LA "NEUTRALITA' PERMANENTE" IN COSTITUZIONE. L'OBIETTIVO POLITICO DELL' AMBASCIATORE BRUNO SCAPINI CHE CAMBIEREBBE L'ITALIA

LA "NEUTRALITA' PERMANENTE" IN COSTITUZIONE. L'OBIETTIVO POLITICO DELL' AMBASCIATORE BRUNO  SCAPINI CHE CAMBIEREBBE L'ITALIA
L' Ambasciatore Bruno Scapini

Giannina Puddu, 16 aprile 2025.

Il progetto di  "riarmo" dell'UE, lanciato dalla Presidente della Commissione Ursula Von Der Leyen, agita i sonni dei cittadini europei, almeno tanto quanto i super-dazi di Trump.

Si tratta, io credo, di un'agitazione fondata, giacchè l'uso delle armi, tipico della "guerra", è un'espressione dell'azione umana che riporta ai tempi oscuri nei quali la nostra specie, ancora scarsamente evoluta, usava esprimersi con la forza bruta in preda alla sua aggressività, non matura per l'uso raffinato, tipico delle menti più evolute, dell'arte del dialogo e della "mediazione". 

Il progetto di Ursula Von Der Leyen è una spinta all'involuzione dei popoli europei, un invito al risveglio dei peggiori istinti primordiali che ha lanciato con l'anacronistico progetto di riarmare gli stati dell'Unione europea e per fronteggiare un nemico che non c'è e che lei  crede di farci vedere attraverso un intervento di ipnosi collettiva.

Il fatto, poi, che sia una donna ad assumere una tale iniziativa, nota la tipica sensibilità delle donne che si appaia al sacro rispetto della vita che generano con dolore, si potrebbe spiegare giusto con una larga presenza di geni di Neanderthal,  sopravvissuti nel suo DNA...

Al cospetto di siffatta "grazia" si levano voci opposte, collegate a menti evolute in cerca di soluzioni che possano garantire, invece, il benessere diffuso tra i popoli e la pace tra di essi.

Tra queste, l'amico Luigi Salis mi ha segnalato quella dell'Ambasciatore Bruno Scapini che sta coltivando un progetto politico piuttosto ambizioso ma non per questo utopico o irrealizzabile e che, anzi, pare raccogliere un fortissimo consenso popolare.

Così, con la cortese disponibilità dell'Ambasciatore Scapini, gli ho rivolto sei domande alle quali ha fatto seguire le sue risposte:

1) Ho letto che L’AMBASCIATORE BRUNO SCAPINI PROPONE LA NEUTRALITA’ PERMANENTE PER L’ITALIA, COSTITUZIONALMENTE GARANTITA E RICONOSCIUTA DAL DIRITTO INTERNAZIONALE.

Ed anche che la strada da lei indicata per raggiungere questa nuova condizione italiana sia quella prevista dall'art.71 della Costituzione che prevede che il Popolo possa esercitare l'iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli.

Tra i principi fondamentali della nostra Costituzione è già presente quello espresso dall'art.11 nel quale si afferma che L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.

Il suo progetto di legge di iniziativa popolare volto ad affermare la condizione di "neutralità permanente" è teso a superare i limiti che emergono, alla prova dei fatti, nel contenuto dell'art.11? 

Cosa cambierebbe con la "neutralità permanente" ? 

La proposta di legge che ha in mente prevede proprio di modificare l'art.11? Oppure?

Il fine dell’iniziativa da me annunciata ormai in più sedi, di dotare l’Italia dello status di “neutralità permanente”, non è tanto quello di superare i limiti del dettato costituzionale di cui all’art.11, là ove si prevede il principio del ripudio della guerra, quanto la necessità di dare un concreto contenuto e seguito proprio a quel principio!

Parlare, infatti, di ripudio della guerra “tout court”, è un bellissimo principio etico; ma esso non estende il suo portato oltre il mero significato delle parole con cui lo formuliamo, rischiando, peraltro, di essere disatteso dall’azione perplessa o ambigua di un Governo.

Del resto, tanti sono gli esempi in cui l’Italia si è trovata, anche nella più recente sua Storia, a violare quel principio senza che né un esponente del Parlamento, né della Magistratura abbia avuto il coraggio di denunciare il fatto.

Il ripudio della guerra è un “valore” che i nostri Padri costituenti hanno inteso inserire nella Costituzione in termini apodittici, e senza alcuna ambiguità. Eppure si avverte distintamente dalla lettura del dettato costituzionale l’assenza in esso di uno strumento più specifico di garanzia per la sua osservanza.

