LA REVISIONE DEL PATTO DI STABILITA' E CRESCITA (PSC)

LA REVISIONE DEL PATTO DI STABILITA' E CRESCITA (PSC)
AREA UE

Trento, 30 ottobre 2023. Di Paolo Rosa, avvocato esperto in Diritto Previdenziale e del Lavoro.

Il patto è nato nel 1997 con i regolamenti del Consiglio n. 1466 e 1467/97 e, più tardi, con la Direttiva 2011/85/UE del Consiglio.

Il Patto di stabilità e crescita (Stability and Growth Pact) è un accordo tra i Paesi membri dell'Unione europea.

Richiede il rispetto di alcuni parametri di bilancio e ruota attorno a due cardini: il deficit pubblico (cioè la differenza tra entrate e uscite, comprese le spese per interessi) non deve superare il 3% del Pil; il debito pubblico non deve superare il 60% del Prodotto interno lordo. La maggior parte dei Paesi membri sono molto lontani da quest'ultimo parametro. Ecco perché il Patto di stabilità prevede, in alternativa, la necessità di dimostrare “un calo a un ritmo soddisfacente”. Significa che “il divario tra il livello del debito di un Paese e il riferimento del 60% deve essere ridotto di un ventesimo all'anno”, calcolato come media di un triennio.

Come spiega la Commissione europea, le norme del Patto di stabilità e crescita “mirano a evitare che le politiche di bilancio vadano in direzioni potenzialmente problematiche” e a “correggere disavanzi di bilancio o livelli del debito pubblico eccessivi”. In sostanza, l'idea di fondo è che gli squilibri interni e la mancanza di rigore di un singolo Stato possa mettere a rischio la tenuta sua e dell'Unione Europea.

Romano Prodi a suo tempo definì il PSC “stupido ma necessario”.

Il problema della Ue per Romano Prodi è la mancanza della solidarietà europea perché gli Stati membri adottano politiche nazionali piuttosto che politiche di interesse comune.

Antonio Fazio, già Governatore della Banca d’Italia, in un’intervista del 22 ottobre 2018, ribadì le sue perplessità riguardanti l’entrata dell’Italia nell’Euro perché i fondamentali della nostra economia erano troppo lontani da quelli delle economie con cui si costruì la moneta unica e questo avrebbe determinato, com’è avvenuto, un pericoloso bradisismo verso l’insostenibilità dell’Euro.

Com’è noto, l’Italia cresce meno di tutti gli altri Paesi aderenti alla moneta unica ed è di questi giorni, fonte Il Sole 24Ore del 19 ottobre 2023, che nel 2024 l’Italia sarà all’ultimo posto nella UE per il tasso di crescita.

Il cambio della lira con l’euro non ha più consentito di svolgere la funzione di recupero di competitività del nostro Paese di fronte ai numerosi differenziali strutturali negativi rispetto agli altri Paesi.

Con il Covid il PSC è stato sospeso ed ora la Commissione Europea il 26 aprile u.s. ha presentato le proposte legislative per la riforma del PSC e della procedura per squilibri macroeconomici.

Le proposte comprendono i seguenti atti legislativi, come ben evidenziati dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio nell’audizione alle Commissioni Riunite della Camera dei Deputati e del Sentato della Repubblica il 18 ottobre 2023:

  1. “una proposta per la sostituzione del Regolamento del Consiglio n. 1466/1997 relativo al rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (ovvero la parte preventiva del PSC che include, tra l’altro, le regole sul saldo strutturale e sul benchmark di spesa netta) con un nuovo Regolamento del Consiglio e del Parlamento Europeo;

  2. una proposta di modifica del Regolamento del Consiglio n. 1467/1997 per l’accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi (ovvero la “parte correttiva” del Patto che include, tra l’altro, le procedure per la correzione di bilancio nel caso di mancato rispetto della regola sul disavanzo e della regola sul debito);

  3. una proposta di modifica della Direttiva 2011/85/UE del Consiglio relativa ai requisiti per il framework di bilancio degli Stati membri (che era parte del cd. “Six-pack”) con l’obiettivo di modificare taluni elementi delle procedure di bilancio nazionali allo scopo di migliorare il coordinamento delle politiche economiche dei Paesi della UE”.

