LA ZONA FRANCA IN SARDEGNA
Torino, 15 febbraio 2024. Di Chiara Zarcone, avvocato, già Cultore della materia in diritto penale presso l'Università degli studi di Torino.
Questa analisi di tipo che sia prettamente normativa, necessita – al fine di rivelarsi efficacemente utile - di chiarezza e sufficiente determinatezza.
Proprio a tale fine, nel trattare della zona franca in Sardegna è necessario, in primo luogo, fare luce sulla natura stessa della zona franca.
Lo Statuto speciale per la Sardegna all’ art. 12 comma 2 prevede che il regime doganale della Regione è di esclusiva competenza dello Stato e che “saranno istituiti nella Regione punti franchi” - vi è quindi una espressa previsione normativa che ne prevede la costituzione.
Ma non solo.
L’ art. 13 del medesimo Statuto evidenzia come “lo Stato, con il concorso della Regione, dispone un piano organico per favorire la rinascita economica e sociale dell’Isola”- importantissimo.
Volgendo lo sguardo all’ordinamento comunitario -, vi è la previsione dell’ art. 167 comma 1 del codice doganale comunitario (Regolamento CEE n. 2913/92, Capitolo 3, Sezione 1) il quale statuisce che “gli Stati membri possono destinare talune parti del territorio doganale della Comunità a zona franca o autorizzare la creazione di depositi franchi”.
Definiamo il concetto di “zona franca”.
Essa consiste in un’area territoriale interclusa nella quale è consentito introdurre e detenere merci non unionali in sospensione dal pagamento dei diritto doganali.
Le merci poste nella zona franca non sono quindi soggette a controlli o formalità doganali e vige un sistema di sospensione del dazio.
Le merci possono rimanere nella zona senza limiti di tempo e, a prescindere dalla loro natura, quantità, origine e provenienza, non necessitano di documenti cauzionali o assicurativi.
Dal gennaio 2007 inoltre, secondo quanto disposto dalla Direttiva n. 2006/112/CE sono esenti da Iva in quanto sottoposte ad un regime transitorio “per destinazione” (cfr BUCCICO C., Il fondamento giuridico delle zone franche urbane e l’ equivoco con le zone franche di diritto doganale, cit., p. 110- 111 ).
Viene naturale desumere che la finalità della “zona franca” altro non sia se non quella di rimuovere gli ostacoli allo sviluppo economico e sociale della regione Sardegna dovuti proprio alla sua insularità.
Se si analizza il fenomeno della “zona franca” nella adiacente Corsica si osserverà come nel 1996 il governo francese aveva concordato, proprio con quest’ultima, l’istituzione di una “zona franca” trsmettendo dunque alla Commissione di Bruxelles il relativo progetto di Legge.
La proposta francese fù accolta con entusiasmo dalle istituzioni comunitarie che non ignoravano la condizione di naturale isolamento della Corsica e non in ultimo la necessità di concreti aiuti previsti a favore delle imprese operanti nell’isola o che intendessero operarvi nel futuro.
Il modello della Corsica ebbe di fatto un grande successo. Emulando il modello Corso, nel febbraio del 1997 grazie all’ iniziativa dei senatori Nieddu, Meloni, Caddeo, Ucchielli, Montagna, Piatti, Murineddu, Pinggera, Parola, Gambini e Maconi, veniva preentato il disegno di Legge rubricato “Costituzione della zona franca in Sardegna”.
Si era già discusso del tema nelle passate legislature ma, per la prima volta, in questo disegno di legge si affronatava la questione in maniera sensibilmente diversa rispetto a quello che era stato nel passato.
L’incipit del Disegno, che ne rappresenta la dichiarazione d’ intenti, recita “Questa proposta, invece, è stata concepita inserendo il tema della creazione della zona franca all’interno dell’Unione europea.
In particolare, il regime ipotizzato prevede la concessione di agevolazioni di varia natura alle imprese situate o create all’interno della zona, corrispondente all’intera regione Sardegna, ma perchè si realizzi l’intero procedimento occorre attivare la procedura di autorizzazione da parte della Commissione delle Comunità europea, a norma degli articoli 92 e 93 del Trattato istitutivo della Comunità europea.” (cfr Disegno di Legge n. 2115).