In tale prospettiva, la previsione della “neutralità permanente” si presenterebbe quindi come una chiara condizione che opererebbe da guida nell’azione del Governo il quale verrebbe così obbligato ad evitare situazioni che implichino il rischio di trovarsi impegnato in guerre al di là dei limiti imposti dalla necessità di difendersi da una aggressione armata.

La neutralità permanente del resto è da intendersi in senso “attivo”, ovvero che non venga ad escludere il diritto alla difesa nazionale come legittimamente riconosciuto dallo stesso Diritto internazionale.

La neutralità, in altre parole, garantirebbe l’impossibilità per l’Italia di muovere guerre oltre i casi che ne legittimerebbero il ricorso per le sole finalità di difesa.

Il principio, così inteso, potrebbe allora ben inserirsi nell’art. 11 della Costituzione, senza peraltro modificarlo, o in alternativa nell’art. 52, là ove si afferma il dovere del cittadino alla difesa della Patria.

2) Nel gennaio del 1991 l'Italia era stata presente con forze navali e aeree nella coalizione guidata dagli Stati Uniti che attaccò l’Iraq

Nel 1999, l'Italia partecipò alla guerra del Kosovo con le forze USA e NATO contro la Serbia, con D'Alema alla presidenza del Consiglio che autorizzò l'uso del nostro spazio aereo dal quale partirono raid offensivi.

Altro intervento militare italiano in Iraq, con adesione all’operazione internazionale a guida americana “Iraqi Freedom”, dal 2003 al 2006, voluto dal governo Berlusconi al fianco di George Bush e Tony Blair, nonostante gli italiani contrari che si erano espressi nella grande manifestazione del 15 febbraio 2003.

Nel 2011,  l'attacco alla Libia, intervento militare contro Gheddafi che aveva visto l'impegno massiccio dell'aeronautica Militare italiana.

Ancora, nel 2014, con il governo Renzi, quando lo stesso Renzi, attivò la terza presenza militare italiana in Iraq, gestendo in silenzio l'operazione e, pare, senza dibattito nelle aule parlamentari.

Eppoi, era stata la volta del Ministro della Difesa Roberta Pinotti tra il 2016 e il 2017 che, nel silenzio totale e senza nessuna comunicazione al Parlamento con  l’Operazione Centuria, aveva inviato un commando di forze speciali in Iraq. Emersa la notizia, Pinotti l'aveva smentita per essere poi confermata dai marines presenti sul posto.

Infine, secondo un rapporto redatto da MasterX (IULM - Milano)  Nel 2023 i soldati, marinai, aviatori, carabinieri, finanzieri e poliziotti italiani impegnati all’estero sono stati 11.520, per una spesa complessiva di 1 miliardo e 324 milioni di euro. Dal Libano al Niger, dal Mediterraneo al Golfo di Aden, la presenza militare del nostro Paese è ben più ampia di quanto si possa immaginare.

Si può aggiungere che noi, italiani, non abbiamo contezza di ciò che accada, effettivamente...

Oltre l'aperto sostegno militare all'Ucraina contro la Russia...

Lei ritiene che i governi italiani abbiano, ripetutamente, violato anche l'attuale dettato costituzionale con tutti i precedenti interventi di guerra ed ancora oggi sostenendo militarmente l'Ucraina contro la Russia? E se sì perché?

Lei ha appena citato i casi in cui da parte italiana si è proceduto ad assumere iniziative militari proprio in violazione dell’art. 11.

Sono queste tutte guerre alle quali l’Italia ha partecipato attivamente, o fornendo la disponibilità di basi o di equipaggiamenti militari.

Badiamo bene, non erano quelle guerre difensive!

L’Italia ha voluto prendere parte alle operazioni militari – oltre quelle determinate da finalità di “peacekeeping” o umanitarie – assecondando una chiara finalità bellica, ma non a fronte di una aggressione militare, bensì per spirito collettivo addirittura violando, nel caso di operazioni previste dalla NATO, lo stesso art. 5 del Trattato, là ove si prevede esplicitamente l’intervento di un Paese alleato per soli scopi difensivi.

E’ chiaro come la violazione dell’art. 11 sia stata reiterata in tutti questi casi, e ancor più gravemente proprio nel conflitto russo-ucraino, sulle cui ragioni c’è stata, ma c’è tuttora, una violenta mistificazione dei fatti e del corso storico sia da parte dei Governi occidentali legati ai circoli americani del Deep State, che vedono nella Russia il nemico di sempre, sia da parte dei mass-media ad esso affiliati.

