento e della libera determinazione.
La Costituzione della Repubblica italiana vieta espressamente la discriminazione. Infatti, l’art. 3 sancisce inequivocabilmente che:”Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale [cfr. XIV] e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso [cfr. artt. 29 c. 2, 37 c. 1, 48 c. 1, 51 c. 1], di razza, di lingua [cfr. art. 6], di religione [cfr. artt. 8, 19], di opinioni politiche [cfr. art. 22], di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.“
La CEDU (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo) vieta anch’essa la discriminazione, infatti, all’art. 14 sancisce che: “Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione.“
Anche la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo vieta ogni discriminazione poiché all’art. 2 stabilisce che:”Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia che tale territorio sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi altra limitazione di sovranità.“
Questa compagine sindacale ha l’onere di rispondere ai dubbi e alle diversificate istanze di tutela invocate dai Colleghi, ma non riesce a comprendere i perché di tante, troppe, disarmonie tra la decretazione d’emergenza e le norme di rango superiore.
Tralasciando per un attimo la Costituzione, se è vero che le norme europee prevalgono su quelle nazionali; come ci hanno spiegato quelli: «dell’Europa che ce lo chiede»; speriamo che qualcuno abbia il buon senso di illuminarci sul senso da attribuire all’art. 9 del decreto legge n. 52 del 2021, introduttivo del “green pass“, ove si prevede espressamente l’applicazione delle norme italiane solo se compatibili con il Regolamento UE 953/2021, Regolamento per il quale il “green pass” è facoltativo.
Sappiamo che il primo riferimento al “green pass” è riportato nella Gazzetta Ufficiale del 22 aprile 2021, dove, segnatamente all’articolo 9, si fa un rimando alle future decisioni del Parlamento Europeo, arrivando, poi, alla Gazzetta Ufficiale del 23 luglio con la quale sono state diramate le regole che lo hanno fatto partire dal 6 agosto. A molti, forse, è sfuggito un piccolo trafiletto che dice:
“le disposizioni dei Commi da 1 a 8“, cioè tutte le disposizioni relative al “green pass“, continuano ad applicarsi ove compatibili con i regolamenti (UE) 2021/953 e 2021/954 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 giugno 2021“.
Alla luce di quanto riportato nel precedente paragrafo, quindi, tutte le norme del “green pass” sono valide se, e solamente se, risultano compatibili con i regolamenti europei.
Come abbiamo visto, però, il Regolamento 2021/953, al considerando 36, stabilisce chiaramente che è necessario evitare la discriminazione diretta e indiretta delle persone che non sono vaccinate, medici, bambini, coloro che non possono e tutto il resto, ma subito dopo, segnatamente il 5 luglio, sempre il Parlamento Europeo, ha rettificato quel considerando aggiungendo che anche le persone che hanno scelto di non essere vaccinate non possono essere discriminate e non le si può, in qualunque maniera, obbligare o discriminare. Ergo, secondo le leggi vigenti in Italia e in Unione Europea, qualunque obbligo o limite, qualunque discriminazione, sospensione o licenziamento, parrebbero semplicemente illegittimi, soprattutto perché dispongono chiaramente che: le persone che hanno deciso di non vaccinarsi stanno esercitando un proprio diritto.
Poiché l’onere di assicurare l’ordine e la sicurezza pubblica grava sullo Stato, ci chiediamo e chiediamo: quali azioni concrete potranno scongiurare una drastica e pericolosa riduzione degli organici? Quali azioni saranno poste in essere dai vari Enti di appartenenza per chiarire i dubbi interpretativi, aiutare i Colleghi che hanno difficoltà economiche e coloro che hanno subito danni fisici dopo l’inoculazione?
Oltre a richiedere la somministrazione gratuita dei tamponi antigenici per tutti gli appartenenti al Corpo, memori delle contraddizioni inerenti le comunicazioni ufficiali e dei danni psicologici conseguenti al lockdown e alla sua gestione, riteniamo che la sola presentazione della certificazione verde per accedere nei luoghi di lavoro non risolverà il problema e non sarà in grado di tutelare la nostra salute e quella dei nostri familiari.