Il disegno di Legge aveva previsto le seguenti agevolazioni: l’ esonero dalla tassazione degli utili fino all’ammontare di lire 120 milioni annui, il contestuale esonero dal pagamento delle imposte locali sulle attività produttive sui redditi imponibili e la concessione della defiscalizzazione degli oneri sociali sulla retribuzione in misura pari al 40 per cento delle somme dovute.
Il punto d’approdo normativo primario per l’attuazione dell’art. 12 dello Statuto è stato l’art. 1 del D. Lgs. 10 marzo 1998, n. 75, con il quale sono state istituite in Sardegna le zone franche di Cagliari, Olbia, Oristano, Porto Torres, Portovesme e Arbatax, con riserva di introdurne ulteriori anche in altri porti ed aree industriali ad essi funzionalmente collegate o collegabili.
La costituzione della “zona franca” comporterebbe di fatto, a favore di specifici soggetti individuati dalla Legge, agevolazioni importantissime finalizzate proprio alla sviluppo economico della Regione.
E’ necessiario evidenziare come, a seconda dell’obiettivo raggiungere, sia preferibile optare per una species di zona franca piuttosto che un’altra.
Infatti, ad esempio, la “zona franca commerciale” sarà tesa a favorire lo sviluppo del commercio internazionale; la “zona franca industriale” incrementerà lo sviluppo di attività industriali d’esportazione; la “zona franca speciale o eccezionale” sarà tesa alla creazione ed allo sviluppo delle condizioni per la libertà di impresa anche con lo scopo di creare occupazione.
Esempio concreto di quanto detto su come può essere declinata la “zona franca” è rappresentato dal Decreto Direttoriale del 17 luglio del 2020, con il quale sono stati approvati gli elenchi dei soggetti ammessi alle agevolazioni previste per la zona franca istituita, ai sensi dell’articolo 13-bis del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, nei comuni della regione Sardegna colpiti dall'alluvione del novembre 2013.
Tale intervento era stato pensato ed espressamente rivolto alle imprese di micro e piccole dimensioni ubicate all’interno della zona franca – individuate nel testo del provvedimento stesso - , che avevano subito danni in conseguenza degli eventi alluvionali del 2013.
Richiamando nuovamente il Regolamento CEE n. 2913/92, Capitolo 3, Sezione 1, possiamo delineare con sufficiente precisione i poteri delle autorità doganali nazionali.
Nello specifico l’art. 168 attribuisce alle autorità nazionali il compito di definire “i limiti delle zone franche e dei depositi franchi” nonchè di controllare “le merci che entrano in una zona franca o in un deposito franco o che vi vengono de- positate o ne escono”.
Attraverso un proprio provvedimento legislativo, lo Stato italiano può dunque disciplinare le questioni relative all’istituzione di una zona franca doganale ma nelle determinazioni pratiche inerenti la costituzione della “zona franca” si deve tener conto sia del rispetto delle norme del codice doganale comunitario sia, – non in ultimo – proprio dello Statuto speciale della Sardegna.
Fatto salvo il caso specifico della “zona franca” istituita a seguito dell’alluvione del quale si è parlato, appare evidente come, in generale, alla contrazione dell’interesse fiscale in termini di minore gettito tributario incamerato, corrisponde una potenziale crescita sia economica che occupazionale per le aree sottosviluppate o maggiormente arretrate (si veda fra tutti SERRANÒ M. V., L’ incerto destino delle zone franche urbane: porvi rimedio!, cit., p. 486).
Attenzione: l’ Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico ha evidenziato come “...free zones have emerged on the scene as a planning tool to help boost economic development. They have their advantages, but their policy pitfalls too.” (trad. “Le zone franche sono emerse sulla scena come strumento di pianificazione per contribuire a rilanciare lo sviluppo economico.
Hanno i loro vantaggi, ma anche le loro insidie politiche”- OECD, Free zones: Benefits and costs, OECD Observer, n. 275, p. 19).
Tralasciando per un attimo il velato monito dell’ OECD, la zona franca, a lungo, termine rappresenta sicuramente un’ occasione di crescita per le imprese e, allo stesso tempo, permettere la realizzazione di processi solidi e costanti volti all’incremento occupazionale.
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https://www.ifanews.it/consulenza-e-banche-labete-della-discordia
https://www.senato.it/leg/16/BGT/Schede/ProcANL/ProcANLscheda17143.htm