LA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE...

LA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE...

Torino, 21 febbraio 2025. Di Chiara Zarcone,  Avvocato del foro di Torino, giurista, già Cultore della materia Diritto Penale presso l’ Università degli studi di Torino.

Lo scorso 16 gennaio la Camera dei Deputati ha approvato, senza alcun emendamento, il testo della proposta di Legge di riforma costituzionale di iniziativa governativa A.C. 1917 denominato “Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare”.

Il suddetto disegno di legge modifica il Titolo IV della Costituzione con l’obiettivo di separare le carriere dei magistrati requirenti e giudicanti.

Il mio Maestro mi insegno com'è difficile trovare l'alba dentro all'imbrunire e come sia necessario, quando si analizza qualsiasi atto di natura normativa - ma non solo -, confrontarsi con le sue origini, in questo caso con i lavori preparatori che l' hanno generato.

Nella presentazione del Disegno di Legge a cura del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro della Giustizia, viene evidenziato come l' intervento di riforma tragga origine dal riconoscimento dei princìpi del giusto processo come dai novellato art. 111 della Costituzione, dall’evoluzione del sistema processuale penale italiano verso il modello accusatorio e da obiettivi di miglioramento della qualità della giurisdizione.

La relazione "...conferma la compiuta assimilazione tra i magistrati del pubblico ministero e i giudici rispetto alle garanzie offerte dai princìpi di autonomia e indipendenza: si tratta di un assetto che qualunque ipotesi di riforma ordinamentale deve rispettare." evidenziando l' imprescindibile principio secondo il quale non è possibile limitare in alcun modo l’indipendenza dei magistrati requirenti e giudicanti ma al contempo si avverta la necessità di dare attuazione alla separazione delle loro carriere in modo più conforme e "più coerente" alla struttura del processo penale.

La riforma prevede inoltre una rivisitazione dell'organo di autogoverno della magistratura - CSM, costituzionalmente previsto con il precipuo scopo di  adottare tutti i provvedimenti riguardanti lo status dei magistrati - con l’istituzione di due distinti Consigli superiori, uno per la magistratura giudicante e uno per la magistratura requirente, ambedue, in linea con le attuali previsioni costituzionali, presiedute dal Presidente della Repubblica, baluardo e garante dell' autonomia e della indipendenza della magistratura.

E' poi l'art. 2 che contiene la dichiarazione d'intenti del Disegno di Legge.

Infatti, modificando l' art 102 della Costituzione viene concretizzato il principio della separazione delle carriere dei magistrati confermando al contempo che la funzione giurisdizionale ad essi attribuita è esercitata dalla categoria dei magistrati ordinari, che comprende così coloro che esercitano funzioni requirenti come coloro che esercitano funzioni giudicanti.

Il novellato art. 104 ribadisce - ove occorrer possa - i princìpi dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura, nel suo insieme, da ogni altro potere.

Si conferma, così come la separazione delle carriere, nell' intenzione degli autori del disegno di Legge, non intenda in alcun modo attrarre la magistratura requirente nella sfera di controllo o anche solo di influenza di altri poteri dello Stato, perché anche la magistratura requirente rimane parte dell’ordine autonomo e indipendente, com’è oggi, al pari della magistratura giudicante.

L’articolo 4 modifica, sostituendolo integralmente, l’articolo 105 della Costituzione.

L’intervento, a detta dei fautori del disegno di Legge, si è reso necessario, in primo luogo, dall’esigenza di chiarire che le originarie competenze unitarie sulle materie indicate dalla norma sono ora distribuite tra i due autonomi Consigli superiori.

In secondo luogo, la modifica deriva dalla sottrazione al Consiglio superiore della magistratura della competenza a decidere sull’azione disciplinare, in correlazione con l’istituzione di un’apposita Corte, prevista dal disegno di Legge in esame.

Ancora, l'art. 105 Cost. viene modificato al fine di collocarvi le norme sull’Alta Corte disciplinare.

Attenzione!