Noi speriamo di sbagliarci, ma riteniamo che questo Governo continuerà a percorrere la propria strada e allora, poiché anche i vaccinati posso infettarsi e infettare, comunichiamo sin da ora che il datore di lavoro, pubblico e privato, non sarà esente da responsabilità se non richiederà il tampone a tutti i dipendenti, ivi compresi i vaccinati.
Ai sensi dell’art. 2087 del Codice Civile (R.D. 16 marzo 1942, n. 262) – Tutela delle condizioni di lavoro:”L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro [Cost. 37, 41].” Pertanto, qualora volesse evitare di assumersi la responsabilità che su di lui incombe, in virtù di quanto disposto dall’art. 2087 c.c., ogni datore di lavoro dovrà necessariamente procedere all’adozione di tutte le dovute cautele previste dal Testo Unico in materia di sicurezza sul lavoro, D.Lgs 81/2008.
Il succitato Testo unico, come noto, impone stringenti obblighi sul datore di lavoro, sui dirigenti, (art. 18) e sul medico del lavoro, (art. 25).
Se è valida la regola di diritto della tradizione scolastica: «Dura lex, sed lex», mediante la quale si afferma la necessità morale di piegarsi ad una legge, anche se dura; imponendoci di accettarla quando il dovere lo esige, si dovrà considerare altrettanto valida la frase sulla Legge scritta da Pittaco: «Obedite legis vos qui fecit legem»1.
La nostra compagine sindacale ha sempre cercato di operare con equilibrio, astenendosi dal creare condizioni disonorevoli o improvvide, evitando di assumere atteggiamenti potenzialmente in grado di arrecare danno o portare discredito al Corpo della Guardia di Finanza.
Noi siamo militari e ci atteniamo ai fatti, indaghiamo e pesiamo le parole per il valore che hanno ex sé e non per come le si vuole far intendere. Per noi ogni parola ha valore, peso e significato specifico. Dovremmo forse ritenere che la parola sia un atto del percepire che può protendersi fino al limite estremo e perverso di significati accomodati all’abbisogna?
Dovremmo forse ritenere che modificando il senso delle parole si possano erigere nuove barricate per svilirle di fronte ai nuovi moralismi in astinenza mediatica e agli ascetismi emotivi?
Abbiamo bisogno di nuovi modelli di razionalità coincidenti con le buone prassi, o stiamo smontando la positività dell’Organizzazione, paradossalmente incuranti e dimentichi delle azioni responsabili che tendono al miglioramento della persona nelle sue componenti valoriali, relazionali e applicative?
Il Comando è un onere che impone equilibrio e persino la responsabilità del pensare raccoglie la cifra della moralità dispiegata sul piano della prassi, della scelta, della decisione ponderata che agisce sul pensiero e la riflessione teorica, dove l’impegno dell’intellettuale trova il suo terreno di elezione.
La nostra posizione è stata chiara sin dall’inizio e ci ha permesso di non interferire sulle scelte etiche e morali di ciascun Collega, anche perché riteniamo che la proposizione di teorie in grado di conciliare la scienza con la religione e le sue strutture dogmatiche sia un’ardua impresa.
Tenendo fede alla scelta, solennemente manifestata col giuramento, abbiamo sempre operato con il consapevole impegno di salvaguardare la Patria e le Libere Istituzioni. L’Ethos che riassume il nostro consapevole impegno, unito a quello dei tanti Colleghi che abbiamo avuto il privilegio e l’onore di conoscere personalmente, precede persino l’impegno giuridico.
Non ci soffermeremo sulle fotografie, ormai divenute virali, dei colleghi della Polizia che ”pranzano” in divisa all’esterno di una mensa o sulle scale, anche perché abbiamo già espresso la nostra solidarietà, interrogandoci sulla reale portata della volontà impositiva della certificazione verde nelle mense di servizio, che ricordiamo essere un diritto per i fruitori.
Del resto anche la Guardia di Finanza ha sommariamente seguito la corrente che eleva a norma anche le FAQ, senza valutare le implicazioni e le conseguenze scaturenti dal possibile disdoro arrecato al Corpo dalle fotografie che potrebbero immortalare situazioni similari.
