La razionalità premia nei momenti di panico

La razionalità premia nei momenti di panico

Milano, 8 aprile 2025. A cura del team di gestione di Pharus.

ll tema che ha catalizzato l’attenzione degli investitori negli ultimi giorni è stato senza dubbio l’annuncio in grande stile da parte di Trump delle tariffe commerciali.

Dopo settimane di attese e indiscrezioni, l’amministrazione Trump ha pubblicato il comunicato ufficiale sui dazi reciproci: le nuove misure includono una tariffa di base del 10%, con aliquote in aumento al 20% per l'Unione Europea e al 34% per la Cina (il che significa una tariffa cumulativa del 54% inclusa quella esistente).

Viene confermata inoltre, una tariffa del 25% sulle automobili e componenti auto e quelle già annunciate per Messico e Canada.

Si teme che questi aggressivi aumenti tariffari possano frenare la crescita globale e aumentare i costi di input per le aziende statunitensi che dipendono dalle catene di fornitura internazionali.

In risposta, l'Unione Europea ha promesso azioni di ritorsione, mentre la Cina dichiara di imporre il 34% di tariffe su tutte le importazioni americane (per altro un eventuale rallentamento degli acquisti di Treasury statunitensi da parte della Cina – storicamente tra i principali finanziatori del debito USA – rappresenterebbe una reazione ben più incisiva di qualsiasi dazio).

Il presidente ad interim della Corea del Sud chiede negoziati, mentre il Giappone sta adottando un approccio attendista. 

Assistiamo ad un chiaro inasprimento del confronto commerciale globale, con potenziali implicazioni su flussi commerciali, rapporti geopolitici e traiettorie economiche delle principali aree del mondo, con queste tariffe che resteranno in vigore finché la Casa Bianca non riterrà che la "minaccia" sia risolta.

L’obiettivo dichiarato è quello di riequilibrare i deficit commerciali.

Il rischio implicito è una recessione globale.

La reazione dei mercati è violenta e si capisce come forse ci si attendevano misure interlocutorie annunciate da Trump, utili ad aprire trattative bilaterali, invece, la risposta Americana è stata più netta del previsto e le turbolenze tariffarie Trump 2.0 hanno innescato un sell-off del mercato azionario che è in pieno svolgimento. 

Il premio al rischio, che era sui minimi storici, sta ora salendo vertiginosamente verso le medie di lungo periodo, così come i multipli valutativi si stanno invece contraendo velocemente sempre in un processo di normalizzazione verso le medie. La volatilità misurata dall’indice VIX arriva al livello di 60 che non si vedeva dal flash crash dell’agosto 2024 e ancora prima dal covid 19.

Detto in parole povere gli eccessi, anche se in maniera scomposta, stanno ora rientrando: non si poteva prevedere che questo rientro sarebbe accaduto a causa dei dazi, ma il processo di normalizzazione delle valutazioni verso le medie è una delle poche regole che funziona sui mercati.  

Il Nasdaq è sceso di circa il 25% dai massimi e l'S&P 500 del 20% circa, siamo quindi in territorio di quello che può iniziare ad essere definito un bear market, con il rendimento del decennale americano sceso sotto al 3.9% ed un Fly to Quality generalizzato con i settori difensivi in netta sovraperformance, poiché i timori di recessione sono ora sempre più concreti.
I timori inflazionistici esistono, ma sarebbero solo temporanei e considerati one-off dai policy maker e soprattutto dalla FED, che crediamo sarà pronta a ridurre i tassi per far fronte al rallentamento economico.
Per ora certo, la Fed resta prudente.
Il GDPNow della Fed di Atlanta – una sorta di misura della crescita del pil in tempo reale– mostra un PIL USA per il primo trimestre 2025 in brusco rallentamento al -2.8% e Le stime di alcune grandi case di investimento indicano che l’impatto delle tariffe potrebbe ridurre la crescita reale fino a -1% nel 2025. 

Sul fronte aziendale, è davvero difficile dire come reagiranno le aziende ai dazi, in generale le imprese stanno studiando almeno cinque approcci per rispondere al nuovo scenario: rilocalizzazione o potenziamento della produzione negli USA (che però richiederà tempo), trasferimento dell’aumento dei costi sui consumatori finali (per le aziende caratterizzate da elevato pricing power), assorbimento dei costi con un impatto diretto sui margini e azione di lobbying per ottenere esenzioni settoriali. È importante non sottovalutare la capacità delle aziende di sorprendere positivamente nella gestione di scenari avversi, riuscendo spesso a mitigare gli impatti negativi, soprattutto quando si tratta di difficoltà che colpiscono l’intero settore e non di problematiche specifiche della singola società.

Quando spesso parliamo di durabilità del business model nelle aziende che vogliamo avere nei portafogli, facciamo anche riferimento a questa capacità del management di sapersi adattare in tempi molto brevi ai cambiamenti esogeni, riuscendo a mantenere un importante vantaggio competitivo, in qualunque contesto di mercato.

Ribadiamo che quanto sta accadendo sui mercati ed in particolare quelli americani, va letto come un "doloroso" aggiustamento di alcuni eccessi (soprattutto valutativi) costruiti negli ultimi anni.

Più volte abbiamo evidenziato il livello valutativo eccezionalmente alto degli indici azionari americani e della parte tech in particolare, insieme alle aspettative di crescite di utili molto generose e difficilmente sostenibili.

Lo S&P500 a fine 2024 stava ad un multiplo di quasi 23 volte gli utili, con utili attesi in crescita del 15% all’anno per i successivi due anni, ben al di sopra delle medie storiche che vedono utili in crescita tra l`8-10% e un multiplo intorno ai 18. Ora siamo tornati ad un multiplo di circa 17 quindi appena sotto la media, certo ci aspettiamo che le crescite degli utili (nel frattempo portate al 11% rispetto al 15%) vengano ulteriormente ridimensionate dal nuovo scenario di rallentamento economico, ma gli attuali livelli valutativi iniziano ad incorporare interessanti rendimenti prospettici attesi per i prossimi anni.

Sul mercato sembra che in questi giorni stia prendendo il sopravento l’emotività, si assistono a flussi di vendite unidirezionali, e si leggono descritti dai media scenari economicamente devastanti, ma è in queste fasi che dobbiamo farci guidare dalla razionalità e dalla consapevolezza che questo livello di dazi non è sostenibile per nessuno per molto tempo e potrebbe bastare una dichiarazione oppure un negoziato per fare tornare sereno sui mercati.

Certamente nel breve periodo può aiutare la selettività, ricercando aree di mercato dove le aspettative e le valutazioni non erano così elevate come in altri settori, e parliamo in particolare dei settori difensivi che stanno aiutando molto i portafogli. Dal lato obbligazionario, vediamo nei titoli di Stato a lunga scadenza un'opportunità interessante per investitori pazienti e poco emotivi. Ad esempio il rendimento del Treasury decennale Americano è sceso al 3.8% per la prima volta in sei mesi, un po’ perché è tornata di moda la parola "recessione", un po' perché sicuramente in un clima di risk-off, portarsi a casa un rendimento annuo "certo" intorno al 4% in titoli del governo americano è una bella occasione.