LA GUERRA DI ISRAELE RAFFORZA IL RISCHIO DI TERZA GUERRA MONDIALE
Giannina Puddu, 21 ottobre 2023.
Lo scrittore e storico israeliano, Yuval Noah Harari, riconosciuto come uno degli intellettuali più influenti al mondo, ha dichiarato, durante un'intervista concessa il 16 ottobre a Nuova Delhi, che la guerra di Israele in Palestina, sommata alla guerra in Ucraina ed agli effetti del Covid, contribuisce ad alimentare il caos a livello globale alzando il rischio di scoppio della terza guerra mondiale.
Ha chiarito che "l'ordine sta crollando..."
In verità, ciò che, effettivamente, pare crollare, non è l' "ordine", ma un "disordine" spacciato come "ordine" da chi, fin qui, ha il potere di descrivere la realtà globale con le sue pennellate, forte del suo potere finanziario e mediatico.
L'altro ieri, la CNN, dal suo inviato nel Libano del sud, ha fatto un resoconto che conferma che la guerra di Israele contro i palestinesi si è già estesa coinvolgendo altri Stati dell'area medio orientale e gli Stati Uniti d'America.
Non esiste uno Stato di Palestina, esistono i palestinesi derubati di tutto, violati nei loro territori e nei loro diritti umani fondamentali da decenni.
E, non essendoci uno Stato palestinese non esiste una dotazione militare di Stato, non esiste un esercito che possa combattere e fronteggiare la guerra dichiarata da Israele.
Le guerre prevedono almeno due attori in campo mentre, nel caso, l'attore è solo uno contro un Popolo inerme, incapace di opporsi, destinato solo a subire rischiando perfino la sua totale estinzione nel sangue.
Così che "altri" si sono impegnati a difenderlo, oppure, come gli Stati Uniti, si sono schierati dalla parte opposta.
Lo schieramento americano, anche militare, è nei fatti noti di questi giorni e, tra questi, c'è stato l'avvicinamento alle coste israeliane di due imponenti portaerei USA.
Dal Libano, la CNN ha raccontato che una nave della marina statunitense sta intercettando i missili lanciati dai ribelli Houthi dello Yemen, che la Siria sta attaccando le basi americane, che dall'Iraq si spara contro le forze americane.
Ha aggiunto il portavoce della CNN che "in tutto il Medio Oriente le luci di allarme di ulteriori problemi in arrivo lampeggiano in rosso".
La versione del governo americano spiega la presenza delle sue portaerei come attività di sola deterrenza, "per dissuadere l’Iran e i suoi alleati Siria e Hezbollah dall’aprire nuovi fronti contro Israele".
Ma, duemila marines americani sono in attesa dell'ordine di dispiegarsi nella regione.
Il Presidente Biden, presente in Israele, ha confermato il suo pieno sostegno alla campagna israeliana contro Gaza.
Ma, Gaza è solo una striscia di terra in cui gli israeliani hanno confinato i palestinesi privandoli di ogni libertà e della sovranità nazionale che non è espressa dall'ANP.
E' poco convincente il discorso di giovedì, fatto da Biden che ha esortato il governo israeliano in carica, peraltro molto discusso anche in Israele, a non lasciarsi accecare dalla rabbia mentre si è impegnato a fornire a Israele miliardi di dollari in aiuti aggiuntivi per finanziare il suo attacco.
E, il Seretario di Stato americano, Antony Blinken, ha preceduto l'arrivo di Biden e gestito un incontro con il Gabinetto di guerra israeliano, non quello "regolare".
Questo è accaduto mentre gli Stati Uniti trasportano in aereo enormi quantità di munizioni ed equipaggiamenti per aiutare lo sforzo bellico israeliano che, invece, è un assalto al popolo palestinese già ammassato e costretto in una piccola area.
Se fosse un autentico "sforzo bellico", Israele dovrebbe puntare solo ed esclusivamente contro Hamas e questo non si può fare facendo saltare in aria interi palazzi occupati dai civili e gli ospedali che dovrebbero essere esclusi da ogni attacco in quanto aree neutre di cura e di protezione.