Poiché la vaccinazione è e rimane una libera scelta personale, riteniamo che questo atteggiamento surrettizio, umiliante, frettoloso, sbrigativo, approssimativo e discriminatorio, non sia accettabile, al pari delle scelte di un esecutivo che, francamente, disorientano.
Il problema non riguarda la consumazione del pasto, anche se è un diritto da 4,65 miseri euro, ma la plateale discriminazione che si unisce alla mancata previsione di spazi attrezzati e dignitosi che permettano ai Colleghi che non posseggono il “green pass” di sedersi e consumare il vitto, evitando le situazioni incresciose già fotografate e l’indegna discriminazione di chi ha comunque diritto alla mensa.
La nostra democrazia è stata fortemente ridimensionata e sospesa da provvedimenti che hanno eroso i diritti fondamentali dei cittadini, impedendogli, di fatto, di vivere in relazione con gli altri e in libertà.
Ribadiamo che non ci preoccupa il pasto, ma la condizione d’incertezza e di paura ormai diffusasi fra i cittadini, sempre più confusi e depressi dal protrarsi di una situazione emergenziale che li porterà a morire di fame o di virus.
Ognuno di noi, al fine di ristabilire il proprio indispensabile equilibrio vitale, reagisce e si adatta dinamicamente ai cambiamenti dell’ambiente interno ed esterno perché ha in sé un potenziale di vita che tende non soltanto a conservarsi e rafforzarsi, ma a crescere, ad acquisire la massima potenza, a schiudersi e a trasmettersi agli altri esseri che ne costituiranno il prolungamento e la continuazione.
Tutto si compie e nulla avviene per caso, ma secondo le linee di una specificità che è iscritta nel funzionamento stesso del nostro organismo e nella necessità dell’equilibrio senza il quale la vita non potrebbe compiersi.
Come già scritto in altre riflessioni: “ricordiamoci sempre da dove siamo partiti per dar voce alla ragione, alla sua fredda luce raziocinante, luce necessaria per distinguere le antinomie, per giudicarle e, infine, riorganizzare i concetti e le idee.”
Ricordiamo a noi stessi che proprio a causa degli interventi cd. “anti-covid”, tutte le Forze dell’Ordine stanno erodendo ogni residuo di credibilità e consenso, perdendo persino la considerazione del Popolo italiano per il ruolo e la funzione che svolgiamo. La stessa considerazione e credibilità faticosamente conquistata negli anni.
Chi ha deciso di non vaccinarsi non viola nessuna legge e nell’ordinamento giuridico italiano è pacifico il principio secondo il quale nessun trattamento sanitario possa essere compiuto, o proseguito, in difetto del previo ed esplicito consenso manifestato dal soggetto interessato.
Nella Carta dei diritti dell’UE il legislatore comunitario ha ben identificato e distinto il diritto fondamentale alla salute4, dalla dimensione pubblica della tutela della salute collettiva, dimensione dalla quale origina il diritto sociale ad ottenere trattamenti sanitari erogati dallo Stato5. Soprattutto nella prima prospettiva la Carta non parla di diritto alla salute, ma di «diritto alla propria integrità psico-fisica» e specifica che, nell’ambito della medicina e della biologia, essa è tutelata proprio attraverso lo strumento del «consenso libero e informato della persona interessata» (art. 3).
L’integrità è considerata elemento essenziale della dignità umana e, come tale, viene collocata fra i principi della Carta dei diritti6. Di contro, l’esigenza di protezione della salute che fonda il diritto di accesso ai servizi sanitari di prevenzione e di cura apprestati dagli Stati nazionali è tenuta normativamente distinta ed ascritta fra i diritti sociali che realizzano il principio di solidarietà (art. 35 del titolo IV della Carta).
In questo quadro, l’integrità del corpo non è un valore che può prescindere dall’autodeterminazione individuale e diventare oggetto di tutela da parte di terzi in virtù di un concetto di salute estraneo al sentire del paziente.
Detto altrimenti, quando la carta europea indica nel consenso informato lo strumento primario di tutela dell’integrità nel campo della biologia e della medicina «significa che non si può disintegrare il valore della salute da quello della libertà, e assegnare a scopo del rapporto terapeutico il primo valore, e a funzione di tutela della libertà del paziente il secondo», posto che «l’obiettivo della collaborazione tra medico e paziente è l’integrità che l’autodeterminazione custodisce, realizza e concretizza».
