La strategia di portafoglio per novembre di Pictet
La strategia di portafoglio per novembre di Pictet
Ecco un estratto dalla la Strategia di Investimento di Pictet aggiornata al 14 novembre 2011, a cura di Andrea Delitala - Head of Investment Advisory e Marco Piersimoni - Advisor di Pictet.
Dopo la debacle dei BTP della settimana scorsa, la nuova fase politica responsabile in Italia e Grecia dovrebbe consentire ai mercati qualche settimana di distensione, una piccola ‘luna di miele’ che ci auguriamo non venga interrotta dai vari fattori destabilizzanti di natura interna o esterna visti in queste settimane. D’altronde, finché si insinua il sospetto di possibili frantumazioni della moneta unica, il conseguente rischio valutario si scarica sui prezzi relativi dei titoli finanziari dei diversi Paesi, in primis le obbligazioni governative (Strategia di ottobre). La vulnerabilità finanziaria di Eurolandia impone di aggiornare l’analisi delle condizioni per la sua sopravvivenza. Nonostante i progressi nel delineare il rafforzamento del fondo salva-Stati, si è diffuso con ragione un certo scetticismo in merito al fatto che esso possa rappresentare il rimedio efficace (‘bazooka’) per crisi di fiducia che, come si è visto, possono colpire grandi Paesi che ne impegnerebbero buona parte della capienza. Inoltre l’EFSF è un esercizio di ingegneria finanziaria (ancora da precisare) di garanzie tra Stati EMU che nelle attuali circostanze potrebbe scontrarsi con il declassamento dei Paesi maggiori, come la Francia, già indeboliti dalle difficoltà dei propri intermediari finanziari. Quindi, a meno di attrarre Fondi Sovrani internazionali, l’EFSF rischia di esse un sostegno timido tra Paesi EMU, insufficiente a vincere lo scetticismo dei mercati. Urge il ripristino di maggiore omogeneità tra le condizioni finanziarie dei Paesi membri dell’EMU che mostrano una dispersione ben più accentuata della differenza tra i fondamentali. Le quotazioni del Bund sono distorte come quelle dei BTP a causa del flight to quality, e le suddette circolarità del mercato hanno più probabilità di alterare che di riflettere i fondamentali economici. La BCE potrebbe inserire gli interventi sui titoli di Stato (via Securities Market Programme) in un quadro di difesa dei differenziali di rendimento entro limiti prefissati. La difesa della BCE potrebbe essere modulata in funzione del grado di disciplina di bilancio: requisito minimo per la difesa (ad es. 300 pb di spread) sarebbe la stabilità del rapporto debito/PIL misurata assumendo tassi prefissati (5% o Bund +300 pb), ma potrebbe migliorare se il Paese garantisse una traiettoria di convergenza al 60% del rapporto in un orizzonte ventennale (per l’Italia: -3% l’anno). L’ortodossia monetaria pretenderebbe la sterilizzazione di questi interventi per tenerli separati dalle decisioni di politica monetaria; sarebbe anche opportuno definire il trattamento degli eventuali trasferimenti fiscali da essi risultanti (addebito, mutualità). Poiché la BCE non scorterebbe un malato terminale, l’EMU necessita di una nuova fase ‘costituente’ che scandisca la rotta di avvicinamento verso l’approdo salvifico rappresentato da una integrazione fiscale, all’interno di un percorso di rafforzamento del coordinamento economico e politico tra Paesi membri. Come per la creazione dell’Euro si tratterebbe di un processo a tappe di diversi anni, culminante con gli Eurobonds. La minaccia credibile degli interventi BCE sarebbe l’arma nucleare, capace di vincere la diffidenza del mercato forse senza neppure essere utilizzata. La Germania sembra per ora contare più sulla disciplina imposta dai mercati finanziari che sull’affidabilità dei Paesi membri. Chissà se l’eventuale contagio francese costituisce la minaccia capace di spingere la BCE ad assistere con più convinzione la stabilità di Eurolandia?
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