Le proposte legislative confermano i valori di riferimento del 3% del PIL per l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche e del 60% per il relativo debito previsti dal Trattato per il funzionamento dell’Unione Europea.

Viene modificato l’attuale parametro numerico (pari a 1/20) di riduzione annuale del debito in rapporto al PIL per la quota eccedente il limite del 60%.

Per i Paesi con un debito più elevato del 60% del PIL o un disavanzo superiore al 3% del PIL, i PSB conterranno un programma di aggiustamento dei conti pubblici tale da garantire percorsi adeguati e credibili di riduzione del rapporto tra il debito e il PIL nei 10 anni successivi alla fine del piano di aggiustamento e nell’ipotesi di politiche invariate, ossia ipotizzando che non vi siano ulteriori interventi dopo quelli già previsti nel piano di aggiustamento. Allo stesso tempo, il programma di aggiustamento dovrà garantire il rispetto dell’obbligo di mantenere il disavanzo sotto il 3% del PIL sempre nei 10 anni successivi al completamento del programma di aggiustamento ipotizzando politiche invariate.

Nel dettaglio, la procedura prevista dal nuovo quadro di governance proposto dalla Commissione si articola in tre fasi: la prima fase di indirizzo, definita dalla Commissione Europea; la seconda fase di elaborazione dei PSB da parte di ciascuno Stato membro; la terza fase di monitoraggio e valutazione.

L’Ufficio Parlamentare di Bilancio valuta positivamente le proposte legislative di riforma del PSC perché passa da regole numeriche uniforme per tutti gli Stati membri a regole incentrate sulla dinamica del debito e su PSB differenziati tra Paesi, così da tener conto delle specificità nazionali rafforzando la credibilità dell’impegno di risanamento.

Le proposte della Commissione Europa favoriscono poi il passaggio ad una programmazione di bilancio effettivamente pluriennale, consentendo ad ogni Stato membro di pianificare e attuare interventi di ampio respiro.

Si renderà quindi necessario per ogni Stato membro, sia un’approfondita discussione e approvazione ex ante delle proprietà di policy sia un attento monitoraggio ex post sull’efficacia degli interventi predisposti per il raggiungimento degli obiettivi.

Non mancano i riflessi sul versante previdenziale.

Ed infatti la prospettiva a medio termine del nuovo frame work considera i rischi legati all’invecchiamento della popolazione.

Gli aggiustamenti richiesti dovranno tenere conto della necessità di finanziare il previsto impatto sui conti pubblici dell’invecchiamento della popolazione, ovvero un elemento di rischio non trascurabile per la tenuta dei bilanci futuri non solo in Italia.

La considerazione di tali rischi appare giustificata dall’effetto significativo che la transizione demografica avrà sui conti pubblici nei prossimi decenni pur sottolineando che le stime di tali costi sono soggette ad incertezza.

Per ogni altra considerazione suggerisco la lettura dell’audizione del 18 ottobre 2023 di UPB rinvenibile sul sito del Parlamento www.parlamento.it.

Siamo in un periodo di condizioni macroeconomiche molto complicate e quindi la riduzione del debito deve essere realistica e, soprattutto, compatibile con una strategia di crescita sostenibile.

Il PNRR, oggi strumento di emergenza, dovrebbe trasformarsi in una piattaforma per la erogazione degli Eurobond per accompagnare gli investimenti: in un'ottica più ampia di investimenti su energia e ambiente.

Gli Eurobond sono le obbligazioni garantite in solido da tutti gli Stati membri della zona Euro e la revisione del PSC potrebbe essere l’occasione per la loro introduzione in nome di quella solidarietà europea che oggi latita.

Ma una correzione di rotta va fatta anche in Italia, dove l’industria del risparmio gestito investe, soprattutto, all’estero.

In questa linea anche i Fondi pensione e le Casse di previdenza dei professionisti che investono nell’economia italiana intorno al 20%.

Il regolamento per gli investimenti che si attende, potrebbe far invertire la rotta per riportare in Italia le risorse necessarie per dare impulso alla nostra economia.