Ancora, la CNN ha osservato che la risposta statunitense è "fuori controllo", non programmata ma improvvisata come reazione a caldo diversamente da quanto accadde nel 1991 contro l'esercito di Saddam Hussein nel Kuwait o contro l'invasione dell'Iraq del 2003.
Allora, gli Stati Uniti e i loro alleati stabilirono a tavolino il momento, il luogo e la portata dell’attacco e, comunque, con gli effetti indecenti che abbiamo visto.
In questo senso, la CNN ha scritto degli elementi di vulnerabilità della presenza militare USA in Medio Oriente.
Le truppe americane sono presenti nella Siria nord-orientale e sud-orientale.
Ma, nella stessa Siria agiscono l’esercito di Bashar al-Assad e le forze provenienti da Russia, Turchia, Iran, Hezbollah, mentre Israele sta bombardando pare, gli aeroporti di Aleppo e Damasco, per impedire all’Iran di trasportare armi e munizioni.
E l'esercito americano è presente anche in Iraq, dove deve confrontarsi con milizie ben armate e agguerrite, sostenute dall’Iran e che operano in gran parte senza il controllo del governo di Baghdad.
E poi incombe l'Iran che, nonostante decenni di sanzioni draconiane promosse dagli Stati Uniti, ha messo a punto una dotazione militare all'avanguardia, anche addestrando e rifornendo di armi gli Houthi nello Yemen, il regime siriano, Hezbollah, Hamas e la Jihad islamica.
E, Biden, privato al momento delle necessarie risorse finanziarie dal suo Congresso, insiste a promuovere aiuti di guerra per l'Ucraina e per Israele come fossero un fronte unico di guerra.
Il bisogno di nuovi soldi è forte giacchè, per esempio, mentre sono necessari migliaia di dollari per portare nel luogo dei conflitti ogni singolo soldato/marine americano, ai soldati dell' IRGC (Corpo di Guardia della Rivoluzione Islamica) basta un breve spostamento in autobus per raggiungere Baghdad, Damasco o Beirut.
Quali obiettivi potrà ragionevolmente raggiungere, in queste condizioni "scivolose" l’esercito degli USA per quanto sia il più forte del mondo e che pure ha già collezionato cocenti sconfitte?
Il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian ha più volte lanciato il suo avvertimento, se Israele continua la sua offensiva contro Gaza, potrebbe intervenire.
E, non si tratta "solo" della messa in campo di forze armate medio orientali, ma è in corso una vera sollevazione popolare contro gli USA in particolare e contro Israele in Giordania, Libano, Libia, Yemen, Iran, Turchia, Marocco, Egitto e altrove.
Verso gli USA l'odio è diffuso e palpabile, tanto che perfino il re di Giordania Abdullah (ufficialmente amico di Washington) è stato costretto, come anche il presidente egiziano Abdel Fattah el-Sisi e il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas, a disertare il vertice programmato ad Amman, per non farsi riprendere al fianco del Presidente americano "che abbracciava così appassionatamente Israele mentre il bilancio delle vittime a Gaza aumentava vertiginosamente" anche a causa dell bombardamento dell'ospedale di Al Ahli.
L’agenzia di stampa Fars (Agenzia di stampa iraniana) ha scritto il 18 ottobre che 3,7 milioni di iraniani si sono offerti volontari per combattere Israele!!!
Numeri sconcertanti che fanno presagire un futuro tremendo e, forse, mai visto prima su questa terra.
Nell'area, la paura è montata e sta inducendo alla massima prudenza anche il Presidente dell'ANP (Autorità Nazionale Palestinese) in Cisgiordania che, ormai, non ha credito nel popolo palestinese che ha assistito all'inpotenza dell'ANP anche nell’ultimo anno e mezzo con una lunga frequenza di operazioni militari israeliane contro la popolazione locale.