La scelta dei Costituenti fu di assegnare direttamente al Consiglio superiore della magistratura la competenza per "i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati" (articolo 105 della Costituzione).

Il disegno di Legge in esame prevede l’istituzione di un nuovo organo di rilievo costituzionale, al quale assegnare la giurisdizione disciplinare nei confronti di tutti i magistrati ordinari.

È significativa anche la scelta della denominazione dell’organo quale Alta Corte disciplinare, in quanto funzionale a segnalare la rilevanza assegnata al profilo deontologico e professionale dei magistrati dalla Costituzione.

Nella redazione del disegno di legge costituzionale si è prestata particolare cura nel delineare una composizione dell’Alta Corte idonea a garantire all’organo l’indispensabile autonomia e indipendenza da altri poteri e la prevalenza della componente "togata ".

L’intervento di riforma attribuisce, infine, alla legge ordinaria il compito di determinare gli illeciti disciplinari, le relative sanzioni, la composizione dei collegi e le forme del procedimento disciplinare nonché di stabilire le norme necessarie per il funzionamento dell’Alta Corte.

L’articolo 5, intervenendo sull’art. 106 Cost., ha lo scopo di confermare l’assoluta autonomia della carriera dei magistrati requirenti rispetto a quella dei giudicanti, prevedendo, di conseguenza, anche per i primi, analogamente alle altre professioni indicate nella norma, la possibilità di essere ammessi, in via straordinaria, alla funzione giudicante di legittimità.

Peraltro, in modo connesso all’istituzione di due Consigli superiori della magistratura, si è ritenuto opportuno chiarire che la competenza a deliberare l’accesso alle funzioni di legittimità per meriti insigni spetta, come è ovvio, al Consiglio superiore competente per la magistratura giudicante.

A fronte del fatto che si possa abbracciare o meno il contenuto del disegno di Legge appena sintetizzato, questo lavoro vorrebbe essere da stimolo per una riflessione che vada oltre "il caffè al bar" e che possa, in quale misura, essere il più critica possibile.

Bisogna analizzare dunque i perché di chi si è schierato pro e chi contro la riforma.

Del resto la compatibilità di un regime di separazione delle carriere con la Costituzione - anche se non viene usato il termine “carriere”- è stata affermata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 37 del 2000 secondo la quale la Carta, pur considerando la magistratura come unico ordine, non contiene alcun principio che imponga o precluda la previsione di un’unica carriera o di carriere separate dei magistrati.

Secondo i fautori della riforma laddove c’è processo accusatorio c’è separazione delle carriere.

Solo la separazione delle carriere garantirebbe dunque la terzietà del Giudice.

A riprova di tale assunto viene usata un' analisi comparativa con i modelli americano ed anglosassone.

Comparazione non completamente condivisibile - se non con l'eccezione del Portogallo - poiché tali sistemi sono antitetici al nostro per principi, ispirazione, regole e disciplina a partire dal complesso sistema di di checks and balances.

Ed ancora.

Nei medesimi paesi l’azione penale del prosecutor - il pubblico ministero - è del tutto discrezionale e rientra nel contenuto spendibile dell’accordo para amministrativo con l’incolpato, così come l’inazione è soggetta a scarsissimo potere di controllo del Giudice e la decisione, in una risibile percentuale di casi, per i quali opera l’adversary, si esprime con il verdetto immotivato della Giuria.

Si badi bene!

In una conferenza tenuta nel febbraio del 1952 a Città del Messico, Piero Calamandrei, proprio richiamando l’esperienza inglese, ricordava "...il barrister si fida dei giudici, perché ieri furono avvocati come lui; il magistrato si fida del barrister, perché sa che domani salirà anche lui, dalla sbarra del difensore, al banco del giudice", insomma, "nel processo giudici e avvocati sono come specchi; ciascuno, guardando in faccia l’interlocutore, riconosce e saluta, rispecchiata in lui, la propria dignità" (P. Calamandrei, Processo e democrazia, Padova, 1954, pp.
139, 141.).