Del resto il Governo italiano non si è limitato a condannare l’Operazione Militare Speciale della Russia o a sostenere alcune sanzioni economiche decise dall’Occidente collettivo, ma ha fornito armi, equipaggiamenti e formazione militare, stipulando con Kiev perfino un accordo intergovernativo nel settore della Difesa impegnandosi a sostenere lo sforzo bellico dell’Ucraina fintanto che lo si ritenga necessario.

Purtroppo, molto spesso in occasione di crisi o controversie internazionali, le potenze europee, fedeli alla loro tradizione di dominatori coloniali, ritengono ancora che la via più facile per ottenere il risultato voluto non sia il negoziato, strumento spesso artificioso e avviluppato in incomprensibili ambagi, bensì il ricorso all’uso delle armi.

E il momento storico che stiamo attraversando ci offre proprio la prova di questa tendenza.

La diplomazia oggi soffre di “afasia”, non riesce a comunicare, né a veicolare il suo messaggio, e la preferenza è, naturalmente, per il metodo militare.

L’obiettivo primario del resto di questo processo di destabilizzazione avviato dall’Occidente è infliggere una sconfitta strategica a Mosca.

La Russia è percepita, infatti, come un ostacolo all’espandersi degli interessi legati al liberismo economico-finanziario dell’Occidente, e da parte di certi circoli di potere si tenta di indebolirne il ruolo, vuoi economicamente, vuoi avventurandosi in progetti finalizzati alla sua disgregazione.

Ma questo è un obiettivo che non ritengo assolutamente conseguibile alla luce delle nuove dinamiche multipolari che stanno plasmando la prossima configurazione della Comunità internazionale. Una realtà di cui proprio la Russia si sta facendo attivo interprete e protagonista.

3) Lo stesso articolo 11 consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

La lettura di questa seconda parte dell'art.11 induce a chiedersi di quali "condizioni di parità" si tratti, di come si misuri la condizione di parità e ad opera di chi. Lei, cosa ne pensa?

C'è anche l'elemento grave di cessione della sovranità, in cambio dell'assicurazione di "pace e giustizia fra le nazioni".

Sulla cessione di sovranità non ci sono dubbi, mentre sulla garanzia in contropartita, i dubbi abbondano... Qual è la sua visione anche alla luce della sua importante esperienza come ambasciatore?

Il tema delle limitazioni di sovranità cui Lei accenna e di cui si parla sempre all’art. 11 della Costituzione, è un aspetto molto rilevante proprio ai fini di comprendere lo stesso ambito operativo in cui dovrebbe trovare applicazione il principio del ripudio della guerra.

Questo secondo disposto dell’articolo sembra in effetti contraddire il principio del ripudio della guerra.

Infatti, esso afferma che “ (L’Italia)… consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”.

Orbene, la previsione in questa seconda sezione dell’articolo di limitazioni alla propria sovranità, pur se necessarie ad un ordinamento votato alla pace, non sembrerebbe soddisfare a pieno l’imperativo di ripudiare la guerra in quanto qui si ammetterebbe la limitazione della sovranità in favore di organizzazioni internazionali solo subordinandola al soddisfacimento di un’unica condizione: la parità con altri Stati.

Un concetto quello della parità che qui risulta privo di specifiche connotazioni, e soprattutto di contenuti che ne individuino l’ambito epistemico ai fini della corretta applicazione della norma.

Parlare di parità “tout court” è, infatti, un riferimento eccessivamente generico non potendosi ricondurre il suo contenuto a interessi specifici propri dell’Italia che così si esaurirebbero nella mera constatazione della uniformità e identità delle norme derivanti da organizzazioni internazionali e valide per tutti gli Stati.

In altre parole si ammetterebbe il principio secondo cui “quello che sta bene agli altri deve necessariamente star bene a noi stessi”.

Per contro, ai fini di una esaustiva attuazione del disposto costituzionale la parità andrebbe considerata con riferimento ai primari interessi che l’Italia dovrebbe tutelare e proteggere nell’aderire alle organizzazioni internazionali, e in questa prospettiva diverrebbe fondamentale un meccanismo previsionale che garantisse come la limitazione della sovranità non possa risultare di pregiudizio a tutto quel complesso di diritti, doveri e principi che vengono contemplati, tutelati e protetti dalla stessa Costituzione.

