Le banche non conoscono i loro clienti imprese
In una recente intervista rilasciata al Corsera, il Presidente dell`Abi – ill.mo avv. Giuseppe Mussari - , ha ribadito con forza come le banche non sono servizio pubblico, ma imprese private in diretta concorrenza le une con le altre e che devono fare profitti anche notevoli per poter stare sul mercato e supportare al meglio il territorio di competenza. E che, uniche in Europa, non hanno ricevuto neanche un centesimo di euro di denaro pubblico per superare la crisi dal 2008 ad oggi.
Su quest`ultimo punto mi sento di dargli ragione, osservando i dati della UE per il periodo 2008-2010 (vedasi documento allegato).
Tot. 1600 miliardi euro di aiuti di stato nell`Unione Europea in 2008-2010 (13% del PIL/GdP UE):
Aiuti di stato alle banche rispetto al PIL/GdP:
Irlanda 268%
Danimarca 67%
Belgio 20%
Regno Unito 18%
Grecia 17%
Olanda 16%
Lussemburgo 12%
Germania 10%
Austria 10%
Spagna 8%
Francia 6%
Svezia 6%
Portogallo 3%
Italia 0,3%
Finlandia 0,1%
Ma consultando l`ultimo studio di Bankitalia pubblicato a gennaio del 2012 (“L’accesso al credito in tempo di crisi: le misure di sostegno a imprese e famiglie “di Laura Bartiloro, Luisa Carpinelli, Paolo Finaldi Russo e Sabrina Pastorell) nella parte relativa all`analisi dell`operazione “Avviso Comune” - ovvero dell`accordo per sospendere le quote capitale dei mutui accesi da imprese in difficoltà finanziaria (periodo di riferimento 2009-2010), - si ha la netta sensazione che il sistema bancario nel suo complesso faccia difficoltà a profilare correttamente i propri clienti imprese, con la diretta conseguenza di una incapacità nell`orientare efficacemente la concessione del credito alle PMI.
Partiamo dai numeri (con i dati aggiornati al 30.09.2011)
Totale dei mutui che hanno beneficiato delle sospensioni: 61.304
Di questi, quelli erogati ad imprese con classi di rischio o rating intermedio (*) - C e D – rappresentano il 55,0% del totale.
Quelli erogati invece ad imprese con le classi di rischio peggiori (*) - E e Def – rappresentano il 10,0% del totale.
Fin qui nulla da rilevare, visto che le banche concentrano le loro concessioni di credito alle imprese con rischio intermedio. Ma incrociando questi valori con quelli del cure rate, ovvero della misura % che fotografa il rapporto tra coloro che dopo la sospensione hanno ripreso a pagare regolarmente le rate del mutuo sul totale di quelli che presentavano dei ritardi di pagamento al momento di avvio della moratoria, le sorprese non mancano e riportano in evidenza il “quiz” iniziale: ma le banche conoscono davvero i loro clienti imprese?
Ripartiamo, come sempre, dai numeri.
“Cure rate medio” delle imprese beneficiarie delle sospensioni di rate, appartenenti alle classi di rischio intermedie (*) – C e D – è pari al 60,7%
“Cure rate medio” delle imprese beneficiarie delle sospensioni di rate, appartenenti alle classi di rischio peggiori (*) – E e Def – è pari al 45,0%
Ovvero, le imprese con l`attribuzione di rating peggiori, pur presentando nella realtà dei fatti un tasso di rientro nella regolarità dei pagamenti non molto distante (45% contro 60%) dalle aziende alle quali sono state attribuiti rating migliori hanno potuto beneficiare dell`iniziativa di sospensione delle rate solo nel 10% dei casi. Se ci fosse stata invece una corretta valutazione del cliente impresa, avrebbero potuto essere accolte quasi 25.000 domande in più.
(*). Ai fini dell`analisi, i ricercatori hanno raggruppato le imprese in cinque fasce di rischio - crescente da A a E - facendo corrispondere quanto più possibile le probabilità di default associate a ogni fascia. Nei default (Def) rientrano controparti che al momento di avvio delle moratorie erano classificati dalle banche in past-due o in incaglio (e che nella maggior parte dei casi ricadevano al di fuori del perimetro dell’‘Avviso comune’)
autore: Antonio Mazzone