Noi abbiamo l’onere di difendere la Costituzione democratica che garantisce i valori della tradizione liberale e riconosce i diritti sociali ad ogni cittadino. Noi abbiamo l’onere di tutelare i diritti umani e di contrastare ogni pericolo alle libertà individuali sancite dalla Costituzione. Noi abbiamo l’onere di combattere le mafie e i drammi prodotti dai totalitarismi per garantire la libertà dei cittadini e dello Stato.
La nostra etica militare scaturisce dalla scelta personale che ci ha portati a giurare solennemente di salvaguardare la Patria e le Libere Istituzioni anche a costo della vita, ergo, noi non possiamo avere paura e non possiamo indietreggiare. La Carta Costituzionale del 1948 ha inequivocabilmente sancito il riconoscimento etico e giuridico e l’inviolabilità di certi diritti e libertà fondamentali, ergo, non ritenevamo pensabile, fino ad un anno fa, l’imposizione del cosiddetto “lockdown“, del “coprifuoco” e del “certificato verde” da parte di un governo democratico.
Questo decisionismo estremo non dialoga, non ascolta e non fornisce le risposte di ampio respiro che questo modello di mondo, sempre più globalizzato, richiederebbe.
I mass media cercano di imporci i comportamenti da adottare per evitare i contatti e persino il modo di pensare all’altro come a colui dal quale stare a distanza. L’altro per questi media rappresenta il pericolo, il potenziale untore, qualcuno da cui proteggersi, qualcuno a cui è negato persino l’incontro col volto che una mascherina cela.
Iniziano già a manifestarsi le prime fratture nei rapporti tra i Colleghi e ciò, a nostro avviso, si riverbererà negativamente sullo spirito di corpo che ci rende convinti portatori di valori perduranti e condivisi, anche oltre il rapporto di dipendenza e di servizio. Lo spirito di corpo funzionale alla coesione, al mantenimento delle tradizioni e all’incremento dell’efficienza dei Reparti.
Dove sono finiti gli orientamenti etici che si accordavano con la nostra spiritualità? Dov’è finita l’armonia? Dove sono finiti l’orgoglio, l’onore e il vanto dell’appartenere alla fiera compagine militare che “Neanche spezzata retrocede“? Che fine hanno fatto i principi culturali e i valori etici che consideravamo certi, acquisiti e indubitabili?
Le domande non trovano risposte all’accadere e nulla può essere dato per scontato quando si annulla il valore infinito dell’essere umano, dissolto in un rapporto di responsabilità assolutamente asimmetrico rispetto al profitto.
La storia parla, la storia racconta, la storia insegna ed è vano qualsiasi tentativo finalizzato ad attribuire una parvenza etica al profitto. Nell’etica regna la gratuità, l’etica non ha pretese e non è afflitta dalla fredda logica del “do un des”, l’etica è assai distante dallo strisciante pensare all’effimero, altrimenti non si parlerebbe più di etica ma di interesse o di rapporto di scambio.
Se l’uomo è l’animale razionale descritto da Aristotele, l’unico animale che è riuscito a sviluppare la capacità di parlare e il solo in grado di ragionare, può ancora riflettere sulla separatezza? Può ancora riflettere sul discrimine?
Questo è un tempo particolare che deve essere maneggiato con cura. È un tempo che impone moderazione. Occorre cambiare la prospettiva per osservare l’orizzonte con la bussola della verità e della giustizia, consci del fatto che qualunque cambiamento necessita di tempo e il presente non può essere affrontato in maniera fugace e sbrigativa.
A nostro modesto avviso ogni esternazione dovrebbe essere attentamente meditata e pesata con il bilancino dell’orafo per non acuire le già elevate tensioni sociali.
Questa separatezza indotta, se non riusciremo a riscoprire i valori dell’appartenenza, dell’alterità e l’importanza dell’apertura, alla fine annullerà persino la domanda identitaria. Presto ci renderemo conto che per rispondere al quesito non si potrà prescindere dall’alterità, anche perché la nostra identità è sempre in relazione all’altro da noi, a colui o a coloro che ci permettono di avere coscienza di ciò che siamo, di essere un noi e di avere un’identità.
