LA RIFORMA DELLA PREVIDENZA FORENSE. TAGLIANO I RAMI SECCHI SENZA DIRE NULLA?
Trento, 11 giugno 2024. Di Paolo Rosa, avvocato.
Come ho già scritto più volte, non si conosce l’articolato, le osservazioni dei Ministeri e le correzioni fatte.
Si sa però che entro il mese di giugno la riforma, che è stata approvata dal Comitato dei Delegati, dovrà essere inoltrata ai Ministeri Vigilanti per l’approvazione, accompagnata da una relazione e dal bilancio tecnico attualizzato.
Per quello che è dato sapere, e quindi con un notevole grado di approssimazioni per “sussurri e grida”, la riforma prevede l’opzione per tutti al sistema di calcolo contributivo, nel rispetto del pro rata temporis, a partire dal 01.01.2025.
Si è abbandonata, quindi, l’ipotesi velleitaria, di applicare la riforma Dini senza tener conto delle modifiche apportate dalla Fornero.
L’aliquota per il calcolo del contributo soggettivo verrà gradualmente aumentata al 16% dal 2025, sino al tetto di 130 mila euro, al 17% dal 2026 e al 18% dal 2027, mentre il contributo soggettivo minimo dovrebbe assestarsi intorno ad € 2.750,00 l’anno così da venire incontro alla fascia più debole dell’avvocatura che potrà contare su un’effettiva riduzione della contribuzione dovuta rispetto alla normativa vigente.
Contributo integrativo minimo a 350 euro.
Il periodo iniziale d’iscrizione, per i primi quattro anni, sarà caratterizzato da una contribuzione soggettiva direttamente proporzionale al reddito professionale prodotto, con obbligo di contributo minimo. Dal quinto all’ottavo anno, il minimo soggettivo sarà ridotto al 50% (€ 1.375,00).
Resta in ogni caso la possibilità entro i primi 12 anni di iscrizione, su base volontaria, di integrare i minimali non versati.
L’aliquota per la contribuzione modulare volontaria sarà elevata dal 10 al 20% per dare modo di integrare il montante contributivo per il calcolo della quota modulare di pensione, mantenendo gli attuali benefici fiscali.
L’aumento della contribuzione modulare merita una riflessione che è già stata fatta dalla dott.ssa Marina Piovera nel suo “Previdenza forense e scelte finanziarie”, Cedam, 2022, la quale dalle pagg. 220 e seguenti tratta dei vantaggi e svantaggi della pensione modulare.
Tra i vantaggi la dott.ssa Piovera indica “la totale deducibilità dei versamenti ai fini IRPEF, la flessibilità dei versamenti e i costi ridotti per l’assenza di commissioni sulle somme versate in quanto la Cassa non persegue fini di lucro, con un rendimento minimo dell’1,5% sui contributi versati.
Tra gli svantaggi, invece, indica la doppia tassazione dei contributi versati che vengono assoggettati ad imposta una volta nella fase di accumulo e una volta in fase di erogazione della rendita; le aliquote fiscali perché la tassazione ordinaria della rendita pensionistica avviene in base alle aliquote IRPEF (quindi con aliquote dal 23% al 43%) a differenza del fondo pensione che prevede, invece, una tassazione agevolata dal 15% al 9% in base al numero di anni di permanenza nel fondo pensione; l’assenza di personalizzazione nella gestione finanziaria del montante perché i versamenti fatti come contributo modulare non vengono gestiti in maniera personalizza, sulla base dell’orizzonte temporale a disposizione del singolo iscritto e del suo profilo di rischio, ma attraverso una gestione in monte, cioè un portafoglio unico gestito nell’interesse dell’insieme dei partecipanti”.
Sarà aumentata l’aliquota del contributo soggettivo dovuto dai pensionati che proseguono nell’attività professionale dall’attuale 7,5% al 12% e il 3% oltre il tetto pensionabile ma con ripristino dei supplementi di pensione.
L’entrata in vigore del nuovo regolamento della previdenza è prevista, dopo l’approvazione ministeriale, per l’01.01.2025.
Poiché l’opzione al sistema di calcolo contributivo dal 01.01.2025 avverrà, per legge, nel rispetto del pro rata, sino alla sua entrata a regime, la pensione sarà liquidata con un sistema misto e cioè retributivo sino al 31.12.2024 e contributivo dal 01.01.2025 in poi.
Per chi si iscriverà dal 01.01.2025 si troverà nel regime di calcolo contributivo senza integrazione al trattamento minimo.
Il regime misto consentirà, invece, l’erogazione dell’integrazione al trattamento minimo della pensione, integrazione che, come detto, è vietata per legge nel sistema di calcolo contributivo.
In relazione a ciò, per ragioni di sostenibilità del sistema nel periodo di erogazione misto, l’integrazione al minimo della pensione, riservata a chi, nell’intera vita lavorativa, si limita a versamenti del solo contributo minimo, sarà gradualmente rimodulata abbassandola.
Sarebbe interessante conoscere l’articolato, la relazione accompagnatoria e soprattutto il bilancio tecnico al fine di valutare sia la sostenibilità del sistema previdenziale forense, sia l’adeguatezza delle prestazioni erogate alla luce del nuovo tasso di sostituzione che si verrà determinando e che sarà, oggettivamente, inferiore a quello attuale.
Sostenibilità e adeguatezza sono le due facce della stessa medaglia previdenziale nel senso che si può raggiungere la sostenibilità abbassando notevolmente il tasso di sostituzione.
Ma tutti questi dati non vengono resi noti agli iscritti, non ritenendosi – evidentemente – che ne abbiano interesse.
C’è solo da augurarsi che i Ministeri Vigilanti oltre che della sostenibilità si occupino anche dell’adeguatezza delle prestazioni.
Come ho già scritto altre volte, la pensione contributiva già esiste in Cassa Forense e gli importi erogati sono inferiori al minimo vitale erogato dall’INPS.
Basta scorrere i numeri dell’avvocatura per rendersene conto.
Le pensioni contributive oggi erogate sono 2.055 per un importo medio di € 5.246,00 l’anno.
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