LA RICCHEZZA DELLE FAMIGLIE ITALIANE

LA RICCHEZZA DELLE FAMIGLIE ITALIANE

Trento, 13 marzo 2025. Di Paolo Rosa, avvocato.

«Alla fine del 2022 la ricchezza netta delle famiglie italiane è stata pari a 10.421 miliardi di euro.

Rispetto al 2021 è diminuita dell'1,7% in termini nominali, dopo tre anni di crescita; il calo in termini reali, usando come deflatore l'indice dei prezzi al consumo, è stato più marcato (-12,5%)». (Fonte: Banca d’Italia, 29.01.2024)

«Alla fine del 2022 il 10% meno ricco delle famiglie possedeva meno dello 0,1% del patrimonio netto complessivo, il 10% più ricco ne deteneva circa il 52%.

Lo rileva la Banca d’Italia nell’indagine sui bilanci delle famiglie riferita all’anno 2022.

Rispetto al 2020, la quota di patrimonio netto detenuta dal decimo più abbiente è salita di circa 2 punti percentuali.

E l’indebitamento tende a essere concentrato sui nuclei più ricchi, che hanno maggiore capacità di sopportarne gli oneri, secondo la fotografia scattata da Via Nazionale nella sua analisi.

Intanto nel 2022 il reddito medio annuo familiare e quello equivalente sono cresciuti in termini reali dell’1,4 e 1,8 per cento rispetto al 2020; risultano tuttavia ancora inferiori a quelli osservati nel 2006 prima della crisi finanziaria globale (del 10 e 5 per cento, rispettivamente)». (Fonte: Milano Finanza 16.10.2024).

Il Debito pubblico italiano alla data del 14 febbraio 2025 era pari a: 2.965,7 miliardi di euro.

È interessante vedere come questa ricchezza sia stata gestita nel tempo.

Fabio Apicella, Andrea Colabella, Angelo Nunnari e Francesco Pipitone hanno affrontato il tema nell’Occasional papers, marzo 2025, con la seguente rappresentazione:

«• Fra il 2010 e il 2020 – decennio in cui hanno prevalso livelli molto contenuti dei tassi di interesse di policy e, nella seconda metà, delle altre attività finanziarie – si è osservata una significativa riallocazione dei portafogli finanziari delle famiglie italiane: si è ridotta la quota di obbligazioni pubbliche e private ed è aumentata quella del risparmio gestito (da circa un quinto a poco più di un terzo, secondo i Conti finanziari, CF).

Alla ricomposizione hanno contribuito sia, dal lato della domanda, la ricerca di rendimenti più elevati da parte delle famiglie sia, da quello dell’offerta, la necessità degli intermediari bancari di far fronte alla compressione del margine di interesse attraverso l’aumento degli introiti da commissioni.

Sulla domanda di obbligazioni bancarie ha inoltre inciso la rimozione, nel 2011, del vantaggio fiscale ad esse associato; la disponibilità di rifinanziamento a lungo termine da parte della BCE e l’introduzione della direttiva BRRD, nel 2014, hanno anche verosimilmente ridotto l’offerta di questi strumenti. La quota dei depositi sul totale delle attività è lievemente aumentata (al 27,6 per cento, dal 26,6).

• Fra il 2022 e il 2023, in concomitanza con il brusco rialzo dei tassi di interesse, si sono registrati consistenti acquisti netti di titoli di debito (oltre 206 miliardi), soprattutto quelli pubblici italiani (160 miliardi);

i flussi di risparmio gestito e di depositi sono stati negativi, in particolare nel 2023.

Nonostante ciò, alla fine del 2023 l’incidenza del risparmio gestito (28,7 per cento) si manteneva al di sopra di quella del 2010 (22,4 per cento); quella dei depositi (al 24,1 per cento) era inferiore di 2,5 punti percentuali; quella degli investimenti in obbligazioni (7,6 per cento) di poco meno di 12.

• I dati microeconomici dell’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane (IBF), relativi al periodo 2010-20203, mostrano che la ricomposizione è stata un fenomeno diffuso, più intenso fra le famiglie appartenenti alle classi di reddito più elevate, per i residenti in centri abitati di maggiore dimensione e per quelle con capofamiglia di età inferiore ai 35 anni; meno per i nuclei con età pari o superiore a 65 anni. Dalla metà del decennio si è osservato anche un aumento degli investimenti effettuati attraverso il canale digitale e/o a distanza.

• Gli approfondimenti monografici mostrano che all’incremento del risparmio gestito si è accompagnato un aumento degli investimenti in polizze vita, soprattutto da parte delle famiglie di età compresa fra 35 e 54 anni e di quelle più anziane e ricche. I Piani individuali di risparmio (PIR), invece, sono rimasti poco attraenti, verosimilmente per effetto delle loro caratteristiche intrinseche e delle incertezze legislative che hanno accompagnato questi prodotti a partire dal 2019».V