L`agenda anticorruzione per la crescita
La politica di `quantitative easing` della Fed, ora adottata anche dalla Bce, produrrà gli stessi effetti rialzisti sui mercati azionari europei?
Molti analisti non nascondono lo scetticismo per tre ragioni: 1) la più ovvia è che solo notizie negative consentono di speculare sulla volatilità vendendo short su ogni rimbalzo; 2) il secondo esempio è rappresentato dal Giappone che, pur in presenza di una banca centrale ancora più spregiudicata, non riesce da vent`anni a scuotere la borsa di Tokyo; 3) il terzo esempio è il più tecnico: l`intervento della Bce è una ricetta di successo se i Paesi ad alto spread, come Spagna e Italia, attuano le riforme senza diluire le risorse per pagare interessi elevati sul debito. Come si risponde a tutto ciò? I dati positivi superano di gran lunga quelli negativi: a) innanzitutto, i mercati non hanno ancora scontato la rivoluzione introdotta da Draghi (interventi in acquisto dei bond periferici e ampliamento dei collateral a garanzia delle linee di credito della Bce a favore delle banche europee). b) Il rapporto utili/prezzi è storicamente molto basso e contiene un implicito fair value stimato a +30-35%. c) Buona parte delle cause che hanno determinato la crisi sistemica è stata rimossa e, tecnicamente, sono fortemente diminuiti i motivi per acquistare Bund o titoli tedeschi a rendimenti vicino allo zero. Basti pensare ai circa 80 miliardi di euro investiti dalla Banca centrale svizzera su questi titoli più gli acquisti di portafoglio delle banche elvetiche e dei fondi di investimento internazionali; d) infine il risk-sentiment è cambiato sia negli Usa che in Europa. Finito il rischio sistemico ora si torna a ricercare migliori rendimenti. E il mix tra bond ad alto rendimento e azioni torna sulle scelte prioritarie dei gestori. Gli Usa hanno già recuperato 1.678 miliardi di dollari (58,9%) sui 2.853 erogati per il salvataggio dell’economia. L’Europa, per salvare le banche, ha stanziato 2.696 miliardi di euro recuperando il 58% di quanto è stato speso. Dunque, se la finanza migliora è tempo di dedicarsi alla ripresa dei consumi interni e alla scalettatura delle componenti strutturali che rallentano lo sviluppo. In Italia, è proprio la politica a condizionare il processo decisionale delle istituzioni dove i `grand commis` dello Stato appaiono insensibili alle esigenze di correggere la gravissima crisi (sprechi e corruzione) della macchina dello Stato e degli enti locali. In aggiunta alle spese correnti, le società partecipate costano agli enti locali un miliardo all’anno fra perdite e ripiani dei conti. Non a caso si attendono da Bondi, che sta lavorando in silenzio dodici ore al giorno, clamorose sorprese che saranno alla base di imminenti provvedimenti del Consiglio dei ministri. Questa crisi abbraccia il mondo delle imprese. Basti pensare alle opere pubbliche che vedono le imprese italiane primeggiare nel mondo mentre, quando operano in Italia, offrono costi che si raddoppiano in media rispetto al resto dell`Europa e interminabili tempi di realizzazione. Finalmente il presidente di Confindustria è entrato in sintonia con questi problemi ed è pronto a rinunciare agli incentivi (ve sono 720 tuttora in vigore) in cambio di una minore pressione fiscale `effettiva` stimata al 54,0%. Il fatto che di questi problemi se ne parli tutti i giorni sui media - giornali, televisione e radio - consente all`opinione pubblica di percepire l`esigenza del cambiamento. Su questi contenuti si racchiude il dibattito in corso sul Monti-bis destinato a sconvolgere la geografia politica dell’ultimo decennio.
Scritto da Guido Colomba, membro del Direttivo AssoFinance – Direttore responsabile “The Financial Review”.