La Guardia di Finanza ci ha sempre insegnato l’osservanza delle norme secondo la loro gerarchia, ergo: prima c’è la Costituzione, poi la Legge e dopo le fonti di rango inferiore.
Certamente anche i cittadini sono tenuti ad osservare la Costituzione e le leggi, ma solo noi, con atto cosciente e volontario, abbiamo giurato fedeltà alla Repubblica, rinnovando quotidianamente il nostro impegno all’osservanza della Costituzione e delle leggi e all’adempimento, con disciplina e onore, di tutti doveri derivanti dallo status di militari per la difesa della Patria e la salvaguardia delle Libere Istituzioni.
Per il nostro comune sentire quell’obbligo, prima che giuridico, è etico e sacrale, ergo, non intendiamo mancare al giuramento prestato, anche se l’adempiere al proprio dovere può costare, spesso, qualcosa e, talvolta, tutto.
Normalmente le leggi rappresentano un “minimo” etico, senza la cui osservanza si è al di fuori della Società Civile. Può tuttavia accadere, in particolari contingenze storiche, che le leggi si allontanino dall’etica di una nazione risultando non etiche.
Il SIM-Guardia di Finanza tutela tutti i Colleghi che osservano le norme vigenti e, ad oggi, la scelta di vaccinarsi o meno è libera e costituzionalmente garantita.
In tempo di pace, il Finanziere è un cittadino che svolge un servizio pubblico essenziale e quando esce di casa al mattino, o nel pomeriggio o di notte, non dice ai propri familiari di andare al lavoro, ma dice di andare in servizio e questa parola, che deriva da servire, è il senso più autentico della nostra missione.
I poteri che ci sono riconosciuti sono lo strumento per affermare il primato del diritto, non sono strumento di oppressione e, quindi, vanno usati responsabilmente, con umanità e intelligenza, in spirito di servizio. Il senso profondo del nostro servire è connotato dalla motivazione e dall’entusiasmo che nessuno dovrebbe spegnere.
Noi Finanzieri abbiamo ancora valori da difendere e giuramenti da onorare, ergo, non possiamo tirarci indietro o farci tirare per la giacca, soprattutto perché ci sono tanti cittadini italiani che ripongono la loro fiducia nelle Forze dell’Ordine fedeli al giuramento e alla Patria.
Restiamo in attesa di una cortese risposta e porgiamo i nostri saluti più cordiali.
Note:
- “In caso di violazione delle disposizioni di cui al comma 4, di mancata adozione delle misure organizzative di cui al comma 5 nel termine previsto, nonché per la violazione di cui al comma 7, si applica l’articolo 4, commi 1, 3, 5 e 9, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74. Per le violazioni di cui al comma 7, la sanzione amministrativa prevista dal comma 1 del citato articolo 4 del decreto-legge n. 19 del 2020 è stabilita in euro da 600 a 1.500.“
- “A coloro che sono stati identificati come casi accertati positivi al SARS-CoV-2 oltre il quattordicesimo giorno dalla somministrazione della prima dose di vaccino, nonché a seguito del prescritto ciclo, è rilasciata, altresì, la certificazione verde COVID-19 di cui alla lettera c-bis), che ha validità di dodici mesi a decorrere dall’avvenuta guarigione.“
- “Obbedisci alla legge, tu che hai fatto la legge“.
- Diritto che si esprime nella libertà individuale di disporre del proprio corpo in relazione ai trattamenti medici.
- «Il dovere dello Stato di esercitare la funzione sanitaria per la tutela della salute della collettività ed insieme della salute di ogni individuo» è, infatti, correlato al dirittto dei singoli «di pretendere dallo Stato la predisposizione dei beni e dei servizi strumentali rispetto a tale scopo: in questa prospettiva il diritto alla salute, inteso come diritto a determinate prestazioni da parte dello Stato, appare rientrare nella categoria dei diritti sociali» (B. Pezzini, cit., p. 25).
- Cfr. M. Cartabia – P. Tanzarella, Integrità personale e tutela della salute, in P. Gianniti, I diritti fondamentali dell’Unione europea. La Carta di Nizza dopo il Trattato di Lisbona, Il Mulino, 2013, p. 682 e seguenti.