Così la limitazione di sovranità implicata dalla partecipazione a una organizzazione internazionale e/o alleanza verrebbe ammessa non tanto in virtù di una generica parità, bensì a condizione che essa non arrechi pregiudizio a nessuno dei diritti, doveri e principi contenuti nella Costituzione.

Tanto premesso, appare chiaro come al fine di dare un concreto ed effettivo seguito alla previsione dell’art. 11 in tema di ripudio della guerra sia consequenziale non solo integrare tale fondamentale principio aggiungendo la previsione di una NEUTRALITA’ permanente costituzionalmente garantita, ma anche integrando la previsione medesima con specifiche garanzie sulla conformità delle limitazioni di sovranità ai principi e ai diritti garantiti dalla Costituzione.

In effetti, l’intendimento che si persegue con l’iniziativa legislativa popolare è anche quello di integrare l’art. 11 con quest’ultima ulteriore previsione, e ciò al fine di evitare che le limitazioni di sovranità diventino di fatto un meccanismo di recepimento automatico di norme esterne in conflitto con la nostra stessa Costituzione.

4) Sembra che per poterci garantire lo status di "neutralità permanente", come italiani dovremmo liberarci dei vincoli che si accompagnano alla nostra presenza nelle varie organizzazioni internazionali, riassumendo la nostra piena sovranità. 

Lei, intende anche questo mentre pensa alla "neutralità permanente"? Oppure?

Mi permetta di invertire i termini della questione.

Liberarsi dai vincoli imposti dalle organizzazioni internazionali non è la condizione per poter acquisire lo status di neutralità.

Semmai sarà proprio il contrario.

Prima occorrerà far adottare all’Italia lo status di neutralità e poi, conseguentemente, uscire dalle organizzazioni internazionali che non riteniamo conformi per fini, scopi e ambiti di competenze ai valori della nostra Costituzione.

Ciò vale in particolare per le organizzazioni di tipo militare.

Più specificamente, e con riferimento alla NATO, il fatto che l’Italia adotti per volontà del popolo, ovvero con legge costituzionale approvata dal Parlamento, lo status di Paese neutrale, potrà facilitare l’uscita dall’Alleanza Atlantica essendo la partecipazione a questa organizzazione incompatibile con la neutralità.

Anche oggi, in assenza di neutralità, un’uscita sarebbe tecnicamente possibile.

Ma in tal caso dovrebbe il Governo assumersi la responsabilità del passo anche di fronte agli altri Paesi alleati.

Tuttavia, procedendo invece all’adozione della neutralità con legge costituzionale, è la volontà del popolo, della Nazione che si manifesta e che offre al Governo l’indicazione per giustificare il ritiro dall’’Alleanza.

Per l’Unione Europea, per contro, il discorso della neutralità non avrebbe invece molto senso, anzi sarebbe irrilevante.

L’UE, infatti, non è un’organizzazione a carattere militare, e anche se con gli ultimi Trattati si è cercato di dotarla di finalità di difesa, sviluppando la PESC (Politica Estera e di Sicurezza Comune) in Politica Europea di Sicurezza e Difesa e assegnandovi in progressione strumenti di tipo militare (come il Comitato Militare, lo Stato Maggiore Europeo, l’Agenzia Europea di Difesa e prevedendo l’obbligo di fornire assistenza militare ad un Paese membro aggredito), l’Unione non può allo stato definirsi una alleanza militare in senso stretto.

Oggi vi sono in Europa diversi Paesi con status di neutralità: l’Austria, la Svizzera, Malta ed altri.

La Finlandia è stata neutrale fino al 2023 e la Svezia fino al 2024.

Ma sappiamo bene che con l’Amministrazione Biden, favorevole alla guerra contro la Russia, questi due ultimi Paesi sono stati indotti ad abbandonare la loro secolare neutralità per ragioni di strategia militare, senza che i loro rispettivi popoli venissero consultati sullo storico cambiamento.

Il che non ha deposto bene sul piano della democrazia rappresentativa!

La neutralità quale condizione costituzionalmente riconosciuta agisce, dunque, da elemento guida in politica estera, offrendo chiari parametri entro i quali l’azione di un Governo può legittimamente svolgersi in campo militare.

Essa diventa così la migliore garanzia per una politica estera votata alla pace e, dunque, alla coesistenza pacifica come metodo per rapportarsi agli altri Stati.

