LE CASSE DI PREVIDENZA E IL VENTURE CAPITAL

Trento, 6 marzo 2025. Di Paolo Rosa, avvocato.
Giunti a questo punto della trattazione, ritengo utile affrontare il tema degli investimenti in venture capital da parte delle Casse di Previdenza dei professionisti.
«Il venture capital è una forma di investimento di medio-lungo termine in imprese non quotate ad alto potenziale di sviluppo e crescita (high grow companies) che si trovano nella fase di start up, effettuata prevalentemente da investitori istituzionali con l'obiettivo di ottenere un consistente guadagno in conto capitale dalla vendita della partecipazione acquisita o dalla quotazione in borsa.
L'attività di venture capital non comporta unicamente l'apporto di capitale di rischio, ma riguarda anche una serie di attività connesse e strumentali alla realizzazione dell'idea imprenditoriale; fondamentale è l’apporto professionale dello stesso investitore nell’attività della società, di fatto questi partecipa alle decisioni strategiche dell’impresa apportando le proprie conoscenze ed esperienze professionali lasciando all’imprenditore e al management la gestione operativa.
Lo stesso investitore istituzionale può essere una figura di prestigio dell’ambiente finanziario, comportando notorietà per l’azienda stessa e facendo sì che il mercato stesso manifesti fiducia nella società al momento della sua quotazione.
Se la società in cui si è investito ha successo, l'uscita dell'investitore istituzionale si ha quando la società ha raggiunto lo sviluppo previsto.
Nel caso di insuccesso l’investitore abbandona quando si rende conto che non è più possibile risolvere la situazione di crisi.
Il disinvestimento può avvenire:
• con la quotazione in Borsa dei titoli della partecipata;
• con la vendita dei titoli ad un’altra società o investitore istituzionale;
• con il riacquisto della partecipazione da parte del gruppo imprenditoriale originario;
• con la vendita a nuovi e vecchi soci.
Quando l'investitore istituzionale entra in una società high growth in fasi successive allo start up si parla di "Private Equity".» (Fonte: Borsa Italiana).
«Il 28 gennaio Consob ha pubblicato un rapporto sulle tendenze e le sfide per il settore finanziario, illustrativo della congiuntura e dei rischi del mercato finanziario italiano a confronto con i mercati internazionali, analizzando altresì le dinamiche che possono rilevare per il raggiungimento degli obiettivi istituzionali dell’Autorità di vigilanza.
Nell’analizzare l’andamento generale dei mercati finanziari, il rapporto evidenzia una progressiva espansione del comparto del private equity a livello mondiale con il raggiungimento, nel 2023, del picco storico di risorse in gestione.
Rimane comunque marcata la differenza tra il dato europeo e quello statunitense, soprattutto nel segmento del venture capital.
A tale riguardo, secondo PitchBook, nei primi nove mesi del 2024 gli investimenti di private equity negli Stati Uniti hanno raggiunto il valore di 650 mld di dollari, rispetto ai 413 mld di dollari in UE, mentre per il venture capital gli investimenti negli Stati Uniti sono stati 3 volte maggiori di quelli in UE (131 mld di dollari contro i 41 mld di dollari in UE).
In Italia, in base ai dati AIFI, a giugno 2024 gli investimenti di private equity e venture capital hanno raggiunto i 4,5 mld di euro.
Il rapporto sottolinea anche l’importanza di private equity e venture capital come fonte di finanziamento, sia per le imprese mature sia per quelle maggiormente innovative.
In quest’ambito viene evidenziata la necessità di promuovere una maggiore partecipazione, diretta e indiretta, degli investitori retail ai mercati dei capitali, come obiettivo prioritario della Capital Markets Union (CMU), in linea con la Retail Investment Strategy della Commissione europea.
Al fine di semplificare l’accesso ai mercati dei capitali delle imprese, è importante inoltre proseguire con la semplificazione del quadro normativo, nonché intensificare le attività di educazione finanziaria per famiglie e imprese – in particolare le PMI». (Fonte: AIFI)
Come si trova scritto nel “Il rapporto sul futuro della competitività europea” di Mario Draghi, la limitata allocazione in venture capital da parte dei fondi pensione e delle Casse di previdenza rappresenta uno tra i principali ostacoli alla competitività tecnologica.
Ho già scritto altre volte che il Governo italiano ha messo gli occhi sul patrimonio dei fondi pensione e delle Casse di previdenza (circa 340 miliardi di euro ) per stimolare gli investimenti nel venture capital, che sono molto rischiosi.
In quest’ottica è stata pubblicata la legge 16.12.2024, n. 193, entrata in vigore il 18.12.2024, la quale all’art. 33 ha dettato per i fondi pensione e le Casse di previdenza disposizioni per favorire l’investimento istituzionale nelle start up innovative.
Si tratta di un intervento di “dirigismo economico” che si distingue sia dal liberalismo puro che dalla economia pianificata centralizzata.
Lo Stato, infatti, interviene nell’economia offrendo agevolazioni fiscali per interventi ritenuti cruciali per l’interesse nazionale, come la ricerca scientifica.
Lo Stato cioè non sostituisce il mercato ma funge da guida, lasciando spazio all’iniziativa privata.
Nel nostro caso, però, lo Stato deve rendersi conto che la provvista che indirizza verso VC è costituita da contribuzione previdenziale.
L’agevolazione prevede che i redditi derivanti da tali investimenti qualificati, effettuati nel rispetto delle condizioni stabilite per legge, non siano assoggettati all’imposta sul reddito, per le Casse di previdenza e non concorrano alla formazione della base imponibile su cui si applica l’imposta sostitutiva di cui all’art. 17 del d.lgs. n. 252 del 2005, per i fondi pensione.
Per poter fruire di queste agevolazioni, l’investimento qualificato in quota o azioni di fondi per il venture capital deve essere almeno pari al 5% del paniere degli investimenti qualificati risultanti dal rendiconto dell’esercizio precedente e, a partire dall’anno 2026, almeno pari al 10% di tale paniere.
Trattandosi di un asset decorrelata da tutte le altre, l’agevolazione è sicuramente interessante a condizione però che lo Stato si faccia garante del rischio della perdita totale, o anche parziale, dell’investimento che per legge dovrà durate almeno 5 anni.
Diversamente si scaricherebbe il rischio finanziario sull’iscritto, obbligato per legge ad esserlo, che nulla potrebbe dire o fare se non subire scelte rischiose fatte da altri con la provvista altrui.
Ritengo utile segnalarvi il Rapporto sul venture capital pubblicato da AIFI il 18.02.2025 al seguente link.