Osserviamo l'altro volto di Giano.

Sarebbe banale osservare come la moltiplicazione degli organi costituzionali non può che avere come naturale conseguenza la riduzione di autorevolezza dell’organo unico.

Proprio le regole costituzionali che governano la buona amministrazione - si veda l'art. 97 Cost. - impongono tacitamente la non moltiplicazione e lo snellimento dell' apparato amministrativo e burocratico - tralasciando i non trascurabili costi che deriverebbero al converso da un triplicarsi dell' apparato amministrativo -.

Autorevole dottrina - si veda fra tutti Maurizio Romanelli, "La separazione delle carriere, tra ragioni apparenti e ragioni reali.

I perché di un no" evidenzi come le ragioni reali della riforma siano tutt'altro che nascoste ma siano state espresse in una pluralità di occasioni.

A tal proposito Romanelli sottolinea come "...Non si tratta quindi di processo alle intenzioni, ma di intenzioni dichiarate ai più vari livelli dai   promotori e responsabili politici della riforma.

Sintesi delle varie dichiarazioni autorevoli: il giudiziario non deve “disturbare” il manovratore, e quindi si riforma la magistratura perché l’attuale giudiziario “disturba”; mai più un P.M. che osi investigare su un politico, su un ministro, o un giudice che osi porsi “contro il governo” in materia di immigrazione, o in altri settori, e via dicendo: i giudici sono contro il governo e danneggiano il Paese è più o meno la premessa degli ordini esecutivi del Presidente Trump che ho sopra ricordato."

Romanelli cita l'evento del 5 febbraio 2025 quando in occasione della “informativa urgente del governo” in Senato in ordine alla nota vicenda del cittadino libico Almasri il Ministro Nordio dichiarò come “se agli inizi vi erano delle esitazioni oggi non ci sono più.

Andremo avanti, andremo avanti fino in fondo, senza esitazione e sino alla riforma finale”.

Autorevoli esponenti della magistratura hanno espresso contrarietà alla riforma esaltando il valore profondo del nostro sistema costituzionale della magistratura, capace da sempre di garantire la uguale applicazione della legge nei confronti di tutti, senza distinzione di condizioni sociali e personali, senza privilegi ingiustificati, nell’interesse esclusivo dei cittadini.

I Padri Costituenti, detentori del potere costituente, origine dell'ordinamento costituzionale, intuirono la necessità di recidere il "vincolo di soggezione" della magistratura all’esecutivo e di costituire la stessa "in un ordine che per essere a sua volta autogovernato, cioè indipendente da ogni altro potere, assicurasse l’indipendenza dei suoi componenti (on. Leone)".

Nella Relazione all' Assemblea Costituente si legge : "Intanto nessun dubbio può esservi sulla opportunità di affermare nel modo più reciso il principio dell’indipendenza del giudice nell’esercizio delle sue funzioni, indipendenza che deve essere intesa non solo riguardo al potere esecutivo, come di solito si fa, ma in senso assoluto, giacché il giudice nell’esercizio delle sue funzioni deve essere sciolto da qualsiasi vin colo di dipendenza gerarchica nello stesso ambito giudiziario, essendo sottoposto soltanto alla legge.

Il principio dell’indipendenza deve inóltre essere esteso ai magistrati del Pubblico Ministero, che sono chiamati anche essi all’attuazione della legge, concorrendo, sia pure in forma diversa da quella dei giudici, alla funzione giudiziaria.".

Teniamo sempre alla mente le parole della più autorevole Dottrina, primo fra tutti il prof. Gustavo Zagrebelsky, il quale evidenzia come " ...E’ sorprendente che si faccia finta di non sapere che nelle forme politiche passa la sostanza.

Nulla è neutro, puramente tecnico, giustificato dalla sola efficienza” (Sandra Bonsanti, Il gioco grande del potere, pag. 238)... nulla può essere giustificato dalla sola efficienza.