5) Il suo progetto politico ha un potenziale esplosivo che fa prevedere un fortissimo vento contrario, in Italia e fuori.

Questo,  in area UE, vorrebbe essere il tempo del "riarmo".

Pur avendoci fatti retrocedere nella classifica delle potenze globali, il peso dell'Italia è ancora molto alto e si somma alla posizione geografica strategica del nostro territorio che sarebbe sottratto agli ex "alleati" nel caso della nostra sopravvenuta "neutralità".

Quali reazioni si aspetta?

Per rispondere a questa domanda credo che occorra innanzitutto domandarsi quale sia oggi nel terzo millennio il vero interesse nazionale dell’Italia.

Il nostro Paese, sappiamo, è uscito dalla II Guerra mondiale in condizioni critiche.

L’Italia si è trovata in stato di inferiorità, come una nazione minorata.

I vincoli imposti dal Trattato di Pace hanno determinato una condizione di subalternità che ci portiamo dietro fino ad oggi soffocando le potenzialità di un nostro pieno sviluppo.

Tale condizione ha privato il Paese della sua strategica proiezione mediterranea, rendendo l’Italia un baluardo anti sovietico e un mercato per prodotti americani.

Oggi, in aggiunta, abbiamo anche i condizionamenti derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea.

E se guardiamo bene, noteremo anche che non c’è equivalenza tra quanto dato dal popolo italiano in tutti questi decenni e quanto ottenuto.

Non c’è equivalenza tra obblighi imposti e diritti riconosciuti e tale scarto ci viene evidenziato proprio dalla graduale progressiva retrocessione economica del Paese dagli anni ’80 in poi e da una esposizione crescente a rischi di coinvolgimento in guerre che in realtà non ci appartengono ma che servono invece agli interessi di altre Potenze.

Ebbene, credo che sia giunta l’ora oggi per gli italiani di pensare ai loro interessi nazionali.

Il rischio di una “major war” sul continente è altissimo, e né potremmo ravvisarne le ragioni dato che il conflitto russo-ucraino è il prodotto di una ingegneria politica voluta dall’Amministrazione Biden per compiacere gli interessi della cupola oligarchica liberal-globalista.

E in questo quadro oggi sarebbero proprio i leader europei i più strenui difensori della causa bellica contro Mosca.

Sono loro, infatti, le propaggini protesiche di quella cupola contro la quale proprio Trump sta conducendo un’aspra battaglia.

Orbene, Trump ha chiaramente fatto intendere di volere la riappacificazione in Ucraina, e non solo, ma anche un riavvicinamento tra Washington e Mosca essendogli chiaro che in un mondo ormai avviato verso una configurazione multipolare sarà assai più conveniente perseguire i propri interessi andando d’accordo con il Cremlino invece di antagonizzarlo in una guerra logorante che non potrà mai portare alla sconfitta strategica della Russia.

Orbene, credo, alla luce della situazione che si sta determinando, che l’Italia abbia proprio ora la sua migliore opportunità di perseguire i propri interessi nazionali e questi li potremo individuare non nella sterile pretensione a ricavarci un ruolo primario nelle relazioni euro-atlantiche – essendo queste già riservato dominio di altre potenze continentali – bensì nella valorizzazione della nostra proiezione euro-mediterranea.

Solo così l’Italia potrà ricavarsi un ruolo economico strategico, agendo cioè da ponte tra l’Europa continentale l’Africa e il Medio Oriente.

Ma per realizzare un tale obiettivo, visti i condizionamenti cui il nostro Paese è stato finora sottoposto, sarà indispensabile realizzare la nostra emancipazione da quelle forme di subalternità che per l’appunto derivano dall’appartenenza a organizzazioni internazionali sì valide per ruolo nella vecchia configurazione delle dinamiche geopolitiche, ma inadeguate ormai di fatto al nuovo mondo che si preannuncia all’insegna della cooperazione e della uguaglianza sovrana degli Stati.

La neutralità, in siffatta prospettiva, sarà la condizione necessaria e imprescindibile per una vera rinascita dell’Italia, ovvero l’occasione per far acquistare al nostro Paese quel rispetto e quell’autorevolezza perduti sotto i colpi dei prevalenti interessi delle potenze vincitrici dell’ultima guerra.

Sono ormai trascorsi più di 80 anni dalla fine di quel conflitto e l’ora dovrebbe essere giunta oggi per riprendere la sicurezza economica e la difesa nazionale nelle nostre stesse mani senza doverci rimettere alle scelte e alle decisioni, peraltro pericolosissime e fuorvianti, di altri Governi.