Il vertice dell’ANP sta raccogliendo il frutto della sua semina fin qui:
- non può condannare apertamente Hamas che ha raccolto l'ammirazione palestinese per la dimostrata capacità di "bucare" le difese israeliane che sembravano imbattibili;
- si muove sulle bucce di banana per il suo pregresso di cooperazione anche di sicurezza con Israele;
- rischia per aver coltivato un rapporto anche con gli Stati Uniti che sono largaente percepiti come la massima entità nemica al fianco di Israele.
Così che, Mahmoud Abbas ha rifiutato di rispondere alla telefonata di Biden che ha cercato di raggiungerlo mentre era in Israele, mentre dall'Iran è arrivata l'insistente richiesta di chiusura delle basi militari statunitensi utilizzate per rifornire Israele.
L'allerta è massima, di riflesso, anche nell' Europa che ospita oltre 27 milioni di musulmani e che è consapevole del rischio che, tra questi, ci siano alcuni che potrebbero importare azioni di guerra.
E' pressochè inutile, ormai, che i Paesi dell'area Schengen (Belgio, Repubblica ceca, Danimarca, Germania, Estonia, Grecia, Spagna, Francia, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Ungheria, Malta, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Portogallo, Slovenia, Slovacchia, Finlandia e Svezia) reintroducano i controlli alle frontiere, sospendendo le regole del trattato sul libero movimento e che in Lussemburgo i ministri dell'Interno discutano delle minacce alla sicurezza in Europa.
Per contenere il rischio di prossime stragi in Europa è indispensabile non sostenere politicamente e militarmente Israele e attivare la diplomazia per fermare lo sterminio dei palestinesi a Gaza e fuori.
Gli USA sono particolarmente esposti al rischio di importare azioni di guerra e/o di stampo terroristico, contando sul loro territorio, secondo dati aggiornati al 2017, la presenza di 3,45 milioni di musulmani.
E' di poche ore fa la notizia di nuovi raid israeliani sulla Striscia di Gaza che avrebbero colpito un centro di comando e "infrastrutture" di Hamas e viene da chiedersi quanti civili siano stati ammazzati o feriti.
Usa e Israele starebbero valutando la nomina di un governo ad interim a Gaza come se ne avessero il potere, negando, ancora, ai palestinesi il diritto di nominare i propri rappresentanti.
Da Tel Aviv è stato lanciato l'invito ai suoi cittadini di scappare velocemente dall' Egitto e dalla Giordania con l'evidente previsione di questi come prossimi territori di guerra e/o azioni terroristiche.
Al cairo, è in corso stamattina, il summit per la pace, presente anche il Ministro degli Esteri della Turchia che ha già richiamato il suo ambasciatore in Israele.
Mentre brilla l'assenza di un autorevole rappresentante degli USA, sono presenti la nostra presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il premier spagnolo Pedro Sanchez, i ministri degli Esteri di Francia, Germania e Regno Unito, il premier canadese, Justin Trudeau, il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, l'alto rappresentante per la Politica estera Ue, Josep Borrell, il leader dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen (all'anagrafe Mahmoud Abbas), il re giordano Abdallah, il ministro degli Esteriturco, Hakan Fidan, l'emiro del Qatar Tamim bin Hamad al-Thani, il presidente degli Emirati, Mohammed bin Zayed, il re del Bahrein, Hamad bin Isa Al Khalifa, il vice ministro degli Esteri russo Mikhail Bogdanov e l'inviato di Pechino per il Medio Oriente, Zhai Jun.
Pare che, per tutti loro, si tratterà solo di una gita nell'affascinante città del Cairo, nel lusso e a spese dei reciproci contribuenti.
La sola e poco rilevante presenza dell'incaricato d'affari dell'ambasciata americana fa si che l'aspettativa di successo di questo summit tenda a zero, con la posizione forte e chiara della Turchia che chiede il riconoscimento dello Stato di Palestina ed, evidentemente, il tracciamento definitivo dei confini, prossimamente invalicabili dello Stato di Israele.
Resta la certezza del sostegno offerto al Governo di Israele che ha il potenziale di un costo altissimo e prende forma il coinvolgimento gobale nella guerra in corso rendendo possibile la previsione spettrale di Harari.