6) I nostri governi multicolori hanno dimostrato un debole per le opportunità di guerra anche  sacrificando il ruolo del parlamento che, purtroppo, si è sempre piegato.

Su InformazioneCattolica.it lei ha giustamente osservato, a proposito del piano di Riarmo lanciato dalla Commissione europea: Ma un’altra considerazione ci conduce in questo contesto ad opporci al progetto: l’inevitabile rafforzamento del ruolo dell’asse franco-tedesco che questo processo di militarizzazione implica necessariamente (la Francia quale unica potenza nucleare in UE e la Germania quale primario complesso industriale europeo), ponendo in evidenza la mancanza della condizione di parità nel contesto UE prevista, invece, dal secondo comma dell'art. 11 che subordina anche a questa le limitazioni di sovranità.

Qualche giorno fa, la maggioranza ha approvato un testo che "impegna il Governo nell'opera di rafforzamento delle capacità di difesa nazionale al fine di garantire, alla luce delle minacce attuali e nel quadro della discussione in atto in ambito europeo in ordine alla difesa europea....a confermare gli impegni assunti dall'Italia negli ultimi 10 anni, nelle alleanze internazionali di cui fa parte, in particolare in ambito NATO, rispettando i requisiti di investimento e di sviluppo delle capacità necessarie a garantire all'Alleanza una postura credibile e una reale deterrenza".

Una posizione sfumata che tiene conto dell'aperta opposizione della Lega al progetto di riarmo di Ursula Von Der Leyen. 

La proposta di legge di iniziativa popolare dovrebbe ottenere l'approvazione del parlamento, dopo aver seguito l'iter parlamentare e dopo avere subito i tempi e i blocchi stabiliti dallo stesso.

Cosa si aspetta che accada, tenuto conto del contesto UE e geopolitico attuale?

Certamente sarei ingenuo se mi aspettassi un percorso facile, una strada spianata per realizzare questo progetto. Ma deve pur esserci un inizio in tutte le cose! Non crede?

Ebbene, gli strumenti giuridici ci sono tutti.

La Costituzione prevede esplicitamente all’art. 71 la possibilità che sia il popolo ad avere l’iniziativa per presentare un progetto di legge.

Trattasi di uno strumento giuridico che, tra l’altro, reputo molto importante per valorizzare concretamente quelle forme – invero assai rare nella Costituzione italiana – di democrazia diretta atteso che, come esplicitato dall’art. 1 della stessa Carta, la sovranità appartiene al popolo!

Orbene, il progetto della neutralità vedo che sta riscuotendo un enorme successo; e ciò nonostante lo abbia annunciato pubblicamente solo da pochissime settimane.

Un numero crescente di cittadini si sta avvicinando all’idea e lo fa con forte convincimento, probabilmente ritenendo questa soluzione per l’Italia non solo la più idonea per salvaguardare il Paese dal rischio di coinvolgimenti in guerre senza senso, ma anche, credo, perché avere un’Italia neutrale, non invischiata in mortifere esperienze di alleanze militari, rappresenti la risposta innovativa più adatta per affrontare gli imperativi della nuova modernità che si preannuncia.

Proprio al fine di promuovere il progetto presso il più ampio elettorato, per sensibilizzarlo spiegandone le ragioni e le motivazioni più rilevanti ho costituito recentemente il Comitato Italia Neutrale.

Sarà compito di questo sodalizio, infatti, portare avanti il programma d’azione e procedere, in un secondo momento, alla raccolta delle sottoscrizioni per la presentazione del progetto di legge.

Il popolo lo sostiene con grande forza e convinzione.

I cittadini italiani hanno bisogno – e lo si vede dal loro entusiasmo per l’idea – di credere in una redenzione dall’oscurantismo che finora è prevalso.

La neutralità potrà essere una fondamentale svolta per la nostra Storia, un’opportunità di riscatto, una garanzia di imparzialità e di estraneità a guerre di qualsiasi tipo per le altre Nazioni, ma soprattutto sarà l’occasione per un rinnovamento del Paese per liberarlo dal vassallaggio politico, dalla dipendenza economica e dall’incubo della guerra; sì perché solo eliminando i rischi di conflitti possiamo ridisegnare l’esistenza delle future nostre generazioni, dei nostri figli e nipoti nel segno della pace, nel rispetto della persona umana e di una pacifica dignitosa convivenza.